Allenare il pensiero divergente e pianificare le azioni (con il digitale)
In un contesto caratterizzato da incertezze, è importante allenarsi a ipotizzare scenari mutevoli. Questo serve per gestire le difficoltà che nascono dagli imprevisti e che potrebbero creare conflitti e perdite di produttività. Tuttavia, non significa tentare di ‘indovinare’ che cosa accadrà in futuro: l’obiettivo è generare ipotesi per poi passare all’elaborazione di attività adeguate. Si tratta, per lo più, di un esercizio analitico che può fornire preziosi suggerimenti. La sua caratteristica è un approccio interattivo che si sviluppa in verticale all’interno delle organizzazioni, tra chi prende le decisioni e chi è chiamato a eseguirle.
A spiegare il processo è Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante, business innovation integrator impegnato a sostenere le aziende nella trasformazione digitale, mettendo a disposizione conoscenze di settore e intuizioni di business: “L’approccio è composto da due momenti chiave: innanzitutto, serve facilitare un pensiero divergente, che vada oltre gli schemi tradizionali; solo in seguito ci si concentra sulle azioni da mettere in atto”.
Iniziare dall’ingaggio delle persone
Il metodo dovrebbe essere progettato ingaggiando i team perché, come spiega il manager, questo atteggiamento aiuta a ottenere a priori il consenso dei partecipanti: “In questo modo, di fronte a un imprevisto, per esempio, le persone sarebbero più propense a sviluppare idee”, è la tesi di Scaccabarozzi. La fase di elaborazione è anche un momento critico durante il quale, se non c’è stato prima un accordo, possono nascere i conflitti: “Si perderebbe tempo imponendo una certa struttura perché le persone seguirebbero il cambiamento, pur non essendo convinte”.
In questa prima fase, a ogni modo, devono emergere i punti chiave, ma pure le incertezze. “Questo permette una comprensione più ampia dei problemi che si dovrebbero affrontare se nel futuro dovessero accadere situazioni impreviste. Serve che la squadra sia aperta, collabori e consideri diversi elementi dello scenario”, continua Scaccabarozzi. In effetti, dare spazio a questa interazione significa ampliare i confini del cambiamento. E a questo proposito, il manager cita lo scrittore francese Marcel Proust, secondo il quale il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nel vedere con occhi nuovi. È proprio questo il punto focale: cambiare prospettiva e provare a guardare le situazioni da angolazioni differenti.
Per dare concretezza al modello, servono sessioni brevi, ma molto intense, perché il dialogo e l’interazione cambiano gli scenari; si generano, così, revisioni continue e serve verificare la plausibilità di ogni ipotesi. “In questo esercizio, lo scopo è definire un quadro ampio e comprensibile a tutte le parti coinvolte, nel quale si definiscano le logiche generali, le differenze tra le varie congetture e, soprattutto, i dettagli che incidono tra il successo e il fallimento ogni qualvolta uno di questi scenari si dovesse verificare”, spiega Scaccabarozzi.
Mettere in atto azioni sulla base delle ipotesi
Una volta impostato un approccio mentale aperto e differente (il cosiddetto ‘pensiero divergente’), la fase successiva si incentra sul definire le azioni: “Attraverso dei classici stress test è possibile capire come la strategia risponderebbe agli scenari prefissati”, afferma l’AD di Axiante. Il risultato di questo passo porta a due conclusioni: l’attuale strategia non va bene e quindi bisogna cambiarla, oppure sembra funzionare, ma questo implica che ci si affiderà a una o più scommesse collaterali. Si consideri l’esempio dell’azienda del Retail che decide di valorizzare l’attività click & collect, cioè fare la spesa online con ritiro nel punto vendita, magari nel tragitto per andare al lavoro o per tornare a casa dall’ufficio: “Significa che quella realtà sta scommettendo che le persone torneranno sul luogo di lavoro”, conferma Scaccabarozzi. Una situazione che un tempo era molto diffusa, perché le persone passavano realmente molto tempo in azienda e quindi dovevano ‘incastrare’ certe attività, come il ritiro degli acquisti, sul percorso casa-lavoro. Ora, ovviamente, sappiamo che lo scenario è profondamente cambiato.
Adeguarsi al contesto significa pianificare. Ma come funziona nella pratica? “Bisogna identificare i segnali che permettono di capire se qualcosa sta cambiando; queste sono le ‘lenti’ tramite cui guardare gli scenari ipotizzati”, spiega il manager. Poi serve organizzare momenti di valutazione, per stabilire se gli input sono persistenti e quindi lo scenario ipotizzato sta prendendo forma, oppure se sono soltanto variabili temporanee. È in questa fase che si svolgono le sessioni di forecasting che tengono conto di tutto ciò che sta accadendo.
Ancora una volta, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale. “Serve a supportare proprio le azioni e interazioni continue, perché il digitale facilita la collaborazione tra varie funzioni, che così possono tenere conto delle le varie ipotesi e registrarle, in scenari anche molto complessi”, spiega Scaccabarozzi. Aiuta, dunque, a sviluppare l’approccio analitico e agevola il processo di pianificazione: “Non significa prevedere il futuro, ma farsi trovare preparati di fronte ai cambiamenti”. È un processo esplorativo e gli strumenti digitali permettono di classificare e strutturare i vari contesti.
Per cogliere i vantaggi della digitalizzazione serve, come sempre, una cultura aziendale in grado di dare spazio all’interazione e alla collaborazione. “L’introduzione di tecnologie non porta, di per sé, a un cambio di mentalità; se non c’è predisposizione, conduce soltanto a un aumento del volume delle comunicazioni. Questo si traduce, per esempio, in più email e in innumerevoli videochiamate; ma questa non è la soluzione: ecco perché è importante costruire una struttura che permetta – e faciliti – il dialogo in forma attiva, in modo che tutti possano sentirsi sicuri e liberi di esprimersi”, conclude Scaccabarozzi. Favorire lo scambio, contaminarsi a vicenda e utilizzare un approccio analitico è ciò che serve per fronteggiare periodi tumultuosi e di incertezze.
Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. È appassionata di cinema e si interessa a tematiche riguardanti la sostenibilità, l’uguaglianza, l’inclusion e la diversity, anche in ambito digital e social, contribuendo a contenuti in siti web.
Ha lavorato nell’ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE come editor e redattrice.
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