Chi fa da sé (non) fa per tre
Perché alcuni gruppi riescono a generare un valore superiore alla somma delle loro parti, mentre per altri questo principio non funziona? È questa la domanda che guida Daniel Coyle, consulente organizzativo, nel suo ultimo libro Il codice della collaborazione (Apogeo, 2024). La risposta si trova, in particolare, in un esempio: nel 2006 Peter Skillman organizzò una sfida tra studenti di Economia e bambini dell’asilo; l’obiettivo era costruire la torre di spaghetti più alta (l’esperimento è stato ribattezzato “spaghetti tower”). E contro ogni aspettativa, a vincere furono i bambini.
Qual è stata la chiave del successo? La collaborazione: se gli universitari erano frenati dal rispetto di una scala gerarchica e dalla mancanza di fiducia, i bambini hanno interagito in modo più fluido. Ad aver fatto la differenza non è stata, quindi, la competenza del singolo – è evidente che le hard skill degli studenti di Economia fossero superiori – ma il metodo con cui le diverse competenze si sono amplificate tra di loro. Tutto si è giocato sulle soft skill.
La cultura del gruppo produce effetti soprattutto nel mondo aziendale. “Ne percepiamo la presenza all’interno di aziende di successo, team di successo e famiglie fiorenti, e percepiamo quando è assente o tossica. Possiamo misurare il suo impatto sui profitti: secondo uno studio di Harvard condotto su 200 aziende, una cultura forte aumenta il reddito netto del 765% nell’arco di 10 anni”, scrive l’autore del libro.
Il gruppo funziona meglio con uno scopo
Per meglio affrontare il concetto, il libro è organizzato attorno a tre principi chiave della collaborazione. In primis, creare sicurezza: Coyle spiega che la fiducia è la base di ogni gruppo coeso e racconta come leader e membri di gruppi di successo si sforzano di far sentire ogni persona accolta e valorizzata. Successivamente l’autore illustra come condividere la vulnerabilità, perché, ammettere le proprie debolezze e lavorare insieme per superarle crea legami profondi. Infine, serve stabilire uno scopo: si lavora meglio quando si ha una missione chiara, supportata da valori condivisi.
Ogni sezione del libro è, inoltre, strutturata come un itinerario: prima si esplora il funzionamento di ciascuna competenza e, successivamente, la si analizza direttamente sul campo. Ogni capitolo è ricco di aneddoti e casi studio, ma anche di consigli pratici. Per esempio, l’importanza di piccoli segnali non verbali, come il contatto visivo o l’uso del linguaggio corporeo aperto, è spiegata in modo chiaro e applicabile.
“Per quanto una cultura di successo possa apparire e sembrare magica, la verità è che non lo è affatto. La cultura è un insieme di relazioni viventi che lavorano verso un obiettivo condiviso. Non è qualcosa che siete. ”, è il messaggio dell’autore.
Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.
leadership, collaborazione, apogeo