Dispositivi indossabili in sanità tra potenzialità e rischi
Le App wearable sono funzionali a uno stile di vita sano, ma queste tecnologie generano una grande mole di dati.
Stili di vita sani e responsabili stanno diventando una componente importante della vita moderna. Essi comprendono l’esercizio fisico, la gestione dello stress, il mantenimento di una dieta equilibrata e di una buona qualità del sonno. Negli ultimi anni è stato dimostrato come le tecnologie per il mobile Health (mHealth), tra cui i dispositivi indossabili per il tracciamento dell’attività fisica e il monitoraggio biometrico (cosiddetti wearable), abbiano un impatto positivo sul mantenimento di un corretto stile di vita.
In ambito sanitario, queste tecnologie vengono utilizzate per molteplici scopi, per esempio per monitorare da remoto soggetti fragili o patologici, o per raccogliere dati durante le sperimentazioni cliniche di nuovi farmaci. I dispositivi personali e le Applicazioni mobile che consentono l’automonitoraggio pervasivo di vari parametri e aspetti della vita stanno diventando sempre più popolari: si prevede che nel 2022 saranno venduti più di 190 milioni di dispositivi indossabili (Richter, 2018), la maggior parte dei quali sono riconducibili a smartwatch e altri dispositivi da polso.
La crescita del mercato globale delle Applicazioni di fitness dal 2019 al 2024 dovrebbe raggiungere 1,68 miliardi di dollari (Technavio, 2020), mentre il mercato dei dispositivi indossabili dovrebbe crescere a un tasso annuo medio dell’11,3%, fino a raggiungere 63 miliardi di dollari entro il 2025 (Meticulous research, 2019).
Il Quantified self (Qs), di cui le tecnologie wearable rappresentano un abilitatore, è considerato uno dei maggiori trend in ambito di Big data (Shin e Biocca, 2017). Il Qs si riferisce, all’interno dell’industria della sanità digitale, all’impiego di qualsiasi tipo di informazione biologica, fisica, comportamentale o ambientale, sia da singoli individui sia da gruppi di persone, per il miglioramento della consapevolezza di sé e delle prestazioni umane.
Una risorsa, ma anche un problema
I dispositivi indossabili hanno il potenziale di generare grandi set di dati grazie alla ricchezza di sensori che essi includono e all’elevata frequenza di campionamento dei fattori fisiologici. Le informazioni provenienti da questi dispositivi potrebbero essere aggregate su scala globale e rese disponibili al pubblico per diversi scopi, per esempio nel supporto alla ricerca scientifica.
I dati generati dai wearable hanno però anche un notevole valore commerciale all’interno di molti settori. In quello delle assicurazioni, per esempio, essi possono essere utilizzati per la personalizzazione delle polizze contro il rischio di morte di una persona, in funzione del suo stile di vita (Olson, 2014). Se l’uso di dati sanitari, ottenuti da sensori indossabili, sia equo e utilitaristico o eccessivamente invadente, oppure, in ultima analisi, dannoso per la società, deve ancora essere determinato nella letteratura scientifica di settore (Schukat et al., 2016). In questo contesto, gli individui dovrebbero essere aggiornati e messi nelle condizioni di agire, dando loro la possibilità di controllare le informazioni che generano.
In un sondaggio effettuato dal National cancer institute del Maryland (Atienza et al., 2015) è stato scoperto che il punto di vista dei partecipanti sulla loro privacy e sicurezza dipendeva dal tipo di informazioni che venivano trasmesse, dallo scopo della trasmissione, da chi, dove e quando vi accedeva.
È stato dimostrato che le persone sono disposte a rinunciare ad alcuni aspetti di privacy e sicurezza se ci sono benefici derivanti dalla condivisione di dati che riguardano se stessi. L’equilibrio tra rischi e benefici, attraverso la prospettiva dell’obiettivo pubblico, sarà probabilmente al centro di molti futuri sviluppi commerciali, legislativi e normativi in questo settore.
I dispositivi medici collegati alla Rete, le tecnologie di mHealth e i servizi cloud sono un’arma a doppio taglio: hanno il potenziale per svolgere un ruolo di trasformazione nell’assistenza sanitaria, ma possono anche essere un veicolo per esporre pazienti e strutture sanitarie a rischi di cybersecurity. Tali rischi includono l’intercettazione e l’esfiltrazione malevola di dati sensibili.
*Gli autori dell’articolo sono Claudio Pascarelli, Mario Angelelli, Mattia Colucci, Assegnisti di Ricerca presso l’Università del Salento
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