L’arte entra in azienda con il teatro
Tutto ruota attorno al primo assioma della comunicazione umana, secondo la definizione data dalla scuola di Palo Alto: non si può non comunicare. Anche sul lavoro funziona così: quando pensiamo di sottrarci a una comunicazione – magari stando in silenzio, non rispondendo al telefono oppure a una mail che abbiamo ricevuto – in realtà stiamo dicendo qualcosa, anche se non lo vogliamo.
Se dunque evitare di comunicare è impossibile, si capisce come una comunicazione consapevole, verbale e non, sia fondamentale per stabilire relazioni umane che siano efficaci, serene, positive.
Reverb, società fondata da Matteo Lanfranchi, CEO e Artistic Director, ha pensato di mettersi al servizio delle aziende proprio per migliorare le competenze comunicative. Come? Prendendo in prestito le tecniche del teatro e delle arti performative e declinandole nei contesti aziendali, sviluppando soluzioni su misura che spaziano dalle attività di team building ai workshop di comunicazione.
Nelle attività proposte da Reverb le competenze e la potenza espressiva del teatro si fondono con la teoria proveniente dal counseling, dal coaching e dal problem solving. “Quelle di Reverb non sono le classiche lezioni di teatro in azienda con spettacolo finale. Vogliamo essere portatori di un tipo di formazione che lasci il segno, che non faccia solo divertire i partecipanti ma che dia loro strumenti da utilizzare nella propria vita professionale e personale”, spiega Lanfranchi.
Format dal teatro all’azienda
Reverb è nata nel 2015 come spin off corporate di Effetto Larsen, compagnia teatrale di cui Lanfranchi è Direttore Artistico. Oggi il progetto impegna 15 persone tra coach, counselor, formatori e performer. Sul fronte team building, tra i format più famosi di Reverb c’è Stormo: nato come performance urbana in contesti artistici, è stato poi rivisto per il mondo corporate. Si tratta di un workshop finalizzato a sviluppare la consapevolezza di sé e degli altri attraverso semplici esercizi e giochi che favoriscono l’ascolto e la sintonia tra i membri del gruppo.
Un’altra attività proposta ai gruppi è Mnemosyne, progetto basato sulle memorie emotive e sull’intersezione tra la memoria individuale e quella dei luoghi, riunite e condivise in una nuova forma che contribuisce alla creazione di una memoria collettiva. Il format è applicabile su varie scale: un quartiere, una città, ma anche un edificio, un sito storico o un appartamento, ambienti nei quali viene ricreata una mappa del territorio d’azione dell’azienda dove i dipendenti vanno a raffigurare scene del proprio vissuto personale e professionale, in modo da condividerle con i colleghi.
In aula, ma con impegno
In altri casi si lavora con format più tradizionali in aula, con un formatore – di solito un performer – e un coach che guidano la sessione di lavoro con un gruppo di persone, mescolando teoria e pratica e simulando situazioni reali. Nelle varie sedute vengono affrontati i problemi di comunicazione, sia interna sia esterna, che possono caratterizzare il gruppo, e caso per caso si cerca di proporre la soluzione migliore.
Che può stare anche nei gesti più semplici, come liberare la scrivania per non mettere ostacoli tra se stessi e gli utenti a cui ci si rivolge, oppure non lasciare inutilizzati gli strumenti a disposizione per comunicare a partire da una banale lavagna, o ancora imparare a muoversi nello spazio per ridurre le distanze, fisiche e psicologiche, con gli altri.
La buona notizia, ci avvisa il fondatore di Reverb, è che c’è sempre possibilità di migliorare, anche se ci vuole impegno. “Noi diffidiamo di chi promette di insegnare in un giorno tutti i trucchi della comunicazione, perché per migliorare bisogna mettersi in condizioni di apprendimento e sperimentazione continui”.
Contaminazione continua
Reverb ed Effetto Larsen si contaminano e si influenzano a vicenda. Da un lato questo avviene a livello di risorse, in uno scambio che permette a entrambe di essere autosufficienti e artisticamente libere. Dall’altro, a essere condivise sono anche le skill. L’avventura di Reverb è nata infatti dalla trasposizione dell’esperienza maturata a teatro in un contesto aziendale.
Ma anche il mondo delle imprese ha influenzato a posteriori l’approccio artistico di Lanfranchi e del resto della squadra. “L’esperienza in azienda è stata utile per le nostre performance di arte partecipata, perché ci ha preparato a lavorare con qualunque tipo di persona, anche con chi non è interessato all’attività o non è ben disposto nei nostri confronti”.
“E poi il mondo imprenditoriale mi ha insegnato a dare una struttura e degli obiettivi definiti a un’organizzazione che nasce dall’arte, cioè da qualcosa di destrutturato, in cui vige la massima creatività e in cui conta solo il prodotto finale”, racconta Lanfranchi. “D’altro canto, credo che il nostro background abbia permesso di portare nelle aziende, spesso rigide, impostate e impersonali, un po’ di creatività, di calore, di ascolto e di capacità di relazionarsi”, conclude.
Classe 1993, nata e cresciuta nella provincia milanese, è laureata in Lettere presso l’Università Statale di Milano. A qualche anno di cronaca locale è seguito un biennio alla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano, dove ha svolto il praticantato giornalistico. Giornalista professionista dal 2019, attualmente lavora come freelance a Milano, collaborando con quotidiani, siti e periodici nazionali.
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