Aziende e innovazione tecnologica al servizio dei territori
Le esperienze di OMB Saleri e Riso Scotti Danubio dimostrano che le imprese possono avere ancora un impatto sulle comunità.
La sostenibilità non è solo questione di tecnologie. Avere a cuore l’ambiente non significa soltanto applicare le migliori soluzioni che permettono l’abbattimento delle emissioni, ma vuol dire soprattutto creare un rapporto di fiducia con stakeholder, fornitori e territorio. In una parola, con la comunità che circonda l’organizzazione.
È così per due imprese intervenute all’evento L’Officina di Fabbrica Futuro, organizzato dalla casa editrice ESTE e di cui Parole di Management è stato Media partner. Con 50 milioni di fatturato e 250 dipendenti che lavorano alla produzione di valvole complesse per veicoli a basso impatto ambientale alimentati a Metano, Gpl e da qualche anno anche Idrogeno, OMB Saleri è un’azienda da sempre orientata all’innovazione di prodotto e dei modelli di business.
Il suo titolare Paride Saleri – che è anche Presidente della Fondazione Musil, il Sistema Museale dell’Industria e del Lavoro di Brescia – racconta di aver imparato molto dai suoi interlocutori, soprattutto tedeschi e giapponesi. “La trasparenza può esser vista sotto due aspetti: come esercizio del potere che i clienti hanno su noi fornitori o, in un’ottica più positiva, come la possibilità di discutere apertamente della sostenibilità economica”, ha detto.
Puntare sul lavoro di gruppo per una fabbrica partecipativa
Anche sul fronte della sostenibilità umana, tema all’apparenza lontano dal mondo delle aziende, c’è un interscambio proficuo tra la OMB Saleri e i suoi clienti tedeschi. Saleri ammira l’attenzione delle aziende teutoniche nei confronti delle persone e a loro volta i clienti in visita hanno avuto modo di apprezzare il nido aziendale e i murales che rallegrano gli spazi dell’impresa bresciana. Da europeista convinto, Saleri crede nella condivisione delle tecniche e del sapere e ha modellato la sua azienda anche sulla base dell’esempio tedesco.
“È cambiato il nostro modo di produrre, grazie all’acquisizione di modalità di gestione delle attività fondate sul lavoro di gruppo. Ciò va a scardinare una concezione tradizionale e obsoleta della fabbrica fondata sulla gerarchia, che oggi è invece definita dall’assunzione delle responsabilità. Il lavoro di gruppo dà un risultato più grande della sommatoria delle persone che compongono il team e ciò deriva dalla condivisione dell’obiettivo”.
Un modello di fabbrica partecipativa, che Saleri ha applicato a livello di progettazione e di produzione con ottimi risultati. Andando anche oltre le mura dello stabilimento. “Ogni fabbrica ha un impatto che ti obbliga a confrontarti con altri soggetti. Anche coloro che non hanno a che fare con la fabbrica possono essere influenzati dal modo in cui eserciti il tuo ruolo di industriale”, ha sottolineato Saleri. “Che cos’è il bilancio sociale, che esiste da più di 20 anni, se non la sottolineatura del valore collettivo della fabbrica creata dal singolo?”.
Comprendere le regole del gioco per entrare in nuovi mercati
L’impatto sul territorio resta, infatti, fondamentale. Lo conferma anche la storia di successo di Riso Scotti Danubio, nata nel 2002 con l’obiettivo di riqualificare i terreni risicoli abbandonati della Romania e oggi diventata il secondo player del Paese. “Il progetto nasce da un’idea immobiliare e di business agricolo: accorpare e riqualificare i terreni e ricreare la filiera risicola”, ha spiegato Valentina Scotti, AD di Riso Scotti Danubio. L’idea imprenditoriale è chiara: si tratta di riavviare la risicoltura su 10mila ettari e creare una filiera, un impianto produttivo e una sede commerciale, riproducendo la case history italiana, in Romania, Albania e Moldavia.
“In Romania il consumo annuale di riso è di cinque chili a persona, come in Italia. È un consumo molto legato alla tradizione e ai marchi storici. Abbiamo capito che, per diventare qualcuno nel mercato, dovevamo avere un ruolo e abbiamo deciso di darcelo puntando sulla qualità”. L’azienda ha lavorato, quindi, sul prodotto: uniformità di chicchi, rottura ridotta e grande varietà, con un assortimento di risi speciali. Ha presidiato i punti vendita e scommesso sul marchio, investendo in pubblicità. “Capire le regole del gioco del Paese è stata una strategia vincente”.
Oltre ad aver portato il proprio know how e nuove occasioni di lavoro per la gente del posto, la presenza di Riso Scotti in Romania ha consentito anche una riqualificazione ambientale dei territori. Nel Paese, infatti, la produzione risicola non esisteva più: tutto il riso venduto era di importazione e solo confezionato. “Oggi siamo gli unici a fornire riso rumeno. I consumatori sono diventati esigenti e, come in Italia, cercano un riso prodotto al 100% nel loro Paese”, ha raccontato Scotti, soddisfatta del confronto con gli agricoltori locali sulla scelta delle varietà da produrre e sulle iniziative per migliorarne la qualità. “Si riescono a realizzare anche dei bei progetti, come la costituzione di un’area Danubio protetta alla quale stiamo lavorando con le istituzioni”.
Innovazione tecnologica, con un occhio all’ambiente e uno alle persone
Come si colloca in tutto questo l’innovazione tecnologica? Nel caso di OMB Saleri, l’impatto della nuova tecnologia va letta in una prospettiva di riduzione del lavoro manuale delle persone. “Ciò provoca due effetti: da un lato il disorientamento dei lavoratori di officina che si trovano a dover gestire robot collaborativi, dall’altro il timore nascosto, ma nutrito da molti, che la tecnologia possa ridurre le loro mansioni”. Per rispondere a entrambe le reazioni, da un anno l’azienda ha creato un’academy interna, gestita da una psicologa e da un laureato in filosofia che affronta il tema della riqualificazione delle persone. “Il messaggio per le nostre persone è questo: non temiate le innovazioni, anche quelle più spinte”.
La risicoltura, al contrario, è già un tipo di produzione molto automatizzata, che non richiede la partecipazione di tante persone. In quel campo l’innovazione è, quindi, in primis innovazione di prodotto, che oggi deve rispondere a requisiti fondamentali: naturalità, rispetto dell’ambiente, semplicità degli ingredienti, sostenibilità, packaging innovativo. “E poi c’è l’innovazione energetica”, ha ricordato l’AD di Riso Scotti Danubio.
Nel complesso mondo della risicoltura ci sono due grandi macro-emissioni: quelle prodotta dai combustibili e le emissioni agricole naturali. Due flussi su cui si sta lavorando per riuscire a ritrasformali, anche sull’onda degli input che arrivano a livello europeo per raggiungere l’obiettivo emissioni zero entro il 2050. “Oggi noi abbiamo un’economia circolare, che ci consente di essere indipendenti dal punto di vista energetico. E ciò è possibile grazie all’innovazione tecnologica rivolta alla sostenibilità”.
Articolo a cura di
Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
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