Comunicare per innovare ed evolvere

Un recente studio di IDC stima che la spesa per la trasformazione digitale rappresenterà il 53% del budget IT delle imprese nei prossimi anni. Nonostante si tratti di investimenti significativi, però, molte nuove tecnologie vengono implementate senza consultare gli utenti finali. Anche all’interno dell’azienda, le nuove applicazioni vengono progettate e messe in opera senza il contributo dei soggetti interessati. La colpa non è solo del reparto IT: si tratta di una questione sistemica, radicata nella mancanza di comunicazione tra le parti e nella riluttanza a imparare gli uni dagli altri.

Come possono le aziende portare l’IT all’interno delle loro realtà e incoraggiare una cultura di responsabilità condivisa e collettiva? La risposta sta nel disporre di un quadro aperto e onesto, che favorisca il dibattito e la collaborazione per realizzare i cambiamenti che contano davvero.

Spesso si parla di comunità, come per esempio le comunità di sviluppatori sul campo, protagonisti della creatività che sfocia in nuove idee, applicazioni e soluzioni. Anche l’azienda in realtà è una comunità, creata per raggiungere un obiettivo comune, che si tratti di costruire automobili, vendere generi alimentari o servizi finanziari. Tuttavia, piuttosto che lavorare insieme, la comunità si trova spesso divisa con ciascuno impegnato a raggiungere obiettivi separati. Questo approccio è insito in quasi tutte le grandi aziende, in quanto i team e i dipartimenti sono incoraggiati a essere competitivi, ma si tratta di un comportamento potenzialmente dannoso.

Creare una comunità in azienda

È nelle comunità che l’innovazione avviene concretamente, ma anche la realtà pratica ha bisogno di una forma per svilupparsi al meglio. Una cultura che permette alle persone di riunirsi rapidamente intorno alle idee, ignorando qualsiasi struttura gerarchica, è il terreno ideale per le comunità. Queste possono avere durata breve, diventare grandi o anche fallire.

La possibilità di fallire è importante. Imparare dall’esperienza quando è il momento di lasciarsi andare e concentrarsi su un approccio diverso o semplicemente abbandonare l’idea non è un fallimento – fa parte del processo. Dobbiamo fare del fallimento un’eventualità accettata e positiva. Questo è ciò che ho sempre in mente quando penso al ruolo delle comunità.

Le comunità si formano come risultato della cultura. Non il contrario. Non si può imporre l’esistenza di una comunità, ma è da queste comunità spontanee che ho appena descritto che nascono progetti e prodotti fantastici.

Ci sono metodi che le aziende possono utilizzare per favorire lo spirito e il senso di comunità. Criteri che sono stati usati con grandi risultati a livello di sviluppo software, ma che possono essere applicati per affrontare qualsiasi dominio tecnico o problema di business. Insita in questo processo è una tecnica di modellazione di gruppo nota come “event storming”, che riunisce le persone per affrontare questioni complesse, accelerando l’apprendimento e generando nuove idee. Fondamentalmente, permette al gruppo di lavorare insieme per trovare una soluzione, creando una comprensione condivisa di come il software dovrebbe essere applicato per rispondere a specifiche esigenze aziendali.

La novità del Culture as a Service

È l’esempio di una nuova filosofia organizzativa e di un innovativo processo strategico, noto come Culture-as-a- Service (CaaS).

Siamo ormai abituati a termini e sigle che descrivono in dettaglio vari modelli di cloud computing “as-a-service”. Il CaaS riguarda l’implementazione pratica di queste tecnologie per fornire un quadro olistico che faciliti l’inclusione, il dibattito, la condivisione della conoscenza e le migliori pratiche. L’approccio CaaS aiuta a creare un’organizzazione aperta, dove le idee fioriscono e la collaborazione diventa la norma.

Un esempio concreto è quello di Amadeus. Una volta deciso di utilizzare una piattaforma CaaS, ci hanno contattato per collaborare efficacemente allo sviluppo a monte della piattaforma. Hanno capito che la condivisione l’avrebbe accelerata e potenziata, permettendo loro di ottenere un maggiore vantaggio competitivo senza doversi assumere la responsabilità di “possedere” l’intero stack in prima persona. Questo è il risultato di un approccio Culture-as-a-Service (CaaS).

Il CaaS mette finalmente in risalto anche la percezione che l’IT non è solo un centro di costo, ma il fulcro di ogni funzione all’interno di un’azienda moderna, che non può sopravvivere senza di essa, e può aiutare il dipartimento IT a raggiungere il suo potenziale e diventare un centro per l’innovazione. Da entrambi i lati della barricata, devono, però, cambiare gli atteggiamenti: i capi delle unità aziendali devono essere disposti a collaborare con i loro colleghi IT, mentre gli sviluppatori e i team tecnici devono essere meno introversi e abbracciare una cultura più aperta.

L’importanza della comunicazione interna 

Il CaaS si basa su due pilastri: fiducia e comunicazione. Invece di un approccio che muove dall’alto verso il basso, dà luogo a un’atmosfera aperta a cui chiunque può partecipare. I leader diventano facilitatori, catalizzatori, e le idee sono più grandi delle persone. Il primo passo è ascoltare, invece di inventare nuovi programmi. E per poter ascoltare bisogna abbattere le barriere alla partecipazione, ma in un modo che porti alla produttività e non a un club di dibattito senza risultati. Il CaaS aiuta a esplorare questi approcci.

