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Da Ovest a Est, con la Brexit l’esodo inverte la rotta

Andai a Londra per la prima volta a metà degli Anni 70 e mi colpì l’atmosfera carica di anticonformismo che faceva da contraltare all’aspetto imperiale di una città sprizzante benessere e potenza. Ma rimasi pure incuriosito dalle vetrine delle agenzie del lavoro tappezzate da centinaia di annunci.

Per me, giovane neofita delle Risorse Umane, rassegnato a combattere una battaglia quotidiana con le procedure antistoriche dei nostri uffici di collocamento, ancor fermi ai ‘tesserini rosa’ era come trovarmi in un altro mondo! La metropoli usciva dal suo secolare isolamento per trasformarsi in capitale mondiale della musica, della moda, della Pop art e, soprattutto, dei petrodollari che i ricchi emiri investivano in uno scoppiettante mercato immobiliare: ormai era un faro, per noi semplici provinciali che accorrevamo a sciacquare i panni nel Tamigi con la segreta speranza di diventare cittadini del mondo.

Assistemmo, a partire da quegli anni, a numerose manifestazioni di questa grandezza: c’era solo da inchinarsi davanti a una nazione e ai suoi modelli di democrazia e di società multietnica inarrivabili, almeno per noi.

Generazioni di ragazzi si sono cimentati con alterna fortuna a studiare nella nuova Terra Promessa una lingua ostica, sovente imparata male, ma nel pieno rispetto dell’autentico stile british, bevute al pub incluse. Lo shopping di fine settimana in Regent Street o da Harrods ha tracciato la nuova frontiera dello status symbol. Chi poi se lo poteva permettere non ha certo badato a spese per acquistare casa nel cuore della swinging London con l’evidente proposito di tenersi il più lontano possibile dalle magagne di un’Italia attaccabrighe e pasticciona.

Dirigenti e capi ufficio di multinazionali o di modeste aziende, rinominati in fretta e furia Vice President o Manager, hanno fatto la fortuna di tante compagnie aeree sulla tratta Milano-Londra. Poco importava che la maggior parte delle riunioni si tenesse in un hotel di periferia o nelle glaciali sale conferenze di Heathrow, ma era di tendenza rientrare a casa dopo mezzanotte al termine di una giornata durissima trascorsa nel cuore del mondo che conta.

Emirati e Singapore sono le nuove frontiere

Di dimensioni epocali è stata la migrazione di banche e aziende che, per inseguire il sogno della Finanza globale, hanno eletto la City a loro nuova patria, trasferendovi le più qualificate risorse e i migliori cervelli dalle sedi continentali ormai penalizzate al rango di periferia.

Una prospettiva di lavoro a Londra, per anni, ha rappresentato un propellente eccezionale per motivare e incentivare i migliori talenti delle nostre aziende, come possono testimoniare centinaia di ‘expat’ che nel tempo hanno saputo costruire formidabili percorsi di carriera.

Eppure, in un mondo costellato di Soloni, ben poche Cassandre sono state abili a intercettare le prime note stonate, un mix di inquietudine e mai sopita vocazione secolare all’isolazionismo che, nel giugno 2016, apparentemente per dispetto, ha trasformato questi segnali in una valanga dirompente, dal nome tagliente come una mannaia: Brexit. Il resto è storia di questi giorni.

Sono sotto gli occhi di tutti le parodie divenute virali di Primi Ministri e di quello che era un tempo il Parliament più solenne del mondo, condite da stravaganze che hanno trasformato in una maionese impazzita decisioni a dir poco schizofreniche. “Sì”, “no”, “forse”… a volte nell’arco della stessa giornata. E il resto del mondo che partecipa a questo gioco perverso come in un immenso reality show in cui far prevalere leave o stay.

È il segno dei tempi: politica, potere ed economia intrecciati in una dimensione liquida al di fuori degli schemi che la storia aveva loro assegnato da tempo. Povera vecchia, perfida Albione: tutto ora gira in senso opposto. In questo veloce giro di valzer il pendolo si sposta sempre più a Est: Emirati, Singapore, nuove frontiere così lontane dal nostro caro, Vecchio continente permanentemente sfibrato da sterili discussioni con i sudditi di Sua Maestà.

Oramai l’esodo è ripartito, ma in senso contrario, anche se ben pochi talenti, tra coloro che a suo tempo fecero le valigie, sceglieranno di riabbracciare il nostro Paese: l’ennesima dimostrazione di incapacità nel non saper cogliere una tale occasione per ritornare su un palcoscenico internazionale che non riusciamo più meritare. Bye bye London!

Brexit, Londra, spostamento del mercato a Est, scenari macroeconomici


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Antonio Rinetti

Ex Direttore del Personale di un importante istituto bancario e attualmente Consulente HR.


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