Alla ricerca della felicità (anche nel lavoro)
Realizzare i propri desideri è diventata una prerogativa delle persone, tanto in ambito personale quanto in quello lavorativo. In particolare sono i Millennial (la generazione dei nati tra il 1981 e il 1996) a inseguire questo obiettivo, i quali ricercano meno stress, più flessibilità, ma anche opportunità di crescita e carriera. Lo hanno evidenziato i dati 2022 dell’Associazione Ricerca felicità, che a marzo 2021 aveva presentato per la prima volta il report per comprendere lo stato di felicità e benessere dei lavoratori italiani, sia nella dimensione aziendale sia in quella individuale e sociale, costituendo un Osservatorio permanente. Temi che sono indagati anche nel convegno Wellfeel, promosso dalla casa editrice ESTE e di cui Parole di Management è Media Partner (Milano, 27 aprile 2022; Bologna, 5 luglio 2022).
A essere indagate sono state sette dimensioni: il significato di felicità; benessere; soddisfazione; felicità al lavoro; senso di appartenenza; riconoscimento e discriminazione; elementi per la scelta e desiderio di abbandonare l’attuale lavoro; senso del lavoro. La survey ha coinvolto 1.079 persone, suddivise tra lavoratori dipendenti (68%), liberi professionisti (13%), manager (7%) e imprenditori (12%), segmentati per sesso, con una media ponderata di 42% di donne e 58% di uomini, appartenenti alle quattro generazioni – Baby boomer (i nati tra il 1946 e il 1964), Generazione X (1965-1980), Millennial, Generazione Z (1995-2010) – che rappresentano la popolazione italiana attiva nel mondo del lavoro.
Che cosa è emerso? Innanzitutto che la ricerca di nuove opportunità di lavoro riguarda quasi la metà della fascia di 26-40enni (49%), mentre si rivela meno propenso al cambiamento chi si trova al termine della carriera. Tuttavia, tra i Baby boomer, il 18% sarebbe comunque disposto a cambiare posto di lavoro. Entrando più nel dettaglio, il 38% circa di coloro che hanno già un lavoro pensa di cambiarlo nei prossimi 12 mesi: una percentuale omogenea tra tutti i lavoratori, solo inferiore tra professionisti e chi ha la partita Iva (28%). Nel complesso, si delinea un’Italia più soddisfatta rispetto al 2021: lo dimostra il fatto che nella prima edizione del barometro della felicità solo il 29% circa aveva risposto positivamente alla domanda “Quanto sei soddisfatta/o del tuo lavoro?”, mentre nel 2022 gli intervistati che si dichiarano soddisfatti hanno raggiunto il 37%.
La Great resignation come manifestazione di bisogni latenti
È ormai noto che le Grandi dimissioni – dall’inglese Great resignation, il fenomeno che fa riferimento al significativo aumento delle dimissioni da parte dei dipendenti diffuso inizialmente negli Usa – coinvolga anche le aziende italiane. Ma quali sono le motivazioni che spingono le persone a ricercare il cambiamento? “Quello che ci interessa evidenziare sono le molteplici motivazioni di disagio intercettato dietro a questo fenomeno: in primis c’è l’assenza di riconoscimento e la paura del burnout, al primo posto tra imprenditori e manager con il 43%; a seguire, la mancanza di sviluppo personale, professionale e di carriera”, ha affermato Elga Corricelli, Co-founder dell’Associazione Ricerca Felicità.
Si evidenzia una situazione in cui i fattori che inciderebbero sulle scelte, oltre alle questioni finanziarie, sono la ricerca di un minore livello di stress e opportunità di crescita personale e professionale. “Dai risultati emerge che il 47% delle persone desidera migliori condizioni economiche e il 33% minore stress; a seguire, si auspica a maggiori opportunità di carriera (20%), flessibilità di orario (19%) e opzioni per lo Smart working (14%)”, ha precisato Sandro Formica, VicePresidente e Direttore Scientifico dell’Associazione Ricerca Felicità.
Per rimanere competitive sul mercato, dunque, le aziende dovrebbero comprendere come limitare il fenomeno, intercettando le esigenze profonde dei lavoratori, ma pure modificando le abitudini e le tradizioni più radicate. In questo contesto, i manager svolgono un ruolo centrale (e impegnativo): devono agire con lungimiranza, creando un ambiente in cui vige non tanto il controllo, quanto la fiducia verso i collaboratori. “Oggi e nel futuro, le imprese si relazioneranno sempre di più con persone che chiedono maggiore flessibilità, nell’ottica di gestire in autonomia i propri orari e lavorando per obiettivi condivisi; la nuova immagine del lavoro che sembra delinearsi racconta del desiderio delle persone di poter contribuire con valore, crescere secondo leve meritocratiche e contare sulla collaborazione autentica di tutti”, ha continuato Corricelli.
In questo modo, il senso di responsabilità aumenta, ma anche la soddisfazione. Sentirsi gratificati, d’altronde, è un’esperienza che conduce a risultati positivi; oggi questa consapevolezza sta crescendo, fungendo da motore per lo sviluppo dei processi aziendali e per la creazione di scenari inediti. “La felicità è una meta-competenza che può portare, attraverso l’inclusività e l’accoglienza delle molteplicità dei singoli, a un puntuale ascolto attivo e a una presa di coscienza dei reali bisogni, a un rinnovato benessere organizzativo e a un nuovo umanesimo aziendale”, ha detto Elisabetta Dallavalle, Presidente dell’Associazione Ricerca felicità. Come rendere felici le persone al lavoro diventa così un (nuovo) obiettivo della Direzione del Personale.
Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l’uguaglianza, l’inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web.
Ha lavorato nell’ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.
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