Team

Costruire e gestire team per le migliori performance

Come si può fare di più insieme che da soli? Come si misura ciò che sul lavoro è davvero importante per le performance, la produttività, la crescita e la probabilità di rimanere all’interno dell’organizzazione? Per rispondere a queste domande e, quindi, per ottenere il meglio dai team, un leader deve identificare le verità che si celano dietro le bugie sul posto di lavoro. Questo consente di confrontarsi con la realtà e di costruire le migliori pratiche per eccellere.

Si possono identificare nove ‘bugie’ in ambito lavorativo: la prima è la convinzione che alle persone interessa l’azienda per la quale lavorano: in realtà, si preoccupano più del team di cui fanno parte rispetto all’impresa nel suo complesso. Infatti, la durata della permanenza degli individui in un’organizzazione dipende in larga misura dal gruppo di cui fanno parte. Le affermazioni seguenti sono rivelatorie dei sentimenti creati all’interno dei gruppi dalle alte performance: “Al lavoro capisco chiaramente cosa ci si aspetta da me”; “Sono davvero entusiasta della mia azienda”; “Ho la possibilità di usare i miei punti di forza al lavoro ogni giorno”; “Nel mio team sono circondato da persone che condividono i miei valori”; “So che sarò riconosciuto per il lavoro eccellente”; “I miei compagni di team mi supportano”; “Nel mio lavoro, sono sempre sfidato a crescere”; “Ho grande fiducia nel futuro della mia azienda”.

Si può dire, pertanto, che i leader devono ottenere la giusta integrazione tra ‘noi’ e ‘io’; i migliori combinano l’ambiente di gruppo con lo spazio individuale, cioè si interrogano su ciò che i membri condividono e su ciò che li distingue.

La seconda ‘bugia’ è la mentalità secondo cui il piano migliore vince. Al contrario, quando il piano è ben costruito, in realtà funziona peggio: un programma dettagliato richiede più tempo per essere realizzato e, proprio per questo, rischia di diventare rapidamente obsoleto. Perciò, invece di puntare al piano ‘migliore’, in qualità di team leader, è necessario pianificare e pensare continuamente a ciò che l’organizzazione può fare nel breve e nel lungo termine, mentre si costruiscono sistemi di intelligence per migliorare il processo di programmazione.

Significati, differenze, intuizioni

Questa è la terza ‘menzogna’: le migliori aziende creano obiettivi a cascata. Le finalità non funzionano e non mantengono le persone allineate, se non quando sono manifestazioni di ciò che apprezziamo. È ormai chiaro che portano a esiti positivi in una sola condizione: quando sono impostate volontariamente da noi. Le aziende e i team migliori creano, piuttosto, una ‘cascata di significati’. Il consiglio, dunque, è quello di costruire un gruppo che percepisca i valori condivisi e su di essi fissi gli scopi; se ben organizzati, i risultati che i team si prefiggono di raggiungere, rifletteranno il significato delle azioni e dei processi.

È fallace anche pensare che i migliori membri del team sono a tutto tondo. Nei migliori gruppi di lavoro, le persone sentono che i loro manager li riconoscono per la loro unicità e sanno come sfruttarla. I veri leader sono consapevoli che è il team a essere ‘completo’, perché ogni individuo della squadra ha le proprie peculiarità. Non bisogna separare i punti di forza dalle aree di opportunità di ciascuno, ma è necessario far corrispondere i due ambiti; i gruppi, effettivamente, crescono maggiormente dove emergono i vantaggi dati dalle differenze.

La quarta ‘bugia’ è la convinzione che le persone hanno bisogno di feedback: in realtà, non hanno bisogno di riscontri, bensì di attenzione. Al fine di guidare le performance e raggiungere l’eccellenza, i leader devono vedere i propri collaboratori per ciò che sono e individuare cosa sanno fare meglio (non per chi non sono o concentrarsi su cosa non possono fare). Nella maggior parte dei lavori in tutti i settori, l’eccellenza non si riscontra seguendo passaggi o fatti, ma intuizioni, connessioni, collaborazioni. La modalità di lavoro del leader è completamente diversa da quella del team e dei membri; il modo in cui il manager reagisce al lavoro delle persone è molto più legittimo del feedback.

Essere un buon leader significa avere dei seguaci

Si crede che le persone possono valutare in modo affidabile gli altri, ma la verità è che non ci sono dati sufficienti per poterlo fare e il modo in cui si mette in pratica questo principio, ora, è sistematicamente imperfetto. I leader dovrebbero invece valutare le esperienze dei loro team e le azioni previste, non le singole performance. Dovrebbero porsi le seguenti questioni almeno quattro volte l’anno: “Mi rivolgo sempre a questa persona quando ho bisogno di risultati straordinari?”; “Scelgo di lavorare con questa persona il più possibile?”; “Questa persona dovrebbe essere promossa?”; “Questa persona ha un problema di performance che devo affrontare?”.

Inoltre, si pensa spesso che le persone abbiano un potenziale, ma non c’è sostanza chiamata “potenziale” che si ha di più o di meno. A riguardo, i migliori leader pensano che lo slancio dei team dipenda dalle loro qualità innate e dalla volontà di assumere i ruoli che desiderano, dando un peso maggiore ai loro punti di forza naturali rispetto le loro performance e abilità acquisite.

Un’altra massima ingannevole è che l’equilibrio tra lavoro e vita è quello che conta di più; in questo senso, i migliori leader non incoraggiano i loro team a bilanciare queste due dimensioni, bensì a lottare per un movimento sano. I leader dovrebbero aiutare le loro squadre a trovare l’amore in ciò che fanno – i cosiddetti ‘fili rossi’ – e accompagnarli per far sì che li intreccino nel tessuto del loro lavoro. Questo è il segreto per un team dalle alte prestazioni.

Talvolta si ha l’illusione di volere definire la leadership; infatti, al momento, il modo in cui insegniamo ai leader a esserlo è seguire un elenco di competenze: tutti hanno abilità specifiche da dover sviluppare, ma nessuno condivide le stesse. I migliori hanno in comune solo una cosa: possiedono follower. I leader, in qualche modo, fanno sì che le persone li seguano nel futuro, a modo loro; infatti, quelli ‘forti’, quelli cioè con il minor numero di aggettivi usati dalle persone per descriverli, ottengono punteggi più alti alle questioni menzionate nella prima ‘bugia’.

In sintesi, per essere il miglior leader per un team, bisogna essere in grado di trarre valore da ciò si fa. Ogni giorno, serve pensare a quali fili rossi si possono intrecciare in un modo che conferisce forza al gruppo. D’altra parte, la decisione più importante che si prende nella costruzione di un’organizzazione è chi si sceglie per essere un team leader.

L’articolo è tratto dall’Executive summary di Marcus Buckingham, relatore di una delle masterclass del WOBI 2021. Durante l’evento, Buckingham fa luce su ciò che conta di più quando si coltiva una cultura delle alte performance. Per informazioni sull’evento clicca qui

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Marcus Buckingham

Marcus Buckingham è un ricercatore a livello mondiale e un leader di pensiero focalizzato nello sbloccare i punti di forza, aumentare le performance e aprire la strada al futuro del modo in cui le persone lavorano. I suoi libri influenti – tra cui First, Break All the Rules, Now, Discover Your Strengths e The One Thing You Need to Know – offrono importanti spunti per massimizzare i punti di forza e comprendere le differenze cruciali tra leadership e management.

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