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Ci sarà un’alba per gli uomini

Inizio subito con una excusatio non petita. Nel film Il signore degli anelli, Saruman, lo stregone, pronuncia questa terribile profezia sulla futura scomparsa della razza umana: “Non ci sarà un’alba per gli uomini”. Oggi, in vena di affermazioni oracolari, modifico quella frase non riferendomi, chiaramente, al genere maschile, ma a tutti noi, donne e uomini, persone che lavoriamo nelle organizzazioni, protagonisti del futuro che si sta preparando.

Chi si occupa di persone al lavoro sa che indicatori come il costo del personale, il Return on Investment (ROI), la talent retention, il tasso di assenteismo e così via, per quanto indispensabili all’attività di controllo, sulla plancia necessaria per la misura delle performance aziendali, non rappresentano l’essenza del valore umano, perché le persone sono uno strumento del lavoro, ma allo stesso tempo ne sono il fine.

Ci stiamo accorgendo in modo sempre più evidente che si sta aprendo una nuova era per l’essere umano. Lo stiamo avvertendo proprio in questo periodo storico, confrontandoci con un concetto che udiamo tutti i giorni: “sostenibilità”. Immergendoci appena al di sotto dello strato superficiale di questa parola – che va di moda e quindi è soggetta a essere pronunciata con poco impegno, circa il suo significato – ci rendiamo subito conto che assomiglia a un contenitore vuoto, da riempire con gli oggetti più disparati: ambiente, società, economia, tecnologia, sviluppo, bisogni, vita. Osservando però, più da vicino, le caratteristiche di questo recipiente, ci rendiamo conto che non è un imballaggio qualsiasi. All’opposto, è portatore di indicazioni che danno forma al contenuto. La prima evidenza riguarda proprio la centralità dell’essere umano come criterio definitorio della sostenibilità, poiché non si dà pensiero critico o consapevolezza di ciò che è sostenibile, o non sostenibile, al di là del soggetto umano. “Sostenibile” significa attribuire valore a qualcosa. Ciò attiene a una dimensione etica, a scelte precise, a un modo di appartenere a un insieme di persone che stima civile o incivile il comportarsi in un certo modo, senza bisogno che vi siano leggi positive a regolamentare il comportamento, ma perché è importante il valore di riferimento.

Un ulteriore elemento di riflessione nasce dal fatto che, se prendiamo in esame i contenuti, si notano immediatamente tensioni – laddove non si osservino delle vere e proprie contraddizioni – soggiacenti alle scelte etiche. Ognuno di noi, penso, ritiene essenziale mantenere un’elevata qualità della vita. Spesso ciò implica poter assumere farmaci all’avanguardia, facendo quindi prosperare aziende farmaceutiche che li producono, le quali possono generare esternalità potenzialmente poco gradite. Il concetto di sostenibilità, inoltre, non riguarda solo il presente, ma si sporge verso il futuro, ponendoci domande sia sul fatto che lo status attuale possa essere mantenuto stabile, sia mettendo in questione l’equità delle nostre scelte in rapporto all’imperativo morale a tutela dell’umanità già presente in noi oggi, ma che si concretizzerà nelle persone che verranno.

Questo impegno non riguarda semplicemente garantire cibo, acqua, dimora e lavoro, ma assicurare la possibilità stessa che i nostri figli possano vivere bene in questo mondo. Tale versione del nostro obbligo ci pone dinanzi alla necessità di togliere un potenziale velo di ipocrisia che rischia di coprire la buona intenzione di perseguire la strada della sostenibilità. Essere responsabili per il futuro non significa limitarsi ad affermare il ‘brand della sostenibilità’, come se fosse una scatola in cui possono essere contenuti tutti gli oggetti in modo indifferenziato, ma incarnare, di significati e scelte concrete, una parola che al contrario rischia di diventare vuota o deformabile, fino al punto da riaffermare comportamenti potenzialmente in contraddizione con se stessa.

Il film Il signore degli anelli si chiude con l’avvento dei “giorni del re”. Il paventato dominio dell’anello, fatto d’esercizio di potere, di controllo, di sfruttamento, è naufragato improvvisamente, imploso su se stesso. Il re, modello d’uomo per il futuro, nel momento della sua incoronazione, pronuncia queste parole: “Questo giorno non appartiene a un uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo, da poter condividere nei giorni di pace”.

Mauro De Martini cura la rubrica “Risonanze formative” sulla rivista Persone&Conoscenze.
Per informazioni sull’acquisto o sull’abbonamento alla rivista scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

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Mauro De Martini

Consulente e formatore, gestione risorse umane e comportamenti organizzativi. È inoltre autore del libro Note di formazione (Edizioni ESTE, 2021).


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