Cultura dell’errore e feedback: perché il modello Netflix è vincente

Non è mai esistita, prima d’ora, un’azienda come Netflix. E non tanto perché ha rivoluzionato l’industria dello spettacolo, perché fattura miliardi di dollari o perché le sue produzioni sono viste da centinaia di milioni di persone in quasi 200 Paesi nel mondo. Quando Reed Hastings ha co-fondato l’azienda, che nel 1997 vendeva e noleggiava dvd per corrispondenza, ha sviluppato anche principi radicalmente nuovi.

Insieme con Erin Meyer (Professoressa alla Insead Business School e già autrice de La mappa delle culture, lo racconta nel libro L’unica regola è che non ci sono regole. Netflix e la cultura della reinvenzione (Garzanti, 2020). Nel colosso dei contenuti per l’intrattenimento, per esempio, gli stipendi tendono a essere sempre più alti dei concorrenti. E il personale non cerca di accontentare i capi. È questa cultura della libertà e della responsabilità – secondo il suo fondatore – che ha permesso a Netflix di crescere costantemente e di innovare fino a diventare la realtà oggi.

Il testo di Hastings descrive infatti la filosofia alla base del progetto, narrando storie inedite su tentativi, passi falsi ed errori compiuti. “Nell’era industriale lo scopo era ridurre al minimo la variazione, ma nelle aziende creative odierne è essenziale massimizzarla. In queste situazioni il rischio più grande non è commettere un errore o perdere uniformità, bensì non riuscire ad attirare i talenti migliori, a inventare nuovi prodotti o a cambiare rapidamente direzione quando l’ambiente si trasforma. Uniformità e ripetitività hanno maggiori probabilità di annientare il pensiero innovativo che non di portare profitti alla vostra azienda”, scrive Hastings. Il messaggio del libro, figlio della cultura statunitense delle startup, è chiaro: “Rischiate molto, imparate molto”.

Il potere del feedback e della responsabilità

Il volume, inoltre, spiega nel dettaglio come pensano i dipendenti e i manager, come sono selezionati i talenti migliori, che cosa accade a chi non performa adeguatamente, le enormi libertà e responsabilità di cui godono i dipendenti, il contesto di sincerità e di scambio continuo di feedback tra colleghi.

Uno degli aspetti più approfondito è, infatti, quello relativo alla funzione del feedback: Hastings dichiara apertamente che per creare un gruppo vincente e innovativo tutti devono ricevere continuamente messaggi per migliorare. A Netflix quindi, tutti sono liberi di esprimere il loro pensiero con colleghi e capi, a patto che il messaggio sia chiaro, pratico e sincero. “Dovete dimostrare al dipendente che non corre rischi nel fornirli, reagendo con gratitudine a ogni critica e fornendo segnali di appartenenza”, è il consiglio di Hastings.

Il testo contiene il parere di varie persone interne ed esterne all’azienda, e ogni strategia descritta è accompagnata da esempi pratici che riportano eventi accaduti, e di come si è reagito agli stessi. Gli argomenti principali sono tre: densità di talento, sincerità, libertà. A seconda del tema di cui si sta parlando, le persone intervistate da Meyer presentano il loro punto di vista, evidenziando come quel modo di pensare abbia influito sulla crescita esponenziale di Netflix.

Per chi legge dall’Italia, però, rimane il dubbio se questo state of mind sia completamente replicabile nelle nostre aziende: per comportarsi come Netflix bisognerebbe ripensare e ricostruire completamente il cuore delle organizzazioni e il correlato approccio sul lavoro. Siamo pronti per tutto questo?

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Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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