Dopo il Covid arriva il tassa-day
Il 16 settembre è il primo di 15 giorni in cui ricorrono 270 scadenze fiscali. Ma il vero problema sono le regole incerte.
È il giorno nero delle tasse per le imprese. Tra i versamenti dei mesi scorsi slittati a causa dell’emergenza legata al Coronavirus e le scadenze naturali previste per le ultime settimane di settembre, il 16 settembre 2020 si contano 187 versamenti richiesti dal Fisco ai contribuenti, oltre alla presentazione di due comunicazioni e tre adempimenti.
Nelle ultime due settimane di settembre, si arriva a un totale di 270 appuntamenti con le casse dello Stato. E proprio il 16 settembre è la prima giornata campale, in cui si sommano 192 scadenze, di cui 13 posticipi di pagamento dovuti agli slittamenti decisi durante l’emergenza sanitaria con il decreto Cura Italia e con il decreto Liquidità.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, che ha calcolato il carico della maratona fiscale appena iniziata, a pesare in questo redde rationem di fine estate sono soprattutto l’Iva, i contributi previdenziali, l’Ires, l’Irap e il saldo o acconto Irpef. Sebbene i contribuenti non siano chiamati a onorarle subito tutte e 192, il groviglio di scadenze concentrate nella giornata del 16 settembre mette a dura prova la tenuta finanziaria di tantissime imprese, soprattutto di piccola dimensione. La quota da versare è, infatti, impegnativa.
“L’emergenza sanitaria e la sospensione dell’attività hanno aggravato una situazione già critica per molte imprese. Il mio suggerimento è sempre stato di pagare alle scadenze originarie, laddove le imprese riuscivano a farvi fronte, per non ritrovarsi oggi a dover decidere cosa pagare, ammesso che possano pagare. Molte attività hanno riaperto, ma non è detto che si siano riprese”, sottolinea Federica Balbo, commercialista e già Presidente dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino. “Settembre è un mese fitto di adempimenti, sia per via dei versamenti che incidono sulle tasche di tutti i contribuenti sia perché le imprese sono sommerse da comunicazioni di liquidazioni periodiche”.
Alle scadenze ordinarie si sommano i pagamenti dei mesi di lockdown
Per esempio, il 16 settembre scade quella relativa al secondo trimestre 2020, e il 7 settembre è scaduto il termine per la liquidazione del bonus sanificazione per l’acquisto dei dispositivi di protezione di cui le imprese si sono dotate per tutelare la salute dei dipendenti. “Non sono solo i versamenti a pesare, ma anche tutta questa mole di adempimenti. Andando a cumulare più versamenti, la situazione diventa drammatica per chi non ha potuto incassare per due o tre mesi e per quei settori in cui la ripresa non è stata immediata”.
Entro fine mese, le imprese devono far fronte ai pagamenti di marzo, aprile, maggio e giugno, a cui serve sommare i versamenti ordinari in scadenza alla metà di settembre 2020, ovvero l’Iva relativa al mese agosto e le ritenute per i dipendenti relative allo stesso mese. Per quanto riguarda le 13 scadenze sospese causa pandemia, il decreto Agosto ha, in realtà, previsto un’ulteriore proroga parziale: il 50% del dovuto si può versare in un’unica soluzione entro il 16 settembre o in quattro rate mensili di pari importo (di cui la prima sempre al 16 settembre); il restante 50% si può rateizzare al massimo in 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata il 16 gennaio 2021.
“Per alcuni lo slittamento, prima previsto per maggio e poi portato a settembre, è stato una boccata d’ossigeno, ma nella maggior parte dei casi ha portato a cumulare somme ingenti”, continua la commercialista. “Se sommiamo gli avvisi bonari inviati dall’Agenzia delle Entrate, le imposte ordinarie che scadevano il 16 settembre e quelle dovute per i mesi di marzo, aprile e maggio, il carico diventa pesante”.
Basta guardare lo scadenziario fiscale pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate: il mese di settembre è un susseguirsi di appuntamenti con il Fisco, tra versamenti, comunicazioni, dichiarazioni, ravvedimenti, richieste, domande e istanze. “Il grosso è ordinaria amministrazione della burocrazia e della fiscalità italiana”, ricorda Balbo, “ma in questi mesi gli adempimenti sono aumentati in conseguenza dei diversi bonus: il bonus da 600 euro, il contributo a fondo perduto, il bonus affitti, il bonus sanificazione”.
Pesa l’incertezza normativa su decontribuzioni e bonus
Un’ennesima prova di fedeltà fiscale, secondo molto imprenditori, stanchi di anni di promesse di semplificazione e riduzione della pressione fiscale. Che, nel frattempo, è aumentata di 11 punti percentuali negli ultimi 40 anni: dal 31,4% del 1980 al 42,4% fatto registrare nel 2019. Le voci più pesanti? “Iva e contributi”, dice Giuseppe Gattino, CEO di Vega Internationals Tools, azienda del Torinese specializzata in soluzioni integrate per macchine utensili. “Anche se per i contributi ci attendiamo la decontribuzione parziale, non avendo richiesto la Cassa integrazione (che per noi è il Fis) per gli ultimi quattro mesi del 2020”. La rateizzazione, secondo Gattino, è stata un aiuto importante, “perché ha ridotto la pressione contributiva e fiscale aiutando la liquidità delle aziende. Ogni azienda è poi libera di scegliere la rateizzazione più conveniente in base alla propria situazione finanziaria”.
L’azienda di Santena non teme, però, la concentrazione di appuntamenti con il Fisco. “In questo momento non c’è un problema di stangata: la moratoria sui prestiti è stata ulteriormente prolungata, quindi il periodo a cavallo tra settembre e ottobre non presenta nemmeno il problema del rientro dei prestiti che il primo decreto Covid aveva sospeso. La rateizzazione dei contributi sospesi, come dicevo, riduce anche il peso di fatto, finanziando a tasso zero le aziende. Se a tutto ciò aggiungiamo la liquidità messa a disposizione dal sistema bancario, è evidente che in questa fase non c’è un problema di affaticamento finanziario”.
Il problema, secondo il CEO di Vega Internationals Tools, non è il numero di adempimenti – se ne contano 270 in 15 giorni – ma il valore complessivo. “Il numero di adempimenti è un problema per i professionisti che li devono calcolare. Noi paghiamo degli F24 e tutto finisce lì. Ciò che conta è il valore. Quello che poi davvero rende difficile lavorare è l’incertezza normativa”. Gattino porta due esempi concreti. Il primo riguarda proprio la decontribuzione che dovrebbe premiare chi non ricorre alla Cassa integrazione. “Al momento l’Inps non ha ancora emesso un regolamento e quindi non sappiamo ancora il valore esatto e quando potremo giovarcene. Alcuni dicono che addirittura bisognerà aspettare il 2021”.
L’altro è il credito di imposta per spese legate al Covid: sanificazione e acquisto di altri prodotti per ridurre i rischi. “Fino a pochi giorni fa il credito di imposta era del 60% del costo sostenuto. Ieri il commercialista mi ha informato che è sceso al 15% per mancanza di fondi. Un contributo ridicolo a una spesa che ha rappresentato un aggravio di costi per tutte le imprese, peraltro obbligate a comprare igienizzanti e mascherine. Ecco, la mancanza di certezze, di regole tempestive e la volatilità di decisioni. Questi sono i problemi più seri, specie in questo momento”.
Articolo a cura di
Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
imprese, tasse, Covid, proroghe, Fisco