Crollo demografico, la Francia batte l’Italia sulla natalità
Nello stesso giorno, due quotidiani mettono a confronto Italia e Francia rispetto al problema della natalità. Il Corriere della Sera lancia l’Sos: nel nostro Paese le nascite scendono al di sotto delle 400mila unità, mentre i decessi superano quota 700mila. L’Istat stima una perdita di 12 milioni di abitanti entro il 2065. In Italia si è ridotta la percentuale delle donne in età fertile, oggi sono meno del 39% del totale, e questo non garantirebbe l’equilibrio demografico nemmeno se il numero di figli per donna passasse dall’attuale 1,2 a 1,5.
Questi dati, sommati all’aumento della vita media, stimata in 93,5 anni entro la fine del secolo, prospettano un Paese più simile a una residenza per anziani che a un vivace territorio dove brulicano operose Piccole e medie imprese (PMI). Che, per inciso, con i loro lavoratori garantiscono la sopravvivenza del parco geriatrico che stiamo alimentando. C’è speranza? Ci potrebbe essere, se il nostro futuro Governo prendesse a cuore il problema con una logica sistemica e non proponendo disincentivi all’aborto come soluzione per incrementare la natalità.
Anche sul versante istruzione il Paese non eccelle. Accade che possano accedere alle più alte cariche dello Stato profili che non hanno completato un corso di studi. E cosa fa chi a scuola non ha studiato? Copia. Ecco, il consiglio per chi dovrà occuparsi di questo tema è copiare da chi sa vedere i problemi e li affronta, come la Francia, dove si è attuato un percorso di investimenti finanziari e sociali. E arrivo al secondo quotidiano, La Repubblica, che sul supplemento Affari&Finanza, titola: “La Francia torna a fare figli, merito dell’effetto pandemia”. Nel 2021, dopo un calo costante di nascite, i nuovi nati sono stati 742.100. Un aumento dello 0,9% rispetto all’anno precedente. Nello stesso anno le nascite registrate in Italia sono state 399.341, praticamente la metà. Oltralpe cresce il numero di donne che decide di avere un figlio anche se la maternità si posticipa dopo i 30 anni. Il ‘progetto maternità’ si sposta più in là, ma questo è un fenomeno che, considerando l’allungamento della vita media e lo sviluppo dei percorsi professionali, non è da considerarsi un male. Cosa c’è dietro i numeri francesi? Sostegni economici, sussidi incrementali nel caso di famiglie monogenitoriali e di quelle con almeno tre figli e una politica fiscale basata sul ‘quoziente familiare’.
Come tratteggia un’analisi pubblicata su Secondowelfare.it, le famiglie sanno di poter contare su un sostegno a lungo termine. In altre parole: si fidano dello Stato. E i numeri lo testimoniano: la Francia spende in servizi per famiglia e infanzia il 2,2% del Pil contro l’1% dell’Italia. Da questa percentuale emerge la differenza: 1,86 figli per donna in Francia contro 1,27 in Italia. Dietro a questi numeri si nasconde un lavoro femminile bistrattato al punto che si è coniato il termine shecession per indicare una recessione tinta di rosa. Ma il lavoro femminile andrebbe più tutelato per invertire la curva demografica: le donne sono più inclini ad abbracciare un progetto genitoriale se hanno sicurezze economiche.
Anche il Papa ha sottolineato come il lavoro sia la sfida del nostro tempo e non debba escludere nessuno. E, invece, il nostro mercato le donne le esclude eccome. Nel nostro Paese il part time è tutt’altro che volontario, con una percentuale del 66% di persone che lavorano metà del tempo senza averlo chiesto contro il 38% dei francesi. Tradotto, si lavora meno perché non c’è altra scelta. Secondo i dati dell’Istituto nazionale delle politiche pubbliche (Inapp) riportati dal Corriere della Sera, il 49,6% delle assunzioni di donne nel 2021 è a tempo parziale, contro il 26,6 degli uomini, e il 42% dei contratti part time di donne sono a termine. C’è un solo modo per invertire il trend: il prossimo Governo dovrà lavorare con una visione sistemica e cercare di assicurare la realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ma i 2.190 interventi finanziati con 4,7 miliardi dedicati a nidi, materne ed edilizia scolastica rischiano di non partire. Il Sole 24 Ore spiega che a causa di un decreto di cui si attende la registrazione potrebbero saltare le concessioni per l’avvio dei lavori. C’è una cosa che funziona perfettamente: la burocrazia. E non è un bel segnale.
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