Centralità dell’uomo e cultura del rischio per il dopo coronavirus
Siamo tutti in un’economia di guerra. L’emergenza coronavirus ha catapultato improvvisamente le aziende di qualsiasi settore in questa situazione estrema. Ma l’esperienza maturata da ogni imprenditore, ogni manager e ogni lavoratore nel periodo di obbligatoria quarantena, di limitazione imposta allo spazio di azione, è anche un’occasione importante. Dobbiamo considerarlo il punto di partenza per una nuova stagione. Il peggior virus, infatti, è il virus della paura.
Il corpo sociale ed economico è un organismo vivente, sopravvive al virus ed esce dalla crisi con nuovi anticorpi. Dobbiamo pensare al Dopoguerra valorizzando l’esperienza fatta in questa fase e consolidando la consapevolezza di saper affrontare situazioni sconosciute.
Questo è il senso del convegno virtuale Il contagio dell’esperienza: dopo la guerra, una nuova costruzione promosso dalla casa editrice ESTE, al quale hanno partecipato manager, imprenditori, accademici insieme ai direttori responsabili dei periodici ESTE per raccontare come stanno vivendo personalmente e professionalmente questo grave momento storico. Abbiamo raccolto alcune tra le numerose testimonianze.
Accettare il rischio per affrontare nuove sfide
Ne è emerso che dovremo essere più preparati quando, senza nessun preavviso, arriverà una nuova emergenza (non per forza sanitaria). “Conviene sviluppare una cultura del rischio”, afferma Francesco Varanini, Fondatore e Direttore responsabile della rivista Persone&Conoscenze, formatore e consulente. Senza rischio non c’è innovazione, non c’è creazione di ricchezza.
Il rischio, in ogni situazione, c’è sempre, non può essere eliminato – ma spesso preferiamo non guardarlo in faccia, per timore di non saperlo affrontare. Il rischio è inevitabile, ma ci si può proteggere. Accettare il rischio significa affrontare l’imprevedibile, mossi dalla speranza di sapervi far fronte.
Passata la fase di emergenza, il ‘dopo’ andrà affrontato e vissuto esattamente come un Dopoguerra. “Dovremo inventarci nuovo un modo di vivere”, ricorda Varanini, “ma il lavoro umano resterà indispensabile e ce lo siamo dimostrato da soli continuando a voler lavorare a distanza in questa fase di emergenza”.
Questa crisi rappresenta anche un’opportunità per nuovi modelli organizzativi: non solo in ambito aziendale, ma anche in quello didattico, dove “l’emergenza permette di sperimentare nuove tecnologie per l’apprendimento a distanza”, come sottolinea Gianfranco Rebora, Direttore responsabile della rivista Sviluppo&Organizzazione e Professore dell’Università Carlo Cattaneo-LIUC.
Dobbiamo allenarci all’emergenza
Claudio Allievi, President e co-founder di K-Rev, spiega che “nulla sarà più come prima e le organizzazioni dovranno attrezzarsi, attraverso le Direzioni HR, per gestire l’emotività delle persone a distanza e per cambiare il classico schema di controllo capo-dipendente, lavorando per obiettivi“. Ma non tutti i manager, secondo Allievi, sono pronti per questa riorganizzazione.
“Oggi ognuno di noi è chiamato a portare avanti il proprio lavoro e i processi aziendali non vanno interrotti, anche se il coordinamento è molto difficile da remoto, per essere pronti nel momento della ripresa”, spiega Paolo Esposito, General Manager del Gran Sasso Science Institute, secondo il quale “ci si allena alla guerra in tempo di pace. In questo senso, nelle aziende il Direttore del Personale può fare la differenza“.
“Ci siamo sempre allenati alla gestione della crisi e quando è stato necessario abbiamo messo in campo un crisis-team in tempi rapidissimi“, racconta Gianfranco Chimirri, HR Directory Italy di Unilever, azienda che ha vissuto per prima la gestione dell’emergenza perché il ‘paziente 1’ era un suo dipendente. Univeler ha quindi ripensato la propria People experience lavorando su alcuni asset fondamentali: comunicazione trasparente, investimenti sul wellbeing mentale, fisico e finanziario dei dipendenti, formazione in elearning personalizzata e iniziative di welfare per tutti.
Tra riconversione produttiva e Smart working
Una strategia di sopravvivenza per le aziende in tempo di crisi è la riconversione della produzione. Luca Bondioli, General Manager di Calze Ileana, ha raccontato come l’impresa bresciana abbia trasformato la sua produzione di calze per fabbricare mascherine con tempi di reazione molto veloci mantenendo alto l’engagement dei dipendenti, nonostante le difficoltà burocratiche.
Altre testimonianze di resilienza sono arrivate da Stefano Giust, Chief Operating Officer di Varaschin – con un focus sul mantenimento di una visione strategica del business a lungo termine, determinante per la vita dell’azienda – e da Roberto Mattio, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Pininfarina, che ha sottolineato l’importanza di gestire bene la mancanza di relazioni fisiche e lo Smart working. Un punto, quest’ultimo, evidenziato anche da Luigi Torlai, Project Leader International Recruiting di Audi.
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