C’è ancora voglia di lavorare?
Sempre più studi lo stanno dimostrando: qualcosa non va nel mondo del lavoro, e non c’entra solo la pandemia. La cosiddetta Yolo economy, acronimo di you only live once, è un esempio. Con questo termine, molti giovani dichiarano che trovano poco soddisfacente lavorare esclusivamente per produrre e consumare, e di essere alla ricerca di esperienze a cui dare valore, che li arricchiscano anche a livello umano.
I Millennial e gli esponenti della Generazione Z, per esempio, non sono motivati e ingaggiati: secondo la società di consulenza Gallup, solo il 4% dei lavoratori italiani è coinvolto nel proprio ruolo professionale. È conseguente l’aumento delle dimissioni (2 milioni e 200 mila solo nel 2022). Ma non finisce qui. Una ricerca pubblicata sul New York Times ha evidenziato come il 46% dei Millennial statunitensi intervistati viva il lavoro come fonte primaria di stress. Il 23%, invece, dichiara di non sentirsi più in grado di fare il lavoro che faceva pre-pandemia, esprimendo la necessità di cambiarlo.
In pratica 1 persona su 2 vive il lavoro come area negativa della sua vita. Sarà quindi fondamentale riconoscere ed evitare gli eccessi: che la passione (da ritrovare) per il lavoro non diventi dipendenza, e che il work-life balance non sia una fuga dalla propria dimensione lavorativa concepita in termini strettamente strumentali.