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Davvero dobbiamo tornare a lavorare solo in ufficio?

Dopo oltre due anni di lavoro da remoto (quasi sempre da casa) e dopo aver visto, mese dopo mese, i piani di ritorno in ufficio essere continuamente rimandati a causa delle nuove varianti di Covid-19, un numero crescente di aziende è ora desideroso di riportare le persone in ufficio. Secondo una recente ricerca di Microsoft, che ha intervistato oltre 31mila lavoratori in tutto il mondo tra gennaio e febbraio 2022, circa il 50% delle imprese, quando non l’ha già fatto, prevede di richiedere ai collaboratori di tornare in presenza a tempo pieno nel corso del 2023.

La decisione della metà del campione, però, risulta essere in netto contrasto con ciò che le persone vogliono davvero: la flessibilità. Il 52% degli intervistati vorrebbe, infatti, lavorare in modalità ibrida. Le aziende che spingono per un pieno ritorno in ufficio potrebbero quindi pagare gravi conseguenze per la scelta di richiamare tutti in ufficio se non tengono conto delle volontà del personale. In che modo, dunque, si può superare la tensione e impostare un piano che funzioni per tutti?

Per prima cosa, si dovrebbero stabilire strategie chiare e dettagliate da condividere anche con i lavoratori, spiegando perché dovrebbero tornare a lavorare in azienda. La ricerca del colosso di Redmond lo conferma: il 38% di chi ha lavorato in modo ibrido ha affermato che è stato difficile, negli ultimi mesi, sapere quando e perché avrebbe dovuto recarsi in ufficio, poiché solo il 28% dei responsabili ha definito in modo chiaro tempi e modalità di rientro. Ma le aziende devono soprattutto pensare a che cosa, esattamente, vogliono ottenere riportando le persone in presenza ed essere trasparenti con i propri collaboratori.

Una volta chiarito questo aspetto, serve concentrare l’attenzione sul ruolo dell’ufficio che deve essere attrattivo. Se i leader indicano, come vantaggi del lavoro in presenza, la condivisione, con più facilità, della cultura aziendale e la possibilità di collaborare senza barriere digitali, allora l’ufficio deve essere ripensato per dare seguito a questa strategia: modificare gli spazi (dalle sale meeting agli open space, fino alla creazione di spazi esterni) potrebbe avere un impatto positivo e convincere anche i più refrattari all’idea di lasciare il Remote working.

Ai manager il ruolo di mediare tra Top management e lavoratori

Il successo (o il fallimento) del piano di rientro in ufficio di un’azienda è nelle mani dei manager, che devono contribuire progettando il lavoro in base alle esigenze dei lavoratori. Future Forum, il consorzio di Slack che si occupa di fare ricerca, ha intervistato circa 11mila persone in vari Paesi a novembre 2021 e ha scoperto che il 42% dei dirigenti lavora dall’ufficio tre o quattro giorni alla settimana rispetto al 30% di chi non ha un ruolo dirigenziale. Inoltre, il 44% dei manager che lavora da remoto ha affermato che preferirebbe essere in presenza ogni giorno, mentre solo il 17% dei collaboratori ha detto lo stesso.

I responsabili sono quindi al lavoro per bilanciare i desideri dei due estremi: da una parte i vertici aziendali e dall’altra i lavoratori. Secondo la metà dei manager coinvolti nello studio di Microsoft, gli imprenditori non sono in contatto con i dipendenti, e il 74% afferma di non avere l’influenza o le risorse per attuare il cambiamento chiesto al proprio team. Eppure sono i manager la vera chiave perché le aziende possano mettere in atto politiche di lavoro efficaci, proprio perché conoscendo la strategia aziendale possono orientarla quanto meno riportando ai capi le esigenze dei lavoratori.

Anche perché più degli uffici che rischiano di restare vuoti, c’è lo spettro della Grean resignation, quel fenomeno nato proprio in Usa durante la pandemia e che registra l’incremento di dimissioni volontarie. E in particolare a essere colpite sono proprio le aziende che si rifiutano di ascoltare le persone. Quindi, se si vuole pianificare il rientro nelle sedi di lavoro, sarà meglio non dimenticare i bisogni dei collaboratori.

Smart working, manager, lavoro ibrido, strategia aziendale


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Cecilia Cantadore

Giornalista professionista, Cecilia Cantadore ama raccontare storie di persone e imprese. Dopo la laurea magistrale in Culture e Linguaggi per la Comunicazione all’Università degli Studi di Milano è entrata nel mondo dell’editoria B2B e della stampa tecnica e professionale lavorando per riviste specializzate. Scrive di cultura aziendale, tecnologia, business e innovazione, declinando questi macro temi per le diverse testate cartacee e online con cui collabora come freelance. Dedica il suo tempo libero alla musica, ai viaggi e alle camminate in montagna.

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