Dati, informazioni e know how: progettare con la conoscenza
Il know how, i marchi, le licenze, i diritti d’autore, le relazioni con la clientela, sono esempi di beni intangibili posseduti dalle aziende. L’insieme di tali beni rappresenta la conoscenza. Per definirla a livello più alto, però, è necessario innanzitutto distinguerla dal dato e dall’informazione.
Secondo l’esperto di Strategic management Max H. Boisot (1998), i dati sono definibili come attributi di oggetti e descrizione di stati fisici. La loro importanza è dovuta al fatto di essere la base per la creazione dell’informazione, ma non danno alcun tipo di giudizio o interpretazione della realtà: un esempio di dato è 40 gradi’.
L’informazione ha invece un significato, fornisce un’idea a colui che la riceve. I dati si trasformano in informazione nel momento in cui chi li crea fornisce un significato. Ciò può avvenire in diversi modi:
- contestualizzazione: il dato si integra con il fine per cui è raccolto;
- categorizzazione: si integrano i dati con le loro unità di analisi o le loro componenti chiave;
- calcolo: si integra l’analisi statistica o matematica dei dati;
- correzione: si effettua la rimozione degli errori dai dati;
- condensazione: si aggiungono dati secondo opportuni criteri riassuntivi.
L’informazione, per esempio, ci dice che il dato 40 gradi esprime la temperatura di un paese del Sud Italia in estate. La conoscenza è infine concepibile come un’entità più ampia, più profonda e più ricca dell’informazione. La conoscenza, nel caso riportato, ci dice che con 40°C fa molto caldo ed è necessario bere molta acqua.
Secondo il professore Thomas H. Davenport e il ricercatore Laurence Prusak (1998), la conoscenza è “una miscela fluida di esperienza raccolta, di giudizi di valore, di informazione contestualizzata e di visione di esperti, che costituisce un modello per valutare e incorporare nuove esperienze e informazioni.
Essa trae origine e risiede nella mente degli individui, soggetti del conoscere”. Altri studiosi affermano che la conoscenza è “l’informazione posseduta nella mente degli individui (la quale può essere nuova o meno, unica, utilizzabile o accurata) legata a fatti, procedure, concetti, interpretazioni, idee, osservazioni e giudizi” (Alavi e Leidner, 2001).
L’informazione è convertita in conoscenza, quando questa è processata nella mente degli individui; di contro questa diventa informazione quando è presentata in forma testuale, grafica, parlata o in altre forme simboliche. Gestire le conoscenze vuol dire preoccuparsi di garantire che queste siano disponibili nella forma, al destinatario, al momento e al costo giusti. Esistono diversi tipi di conoscenza e allo stesso tempo esistono anche modi diversi di gestire la conoscenza.
L’importanza del know how aziendale
Uno dei punti di forza delle imprese italiane è senza ombra di dubbio l’enorme bagaglio di conoscenze accumulate negli ultimi decenni. Disperdere tale patrimonio vorrebbe dire perdere un grande vantaggio strategico rispetto alla capacità produttiva dei Paesi emergenti.
Le tecniche di gestione della conoscenza in ambito aziendale possono rappresentare un valido strumento attraverso il quale consolidare e rinvigorire tale patrimonio: tali tecniche possono fornire metodologie e strumenti per realizzare applicazioni informatiche in grado di assistere l’esperto umano nel fare presto e bene attività fondamentali per la vita dell’impresa industriale quali lo sviluppo di nuovi prodotti.
In tale ambito si può definire conoscenza l’insieme dei contenuti e dei processi cognitivi necessari per dar vita a una soluzione che soddisfi determinati requisiti iniziali. La conoscenza necessaria a sviluppare un nuovo prodotto può essere di diversa natura:
- conoscenza generalista (comprendere e interpretare documenti, saper comunicare, ecc.);
- conoscenza di base tecnico-scientifica;
- know how aziendale.
I primi due livelli di conoscenza riguardano la sfera personale, mentre il terzo quella dell’impresa. Far confluire anche tale ultimo livello nella sfera individuale è un’operazione che generalmente necessita di molto tempo e si rende possibile grazie alle mansioni che un lavoratore svolge nell’ambito della propria attività. Un secondo approccio, invece, vede la conoscenza slegata dal soggetto che la detiene.
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