Come sarà lavorare 32 ore a settimana?
A fine Ottocento nelle filande torinesi le operaie lavoravano in media 16 ore al giorno. Fu una legge del 1899 a fissare un maximum di 12 ore e l’interdizione dal lavoro notturno per le donne e i ragazzi dai 13 ai 15 anni. Nel 1906, invece, fu la Fiat a stipulare il primo accordo con gli operai che recitava “l’orario normale di lavoro è di 10 ore”.
Da allora è stata fatta molta strada, anche grazie alla Legge 300/1970 (più conosciuta come Statuto dei lavoratori), che fissava le “norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento“. È grazie a questo statuto, infatti, che in Italia furono normati tutti i contratti nazionali dell’industria, oltre ad altre tutele. Molti di questi contratti stabilivano la durata massima settimanale (effettiva) di lavoro ordinario di 40 ore, divise in cinque giorni lavorativi di otto ore, dal lunedì al venerdì. Il “sabato libero” divenne così una conquista generalizzata – salvo per certi tipi di servizi pubblici e di produzioni a ciclo continuo.
Una situazione che rimane immutata per molte aziende anche oggi, sebbene da qualche anno molte organizzazioni siano tornate a parlare della necessità di una maggiore flessibilità oraria e della riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni per un totale di 32 ore, soprattutto dopo la pandemia. Resta da chiedersi se sia davvero possibile per tutti organizzarsi in questo modo.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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