Creare ambienti più inclusivi con il coaching
Nell’ultimo decennio, le aziende hanno puntato sempre più alla creazione di ambienti di lavoro inclusivi, rivalutando le strategie di Diversity & Inclusion, assumendo personale dedicato a ruoli di diversità, equità, inclusione (DEI) e impegnandosi pubblicamente a supportare luoghi di lavoro diversi e inclusivi. Del resto, molte ricerche dimostrano come le iniziative DEI possono portare alle aziende che le implementano un aumento delle quote di mercato, della produttività, dell’innovazione e della facilità nell’attirare e trattenere i talenti. Inoltre, McKinsey & Company ha registrato in diverse occasioni la correlazione positiva esistente tra performance e diversità etnica e di genere nei team dirigenziali.
Considerati i benefici di cui danno evidenza i dati, tante realtà aziendali riconoscono oggi l’importanza che diversità e inclusione rivestono per il successo aziendale. Ma in che cosa consiste una cultura davvero inclusiva e che cosa serve alle organizzazioni per realizzarla?
Diversità, equità e inclusione sul luogo di lavoro
Per diversità (intesa come varietà) si intende l’intero spettro di differenze sociali e identità demografiche: razza ed etnia, genere e orientamento sessuale, classe sociale, neurodiversità, valori e convinzioni. L’equità riguarda il concetto di offrire giuste opportunità a tutti i dipendenti in base ai loro bisogni individuali, mentre per inclusione si intende il modo in cui un’organizzazione opera per accogliere, supportare e ascoltare le persone.
Secondo l’Harvard Business Review, le culture inclusive riconoscono le differenze, lavorano attivamente per individuare un terreno d’azione comune e si impegnano ad affrontare argomenti delicati, difficili, talvolta spinosi. Il fatto che un posto di lavoro supporti la diversità non implica automaticamente che sia anche inclusivo. Allo stesso modo, se un ambiente di lavoro è inclusivo non significa che la diversità sia una sua componente caratterizzante. Le organizzazioni devono, dunque, impegnarsi attivamente per non limitarsi ad assumere i propri collaboratori pensando solo ed esclusivamente alla diversità e devono altresì lavorare per creare una cultura equa e inclusiva.
Mentre il mondo si muove per sviluppare ambienti di lavoro inclusivi con programmi di coaching focalizzati sulla diversità, anche la community globale del coaching è consapevole del lavoro di cui l’intero settore deve farsi carico. Così, in un report del 2021, i ricercatori Charmaine Roche, D&I Specialist, e Jonathan Passmore, SVP of Coaching di CoachHub, si dichiarano “a favore di una presa di coscienza nei confronti dei temi di razza e colore nel coaching”, qualcosa che considerano un prerequisito per avvicinare il movimento del coaching alla giustizia razziale e all’equità.
Nella loro agenda, Roche e Passmore chiedono alle organizzazioni che si occupano di coaching di sviluppare piani di azione D&I, ai fornitori di servizi di coaching di fornire formazione DEI (con riferimento specifico alla questione razziale) e ai coach di ampliare, tra le altre cose, la propria conoscenza dei temi relativi alla DEI e alla giustizia sociale.
Pratiche, obiettivi e motivi per investire in percorsi dedicati
Il coaching dedicato alle tematiche della diversità e dell’inclusione rappresenta un modo particolarmente efficace per stimolare la diffusione di una cultura più inclusiva negli ambienti di lavoro. I coach D&I possono aiutare le persone a sentirsi più a proprio agio in situazioni che riguardano l’identità e le diversità (come etnia, abilità o neurodiversità, per citarne alcune).
Questo tipo specifico di coaching è tipicamente condotto su base individuale e alcuni degli obiettivi definiti all’inizio del percorso sono esplicitamente collegati alle tematiche DEI. Analogamente al coaching tradizionale, il coaching in ottica D&I è un processo collaborativo tra coach e coachee. A differenza dei workshop una tantum o della formazione per grandi gruppi, si tratta di un processo in divenire e, proprio perché non si esaurisce in un’unica sessione, è più efficace nel produrre modifiche dei comportamenti durature nel tempo.
Si pensi, per esempio, a un coachee che vuole acquisire competenze per meglio supportare persone con neurodiversità sul posto di lavoro (come ADHD, autismo o sindrome di Tourette). Il coachee, sotto la guida del coach, può lavorare per migliorare i processi di selezione e onboarding: per esempio, prendendo in esame situazioni specifiche e relative soluzioni, come prevedere l’uso di auricolari con soppressione del rumore per rispondere a un bisogno fondamentale delle persone sensibili al rumore.
Inoltre, se integrato nello stile di management, il coaching è un valido supporto: un manager che si affida a questa pratica aumenta la propria consapevolezza rispetto all’esistenza di pregiudizi (anche inconsci) da parte delle persone ed è più attento a tutti quegli aspetti che ricadono nella sfera dell’intelligenza emotiva. Il che può trasformare un manager in un grande leader.
Diventare un leader o un’organizzazione inclusiva è un processo continuo. In generale, i coach D&I lavorano per creare spazi sicuri in cui i coachee possano non solo esplorare e scoprire i propri pregiudizi, le proprie identità e/o paure e riconoscere i propri punti di forza e talenti, ma anche promuovere un ambiente di lavoro più inclusivo in grado di accogliere persone diverse, dove la diversità è un concetto molto ampio che include identità, personalità, stile di vita, composizione familiare, ruolo sociale, pensiero.
Alessandro Verrini è VP of Sales S. EMEA, LATAM, MEA di CoachHub, la più grande realtà d’Europa specializzata nel coaching digitale. Oggi è responsabile dell’espansione della presenza di CoachHub in diverse regioni del mondo con l’obiettivo di democratizzare il coaching a qualsiasi livello di carriera. Appassionato di sviluppo delle persone, strategie di go-to-market ed execution, ha precedentemente guidato team commerciali su scala europea e globale per aziende come Linkedin, Veeva e Criteo.
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