maternità

Donne, 10 anni di tempo per giocarsi la carriera

Il fattore tempo gioca un ruolo di primaria importanza nel determinare le sorti della carriera lavorativa delle donne. Secondo un recente studio, realizzato per conto di LinkedIn dalla società di ricerca inglese Censuswide, è più probabile che una donna riesca a raggiungere una posizione lavorativa apicale nei primi 10 anni della sua vita lavorativa, perché passata questa soglia, le possibilità di un avanzamento di ruolo tendono a precipitare drasticamente.

A influire su questo scenario, come si legge in un articolo pubblicato sul sito della Bbc, è il fatto che le donne, a differenza degli uomini, accelerino molto la loro crescita professionale nella fase iniziale della loro carriera per poi, una volta diventate madri, rimodulare i loro ritmi per farsi carico della maggior parte degli impegni legati alla gestione dei figli. Nello specifico la necessità di assicurarsi una pausa per dedicarsi alla famiglia senza dover affrontare problemi di natura finanziaria, fa sì che spesso lascino momentaneamente la carriera quando ricoprono un ruolo stabile economicamente, ma ancora non rilevante in termini di ruolo rivestito.

Maternità e discriminazione nella valutazione delle competenze

L’impatto negativo della maternità continua inoltre a far sentire i suoi effetti in modo rilevante persino anche quando le donne rientrano a lavoro dopo aver avuto figli. Sono infatti ancora molto radicati tutti quei pregiudizi secondo cui le neo-mamme non possano conciliare in modo efficace vita lavorativa e privata. Secondo lo studio chi ha un bambino riceve delle valutazioni delle competenze che sono, in media, del 10% inferiori rispetto alle colleghe senza figli, con conseguente discriminazione nei salti di carriera. Diametralmente opposta è la situazione degli uomini: il 26% è promosso in una mansione di livello più alto nei cinque anni successivi alla paternità; e la possibilità di promozione nello stesso periodo di tempo si attesta invece al 13%.

“In generale c’è ancora il pregiudizio che le madri siano meno competenti e meno affidabili sul lavoro”, ha spiegato sul sito della Bbc Christine Spadafor, docente di Leadership Strategica presso la Tuck School of Business del Dartmouth College negli Usa. “Questi pregiudizi  si insinuano nelle valutazioni delle prestazioni lavorative e penalizzano gravemente le donne”. Tutto ciò rende le donne più propense, rispetto a gli uomini, a scegliere posizioni lavorative part time: nel Regno Unito, per esempio, solo il 27,8% delle donne lavora a tempo pieno tre anni dopo la nascita del primo figlio, rispetto al 90% degli uomini.

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