Controllo, governo e responsabilità
Eccoci negli Anni 20 del nuovo secolo. Un decennio che si apre carico di incognite. Non usciamo da una guerra come nel XX secolo, ma da terremoti finanziari che sembrano spostare continuamente i loro epicentri. Nel frattempo siamo entrati nella Quarta rivoluzione industriale e il nostro modo di vivere – e di lavorare – ha subito trasformazioni radicali.
In che modo Intelligenza Artificiale, Blockchain e Big data impongano un ripensamento del nostro agire quotidiano non è per tutti così chiaro. Il problema è che le grandi trasformazioni tecnologiche devono attecchire in un contesto di grande instabilità e incertezza, politica ed economica.
Fermo restando che la nostra economia continuerà a essere impattata dalla frenata dei mercati vicini, in primo luogo della Germania che assorbe buona parte delle nostre esportazioni, resta il fatto che cresciamo al di sotto dei livelli di guardia. Il 2019 ha prodotto una crescita inferiore all’anno precedente: ci attestiamo intorno allo 0,2% e si prevede lo 0,6% per il 2020.
Stime che ci allontanano sempre più dalle performance degli altri Paesi dell’Eurozona, dove le stime di crescita sono quasi il doppio: Germania all’1%, Francia 1,3% e Spagna 1,5%. La nostra produzione industriale, riferisce l’Istat, ha registrato a ottobre 2019 l’ottavo mese consecutivo di decrescita. A questo quadro dobbiamo aggiungere due fattori: l’instabilità politica e le crisi, tutt’altro che risolte, che catalizzano l’attenzione di Governo e istituzioni.
La parola d’ordine è consapevolezza
La situazione Ilva è un’incognita; nella stessa area geografica è scoppiato il caso della Banca Popolare di Bari; e Alitalia rischia di drenare ulteriori risorse, che non abbiamo. Chiaro che, in una situazione analoga, i nostri imprenditori non si sentano tanto rassicurati. Siamo tutti immersi in una grande trasformazione, ma dobbiamo essere consapevoli di quanto sta accadendo.
Negli Anni 70 è entrata l’automazione in fabbrica, ma ora che le nostre imprese sono governate dai dati, con l’AI che assume ruoli manageriali e le macchine programmate per prendere decisioni, non è pensabile lasciarsi investire dall’innovazione.
È necessario preparare il terreno, formare le persone: immaginare come potrà evolvere la nostra impresa non è un esercizio opzionale, ma un dovere che ognuno di noi ha. Il rischio è lasciarsi sorpassare da qualcuno più bravo di noi a giocare d’anticipo. Ed è un rischio che non possiamo correre.
Anche perché nel nostro Paese ci sono eccellenze che il mondo ci invidia, guidate da leader straordinari, però immerse in un tessuto industriale complesso; sono molte le aziende che hanno bisogno di essere accompagnate in un viaggio verso la trasformazione digitale, che può presentare molte incognite se non si matura una giusta consapevolezza.
Ed è questa una parola che dobbiamo tenere a mente: “consapevolezza”. Il controllo della fabbrica del futuro – e l’ambito di azione delle macchine – dovrà rimanere subordinato al governo dell’uomo. Ma lo sviluppo delle competenze necessarie perché questo accada resta una sua responsabilità.
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