L’applicazione pratica di questo modello vorrebbe che l’IT coinvolgesse i propri colleghi di lavoro nel processo di sviluppo del software, utilizzando i metodi di modellazione di gruppo delineati in precedenza. Il risultato è che si dà pari credito a entrambe le parti per lo sviluppo di una soluzione che guiderà un nuovo processo di business, con un effetto miracoloso. L’interessato al business, o in effetti il cliente, si sente così investito nel nuovo processo da evangelizzarlo e promuoverlo in tutto il business. Questo nuovo approccio è sostenuto da cicli di feedback chiusi e sistemi decentralizzati, che mantengono un flusso costante di idee.

Inoltre, consente alle aziende di diventare un centro di innovazione, utilizzando i cicli di feedback per garantire che la conoscenza rimanga all’interno dell’organizzazione. In molti casi, le aziende investono grandi somme di denaro in nuove soluzioni software con l’intenzione di far progredire l’azienda, ma nel farlo perdono conoscenze preziose a favore di terzi.

La cosa più difficile è che alcune persone pensano che si tratti di rinunciare alla “proprietà” della “loro” parte dello stack. Ma non è così. Nessuno “possiede” qualcosa. Sbarazzarsi di questa nozione è la parte più difficile. Stabilire un’atmosfera aperta non significa rinunciare al controllo. Se fatto nel modo giusto, crea un atteggiamento positivo che facilita l’identificazione di conoscenza che generalmente si perde nella comunicazione e nella gerarchia. La cosa più importante è riconoscere che questo problema esiste davvero.

Puntare sugli standard aperti

Le organizzazioni avranno sempre la necessità di investire in soluzioni di terze parti. Molte applicazioni e servizi proprietari sono onnipresenti. Tuttavia, la maggior parte di questi sono adatti per le attività di base, per cui le aziende dovrebbero prendere in maggiore considerazione la possibilità di mantenere la progettazione e la realizzazione di applicazioni specifiche per il business in azienda.

Utilizzando i principi del CaaS, le organizzazioni possono analizzare meglio l’impatto dei sistemi proprietari di terze parti e quindi utilizzare i dati per sviluppare nuove funzionalità ed eventualmente una nuova tipologia di servizi, tutti basati su standard aperti.

Ciò permette di selezionare strumenti di sviluppo open source che si adattano alle loro esigenze e forniscono le basi e le infrastrutture necessarie per creare nuove applicazioni. Il sistema decentralizzato e i cicli di feedback chiusi garantiscono che si sentano molte voci diverse provenienti da tutta l’azienda. Successi e fallimenti possono essere discussi in egual misura. Si possono misurare le prestazioni di specifici processi e applicazioni. I progetti possono essere cancellati, i nuovi progetti implementati, quelli più vecchi rilanciati – ma con una nuova prospettiva. Inoltre, le aziende devono sempre essere consapevoli di ciò che fanno i membri più giovani del team. Un’organizzazione può imparare così tanto dalle generazioni più giovani, che rappresentano il futuro e aiutano a identificare le nuove tecnologie in cui le aziende dovrebbero investire.

CTO, CIO e responsabili delle linee di business devono capire la dura verità: l’80% delle funzionalità IT che hanno a disposizione NON sta dando un vantaggio competitivo. Sono semplicemente “cose” di cui si ha bisogno per gestire il business ed è, essenzialmente, codice non competitivo – i sistemi operativi, le soluzioni container, le librerie, lo storage, il codice di rete, che dovrebbe essere, e spesso è, open source. Condividere sia la conoscenza sia il codice di questo 80% delle funzionalità riduce di fatto il costo totale di proprietà (TCO) per qualsiasi organizzazione e consente ai team IT di condividere internamente ed esternamente.

Una volta riconosciuto questo, si può iniziare a categorizzare il proprio stack, decidendo cosa c’è in quell’80% e avviando un dibattito su come condividere quel codice non competitivo all’interno dell’organizzazione. Ma anche con i concorrenti!

La cultura come processo

 È importante ricordare che la cultura è un processo e non un obiettivo. Ci può essere un’idea generale di cosa sarebbe quella cultura, ma l’implementazione sarà locale, in senso geografico, in senso dipartimentale e anche individuale. I team con sede in Arabia Saudita interpreteranno una cultura aziendale in modo molto diverso da quelli con sede nel Regno Unito. I team di Vendita avranno una visione molto diversa della cultura rispetto, per esempio, alle Risorse Umane o al Marketing. L’idea generale è ciò che accomuna un’azienda ed è l’interpretazione locale che aiuta i team a legare.

Il modo in cui i team e le persone lavorano insieme alimenta la cultura di un’azienda. L’attenzione alla fiducia, alla comunicazione, alla collaborazione e alla libertà permette alle persone di concentrarsi sugli obiettivi, i traguardi e i risultati e non, per esempio, sul “tempo trascorso alla scrivania”.

È fondamentale dare ai dipendenti la libertà di lavorare nel modo a loro più congeniale e confidare nel fatto che vogliano rimanere produttivi. Dai loro la possibilità di raggiungere gli obiettivi in un modo che funzioni per loro e sarai ricompensato con persone più felici e produttive, che progettano soluzioni creative ai problemi.

* Jan Wildeboer, Evangelist EMEA di Red Hat

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