Pari opportunità

Dare alle diversità uguali opportunità

Le donne sono diverse dagli uomini e vivono su Pianeti diversi, ognuno dei quali gira sul proprio asse. Lo racconta la scrittrice Alba de Céspedes nel bellissimo romanzo Dalla parte di lei, dove descrive la condizione femminile negli anni anteguerra, non del tutto superata, almeno per quanto concerne alcune posizioni concettuali e comportamenti. Anche oggi il modello maschile rimane quello di riferimento per cui, specialmente nel lavoro, molte donne tendono a imitare i maschi.

Tra maschi e femmine c’è una sostanziale differenza quali-quantitativa nel quadro ormonale. Nei maschi prevale il testosterone che stimola aggressività, combattività e reazioni impulsive. Molte donne si sono indignate di fronte alla presunta dichiarazione dello storico Alessandro Barbero che, come riportava il titolo di un articolo, sembrava indicare difficoltà di progressione delle carriere legate a differenze strutturali. Se avessero reagito in modo più femminile, e cioè evitando reazioni di getto – magari anche leggendo l’articolo per intero e non solo il titolo – avrebbero evitato di gridare allo scandalo. Le differenze vanno valorizzate e averne maggiore consapevolezza può aiutare le donne a superarne alcune che, nella competitiva dimensione lavorativa, possono rappresentare uno svantaggio.

È vero che essere eccessivamente accudenti può spingere qualcuno ad approfittarne; è vero che atavici sensi di colpa ed eccesso di perfezionismo possono rappresentare uno svantaggio. Per questo gli uomini si candidano per una posizione anche senza possedere tutti i requisiti previsti, mentre le donne lo fanno con meno spavalderia. Sono anche più bravi a negoziare il loro salario, mentre le donne sono già gratificate dall’avere un riconoscimento. Sempre considerando le differenze strutturali, la caccia, per esempio, sin dalla Preistoria, si configura come un’attività prettamente maschile, favorita da muscoli più sviluppati. Certo, ora che non si caccia più inforcando la clava, ma picchiettando su una tastiera, certe qualità innate diventano meno determinanti. Se prima cacciava solo l’uomo ora può farlo anche la donna. Forse anche meglio, visto che studia di più e con migliori risultati.

La consapevolezza per riequilibrare le storture

Il punto è che le differenze ci sono ed è pericoloso cercare di annullarle: averne consapevolezza aiuta a riequilibrare alcune storture. E la diversità, che ora tutti i manuali di management ci dicono che è la salvezza, deve rappresentare una fonte di arricchimento. Lo racconta molto bene anche Pier Luigi Celli nel libro Lezioni per imprese nostalgiche del futuro, che ESTE ha da poco pubblicato citando la legge di Ashby: “Solo la varietà può venire a capo della varietà”.

L’obiettivo non è riconoscere tutti annullando maschile e femminile con una vocale neutra, violentando in modo insopportabile la nostra lingua. Il problema è far sì che alle diversità siano date uguali opportunità, coltivando le potenzialità di ciascun genere secondo le differenze innate. E leggendo le pagine di De Céspedes, risulta chiaro che secoli di patriarcato non si cancellano con un tweet.

Il romanzo descrive un modello sociale che presuppone una totale cancellazione delle aspirazioni femminili. Il ruolo delle donne è ben confinato all’accudimento, qualsiasi aspirazione a uscire dalla gabbia del ruolo viene mal tollerato. Coltivare un sogno, una passione può portare alla rovina, cosa che accade alle protagoniste del romanzo. De Céspedes descrive con una magistrale potenza introspettiva la modalità con la quale il sistema sociale costruiva i destini delle donne e ne confinava i sogni con un’operazione di riduzione delle aspirazioni tanto da portarle ad annullarsi.

Alla morte della madre, la giovane Alessandra è mandata dalla nonna in Abruzzo, ma l’ambiente rurale, arretrato, ostile ai cambiamenti acuirà il suo desiderio di lasciare che siano sentimenti, passioni e aspirazioni a guidare le sue scelte. Il prezzo per sfuggire a un destino fatto di sentimenti da reprimere, colori spenti, cucine grigie, fatiche che rubavano la giovinezza era molto alto. Siamo ancora lontani dalla parità di genere e il prezzo che chiediamo oggi alle donne è reprimere il desiderio di diventare madri. Per questo mi chiedo se, al di là dei facili proclami, dalla parte delle donne ci sia davvero qualcuno.

gender gap, lavoro femminile, Pier Luigi Celli, Alessandro Barbero, Alba de Céspedes


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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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