Attenti ai professionisti del Green washing
Il rischio climatico, si dice, avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia lo sviluppo economico. Gli investitori, si dice, sono sempre più sensibili al mutato scenario di rischio ambientale. Investire in uno scenario instabile, si sa, non piace a nessuno. Ma forse è una scusa.
L’investimento è sempre un rischio. Comode situazioni hanno permesso in anni recenti alla comunità finanziaria investimenti senza rischio: perché i cattivi esiti di investimenti sbagliati erano impacchettati in prodotti imposti a ignari clienti. Non vorremmo ora che lo sbandierare rischi climatici fosse solo un modo per rendere più alto il costo di un finanziamento.
E più in generale, non sarà mai che lo sbandierato impegno verso la sostenibilità sia il più comodo modo per vendere fumo e per gettarlo negli occhi? Di cosa deve occuparsi oggi, per esempio, una Banca Centrale? Di difendere il valore della propria moneta o della lotta contro il cambiamento climatico?
Tutti ora a difendere l’ambiente, tutti contro le emissioni nocive, tutti verdi. Come è noto l’enfasi retorica sostenuta da comunicatori di professione, spesso nasconde il vuoto.
Esponenti del mondo della Finanza che fanno proclami per un mondo più verde – anzi siccome fa più cool dirlo in inglese, green – mentre continuano a sostenere compagnie petrolifere di green hanno ben poco. Non ultimo, si registra in questi giorni nel nostro Paese la sanzione comminata dall’Autorità Antitrust a una grande impresa per abuso di ‘verde’. Oh, quali meravigliosi componenti rinnovabili sono contenuti nel nostro prodotto… Oh, quanto proteggiamo noi l’ambiente…
Articolo a cura di
GuastafEste
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