Donna e leader in un mondo di maschi: l’eredità di Anna Majani
Anna Majani si è spenta a fine febbraio 2021 a 85 anni, colpita dalle complicazioni del Covid-19. Il suo cognome richiama subito alla mente il profumo e il gusto inconfondibile dell’omonima cioccolata. L’imprenditrice era alla guida dell’azienda di famiglia che ha visto il succedersi di ben sette generazioni, caso unico in Italia.
Majani è, infatti, la più antica cioccolateria esistente: nata nel 1796 da una bottega in pieno centro a Bologna, negli anni è cresciuta sino a occupare il grande stabilimento attuale di Crespellano. Il padre di Anna sognava per l’unica figlia, femmina, un avvenire dolcissimo. Ma, come lei stessa amava ripetere, non era scontato che la giovane fosse all’altezza del compito, tanto più che, prima di allora, mai nessuna donna aveva guidato l’impresa. Eppure, Majani entrò in azienda giovanissima, appena 18enne e già mamma da due anni. Dotata di una memoria prodigiosa, tutti le riconoscevano doti straordinarie, ma partì dalla gavetta: iniziò come semplice segretaria.
La cifra caratteristica di quella che i dipendenti chiamavano semplicemente “la Signorina” era senz’altro il fatto di saper unire le doti manageriali, particolarmente spiccate nel ramo delle pubbliche relazioni, alle sue passioni. Sin da bambina le fu permesso di studiare pianoforte, di frequentare teatri, mostre, concerti, e di viaggiare. Questo interesse per l’arte e la cultura non la indusse mai a cambiare strada: lo coltivò da appassionata, da mecenate, ricoprendo anche ruoli di prestigio nei Consigli di amministrazione di teatri e fondazioni, ma nulla tolse mai al suo impegno in azienda. Anzi, l’amore per il bello influenzò profondamente il suo stile manageriale.
La vittoria della Signorina nel mondo maschile
La storia dell’azienda Majani attraversa quattro secoli: Napoleone, due guerre mondiali, la crisi. A caratterizzarla è sempre stato il famoso cremino Fiat, il primo a quattro strati. Nacque nel 1911: il bisnonno Aldo Majani vinse un concorso lanciato dalla famiglia Agnelli per pubblicizzare la Fiat Tipo 4, e sbaragliò la concorrenza di una serie di maestri cioccolatieri torinesi ben più noti e rinomati. Il Senatore Giovanni Agnelli siglò con lui l’accordo per la produzione dei cremini con mandorla e nocciola.
D’Annunzio, Marconi, Carducci e diversi sovrani europei ne divennero grandi estimatori e così il cremino Fiat finì per essere commercializzato sul mercato. La Famiglia Agnelli, a quel punto, intraprese una battaglia legale per l’utilizzo del marchio, ma ne uscì sconfitta. Anna amava raccontare di quando, in occasione di una cena a Bologna, l’Avvocato le ricordò e riconobbe questa sua vittoria: in un ambiente prevalentemente maschile, la Signorina aveva sconfitto un gigante e molti pregiudizi.
Anna confessò più volte di avere percepito ampiamente su di sé lo stigma del pregiudizio: figlia del Presidente e donna, quando, da semplice segretaria, fu chiamata ad affiancare il padre nella gestione del marchio (cosa che, a motivo dei suoi studi, le riusciva benissimo) subì più volte commenti malevoli. In nome della responsabilità che percepiva su di sé, non cedette mai allo sconforto, ma, anzi, si impegnò sempre di più nella gestione dell’azienda.
Chi l’ha conosciuta la dipinge come estremamente determinata, con una fortissima indipendenza di visione e un gusto molto raffinato, tutte doti che ha saputo trasmettere al suo lavoro, sfidando ogni riserva sulla sua persona. I collaboratori le hanno sempre riconosciuto di non essere la classica ‘donna manager’ su modello forzatamente maschile, ma di avere guidato gli affari di famiglia con uno sguardo del tutto femminile e peculiare, senza mai vacillare sotto il peso delle critiche e delle responsabilità. Di lei hanno parlato così, nei giorni della sua scomparsa, sui social diversi collaboratori e anche alcuni amici personali. Per esempio l’ex Segretario Generale della Cgil e ex Sindaco di Bologna Sergio Cofferati, che ha detto: “Era una donna con un’idea bella di come si fa azienda: con il rispetto per chi lavora per te e il rispetto del cliente”.
Le doti manageriali coltivate in famiglia
A parlare della sua leadership sono i tanti episodi gestiti nel ruolo di imprenditrice, spesso mutuati dagli insegnamenti e dagli esempi ricevuti in famiglia. Nel Secondo Dopoguerra Majani attraversò una prima crisi: l’impossibilità di reperire materie prime convinse il management a riconvertire la produzione in caramelle di carruba. In quegli anni, il padre di Anna ospitò in fabbrica gli operai sfollati.
La stessa ostinazione e determinazione Anna la applicò, ricordando proprio l’operato paterno, una prima volta negli Anni 70, quando i Majani scesero in minoranza nella compagine azionaria. Ancora un volta la Signorina scongiurò il pericolo, riprendendo il controllo dell’azienda nel 1985, sostenuta dal figlio Francesco, analista finanziario, che porta anche il cognome materno, per tenere viva la tradizione di famiglia. Poco tempo dopo, nel 1991, il fatturato aziendale aumentò in maniera esponenziale, grazie anche alle competenze del figlio, che ora dirige l’azienda, ma soprattutto della perseveranza di Anna nell’ottenere il prestito per andare avanti, rischiando persino le proprietà storiche della famiglia.
La Signorina ha rappresentato un modo di essere imprenditori illuminato e colto: sostenitrice di una visione artigianale e familiare dell’azienda, il suo amore per il bello e per le arti hanno fatto sì che, ancora oggi, nonostante le dimensioni dell’impresa, ogni uovo di Pasqua venga decorato a mano.
Il turnover dei lavoratori è bassissimo: il livello di engagement è quasi unico. Il motivo? “Perché come lo facciamo noi, il cioccolato, non lo fa più nessuno”, era la risposta di Anna, che ha saputo mantenere il suo sguardo femminile come caratteristica peculiare della sua leadership, anche in un mondo prevalentemente maschile.
Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.
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