Apprendere con il microlearning
Sono anni che si parla di microlearning, ma le organizzazioni che ne hanno veramente capito i vantaggi in Italia sono poche. Nata nell’ambito della ricerca universitaria statunitense, si tratta di una modalità di progettazione didattica che, attraverso la tecnologia, è in grado di offrire risorse formative composte di piccole e brevi unità, ricombinabili in innumerevoli percorsi formativi fruibili in un qualsiasi momento nel tempo e nello spazio.
Vista la situazione attuale dell’istruzione del nostro Paese e le difficoltà di fronte alla pandemia, si deve ammettere che il microlearning si conferma come uno dei trend globali dell’apprendimento negli ultimi anni. La tesi è stata ribadita nella lectio magistralis dal titolo Il microlearning. Da teoria dell’apprendimento a metodologia didattica, organizzata da Skilla e affidata a Pier Cesare Rivoltella, Professore di Didattica e Pedagogia Speciale, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano.
Mai come nel 2020, infatti, i docenti di ogni ordine e grado hanno fatto i conti con modalità e tecnologie che modificano – e modificheranno – tutto il processo di insegnamento sia scolastico sia professionale. Rivoltella ha subito chiarito che gli studenti di oggi (di ogni età) sono spesso sopraffatti da troppe informazioni, distratti da priorità concorrenti e impazienti di ottenere le informazioni di cui hanno bisogno: “Considerando i tempi attuali e la bassa concentrazione, sono necessari al massimo 15 minuti per introdurre la teoria e gli argomenti della lezione”.
Apprendimento che si adatta ad alunni e docenti
La possibilità di apprendere tramite uno smartphone o in mobilità, al netto della pandemia, è strettamente legata al bisogno di contenuti non troppo ampi, che possano essere ‘contenuti’ nella schermata del nostro dispositivo. “Il target del microlearning non è composto solo da Millennial o da giovani in età scolare, perché la soglia più bassa di attenzione riguarda tutti”, ha specificato il docente.
Ecco perché, secondo l’esperto, una lezione efficace dovrebbe iniziare con un input – meglio se in video – di presentazione dell’informazione. Poi si inserisce un primo break, un richiamo al tema introdotto in stile quiz; quindi un secondo break; e alla fine serve far applicare in aula quello che è stato spiegato. “Quando si prova a lavorare in presa diretta sull’apprendimento degli studenti, sono molto utili dispositivi didattici come il just in time teaching, che raccolgono feedback frequenti dell’aula”, ha specificato Rivoltella. Esistono infatti applicazioni per misurare e ottenere feedback dagli alunni in tempo reale. Per esempio il docente, mentre parla, può lanciare un sondaggio tramite smartphone e ottenere subito le risposte rielaborate statisticamente e graficamente.
Il risultato è che oltre al riscontro immediato per chi insegna, apprendere risulta più semplice, in termini di dispendio di energie cognitive, se fatto attraverso nozioni elargite in piccole e frequenti sezioni piuttosto che una mole alta di informazioni tutte in una volta e con minore frequenza. Viene anche favorita la memoria a lungo termine perché, dopo la lezione, il concetto è ripetuto e rinforzato nel tempo mediante test o prove a risposta multipla.
Un’azienda che utilizza questo approccio è Google, che forma i suoi dipendenti erogando informazioni in base al lavoro svolto e non nel momento in cui si presenta la necessità di nuove competenze, ma prima ancora che ne abbiano effettivamente bisogno. Un metodo che potrebbe essere utilizzato anche nelle imprese italiane.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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