Denaro

Attenti all’inflazione, genera illusioni a breve termine

Non ci siamo ancora ripresi dall’impatto della pandemia, con due-tre mesi di fatturato in forte contrazione che, in modo per qualcuno imprevedibile, sta per partire l’inflazione. Sospirata per far ripartire la macchina economica, non solo era prevedibile, ma era anche auspicata da più di un personaggio a livello europeo, compreso l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi quando era alla Banca centrale europea (Bce). Il fenomeno si innesca quando la domanda di beni e servizi è molto superiore alla loro stessa offerta. Così il fenomeno di cui pensavo non mi sarei più occupato è invece ricomparso in modo virulento. A 40 anni dal ‘Giurassico’ si ripresenta l’inflazione (le ultime ‘vampate’ inflative furono negli Anni 80).

Più alta è l’inflazione, meno valore ha la moneta

L’inflazione è semplice da spiegare: per comprare lo stesso bene/servizio aumenta nel tempo la quantità di moneta necessaria. Più l’inflazione è alta, più nel tempo la moneta perde valore. Con lo stesso ammontare di euro si comprano sempre meno beni e servizi. Il fenomeno è pericoloso poiché all’inizio si presenta come stimolante, crea un po’ di euforia: per esempio è facile far aumentare i fatturati delle aziende. Ma il miglioramento è solo apparente, fittizio e non reale. Aumenta il fatturato in valore, ma le quantità vendute potrebbero anche non crescere.

Purtroppo finito questo illusorio “effetto monetario” resta una conseguenza pericolosa: l’inflazione realizza una ridistribuzione dei redditi a favore di chi riesce a trasferire nei suoi prezzi di vendita gli aumenti nei prezzi di costo dei fattori produttivi. Questo può generare forti tensioni sociali fra chi sfrutta l’inflazione e chi la subisce. Si pensi alle polemiche che si sono sprecate sull’aumento del prezzo dell’energia.

In proposito, un equilibrio lo si può ricercare bilanciando il saggio di inflazione in uscita – quello praticato (variazione in percentuale dei prezzi dei prodotti/servizi offerti dall’azienda) – con il saggio di inflazione in entrata o subito (media ponderata della variazione in percentuale dei prezzi di costo dei fattori produttivi utilizzati). Ma l’insidia più grossa è comunque quella che a qualcuno l’inflazione può fare anche comodo: aiuta a ridurre il peso dell’indebitamento. Così per l’Italia economica è un fenomeno positivo. In proposito spetterà alle autorità economiche dei vari Stati suggerire al mondo politico cosa conviene fare a livello macro per non farsi sfuggire di mano l’inflazione, per riuscire a gestirla con efficacia per farla lentamente rientrare in una situazione normale.

La crescita di fatturato non salva i conti delle imprese

Ma per il mondo delle imprese che cosa deve ricordare sugli impatti di questo insidioso fenomeno? I parametri monetari e con essi i risultati evidenziati dal bilancio di esercizio tendono a perdere la loro capacità di fedele rappresentazione della situazione eco-fin di un’impresa: così, per esempio, in periodi di inflazione il ROI calcolato con i valori presentati nel bilancio di esercizio è più alto di quello reale; i numeri eco-fin sono infatti spesso distorti dalle variazioni del metro monetario; basti pensare che nella contabilità ‘tradizionale’ sono presenti valori rilevati a valori storici come gli impianti e gli immobili, sui quali vengono poi calcolati gli ammortamenti e valori come ricavi e costi da gestione corrente che sono a valori inflazionati. Si confrontano valori storici che possono risultare anche distanti da quelli reali; così per capire la segnalata perdita di significatività del ROI (reddito operativo/capitale investito) basti considerare che: il numeratore è solitamente più alto di quello reale poiché inflazionato e con alcuni valori come gli ammortamenti calcolati sui valori storici; il denominatore è più basso di quello reale per la presenza di molti elementi dell’attivo (del capitale investito) che sono a valori storici.

La crescita del fatturato non è più sufficiente a salvare i conti economici delle imprese: è necessario mantenere o aumentare i margini. Questo significa tradurre nei propri prezzi di vendita gli aumenti ponderati dei prezzi dei principali fattori produttivi e andare alla ricerca di un miglioramento della produttività, cioè riduzione gli sprechi. L’inflazione con i suoi impatti sulla crescita del fatturato in termini finanziario-monetari ha due conseguenze: determina un drenaggio di liquidità/cassa, che richiede un’attenta gestione del capitale circolante (crediti e rimanenze) e che ‘l’euforia’ potrebbe invece far trascurare.

Per le imprese indebitate il fenomeno comporta un significativo aumento del costo del danaro, che oggi è bassissimo, il quale potrebbe aver un impatto rilevante, con una conseguente gestione finanziaria che diventa centrale. Inoltre, è probabile l’aumento del costo del lavoro, anche sotto la pressione delle organizzazioni sindacali, ma non solo.

Bisogna pianificare il futuro

Insomma, bisogna costringersi a preparare il futuro e quindi non solo al fare per l’oggi, ma a pianificare: al pensare e mettere in campo oggi alcune azioni per le ricadute nel futuro. La validità della pianificazione non è solo una valutazione di parte, ma una constatazione oggettiva. L’Italia ha realizzato un cambio di passo nella gestione della pandemia, con il Generale dell’Esercito Francesco Figliuolo. Questi ha un grande merito: in un Paese che non pianifica, ha semplicemente programmato in modo intelligente le attività di approvvigionamento dei vaccini e quelle logistiche.

Per capire ancora meglio l’importanza di un simile atteggiamento mentale basti ricordare quest’esempio: durante l’inflazione, quando si elabora il piano degli approvvigionamenti e poi sull’anno il budget degli acquisti si deve prestare grande attenzione non solo all’ultimo prezzo di acquisto, ma a quello di riacquisto (Next in first out, Nifo) delle materie prime e delle altre risorse produttive importanti come l’energia elettrica. E ove possibile, per disponibilità di spazi e risorse finanziarie, ‘coprirsi a termine’ mettendo a scorta. Non sempre è possibile trasferire nei prezzi di vendita dei propri prodotti e servizi gli aumenti dei prezzi di costo dei fattori produttivi.

In sintesi, gestire in periodi di inflazione è un mestiere complesso e in parte diverso, date alcune sue peculiarità. Di recente un imprenditore veneto, anche lui sopravvissuto all’inflazione del ‘Giurassico’, commentava un po’ sconsolato la situazione attuale: “Il fatturato è cresciuto, ma perché ho aumentato i prezzi di vendita per adeguarli all’aumento di quelli delle materie prime. Una lettura dei ricavi e dei costi della mia impresa, per capire se e quanto sto andando bene, diventa per me sempre più difficile”. È proprio così, come minimo per leggere i fenomeni in inflazione si deve cambiare paio di occhiali.

L’articolo è pubblicato sul numero di Dicembre 2021 di Sistemi&Impresa.
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mario draghi, pandemia, inflazione, Francesco Figliuolo

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