festa papà

È (ri)nato un papà

Ore 00.17. Suona il telefono. La voce che risponde è calda, ma decisa. Ci siamo, è ora. Anche se poi ci vorranno più di due ore prima che Viola nasca. Ho dormito appena 17 minuti e me ne ricorderò per sempre: ancora oggi a distanza di oltre sei anni (tre nell’originale, nda) lo racconto, fiero di questa prima, piccola assunzione di responsabilità nei confronti di mia figlia.

Sono diventato padre ufficialmente alle 4.35 del 4 gennaio 2016. Viola era nata due ore prima, ma solo dopo che è stata lavata, mi è stata messa tra le braccia, senza neppure che qualcuno mi chiedesse se fossi pronto. Ecco, non si è mai pronti a diventare genitore e vale soprattutto per i padri che non hanno nove mesi di tempo per prendere coscienza di una vita che nasce e cresce. Per l’uomo un figlio è paragonabile a un’apparizione più che al risultato di un lungo processo. Non che non ci si accorga che qualcosa là nell’utero della mamma sta crescendo. Ma tutto è percepito come ‘lontano’…

Meglio allora che tutto succeda all’improvviso, perché se ci si pensa si rischia di rimanere bloccati. E così sono stato la prima persona in assoluto a tenere in braccio mia figlia: avere tra le mani una creatura di 3,5 chili fa capire per davvero quanto la presenza dei genitori sia fondamentale per i figli, ben prima che questi inizino a maturare strane esigenze. Si parte dai bisogni primari, come in un corso di formazione che inizia dai basic. I neonati in verità hanno pochi bisogni, che riguardano principalmente alimentazione (fame e sete hanno per loro lo stesso significato), ritmo sonno-veglia e funzioni vitali (cambiare il pannolino, scoprirò con il tempo, è forse l’attività più semplice cui è chiamato a svolgere un genitore).

In realtà il mio ‘posto nel mondo’ mi era stato ‘spiegato’ fin dal mio ritorno in ospedale, dopo che le ostetriche mi avevano caldamente invitato a tornare a casa perché “il travaglio sarebbe stato piuttosto lungo” (previsione quanto mai errata). Appena varcata la soglia della sala parto, nonostante la mia presenza al corso preparto con relativi appunti – ebbene sì, per deformazione professionale mi sono presentato agli incontri con penna e taccuino! – mi è stata indicata una comoda sedia accanto al lettino ginecologico. E lì ci sono rimasto finché Viola non è nata. Anzi, no. Mi sono alzato per andare a chiamare le ostetriche, perché nella calma che regnava in quelle sale, mi pareva che si fossero dimenticati…

Ecco, tra i primi compiti assegnati al padre ci sono quelli di fare da ‘ufficio informazioni’ e da ‘gestore dei flussi comunicativi’ con il resto del mondo. Per esempio informare tutto il parentado dell’evoluzione del parto, della nascita, dell’orario di visite in ospedale… Oppure rispondere alle 3 di notte alle domande in stile interrogatorio della pediatra che si materializza in sala parto e ti preleva per avere innumerevoli informazioni sullo stato di salute di tutta la famiglia fino ai trisavoli. Ai padri succede tutto senza un preavviso e non c’è un manuale di istruzioni da seguire. È un’ottima scuola, anche se non c’è un voto a sancire che le cose si stanno facendo nel modo corretto.

D’altra parte, durante la gravidanza per l’uomo la vita non cambia. Quando fui assunto nella mia attuale posizione, il fatto che sarei diventato padre non cambiò minimamente l’opinione che mi ero costruito nel tempo. Anzi, forse fu proprio l’aver progettato di allargare la famiglia che fece di me il candidato giusto per questo lavoro. D’altra parte nei mesi precedenti il parto non manifestai esigenze particolari, se si escludono le presenze alle visite di controllo, che però, da ‘bravo collaboratore’, cercavo di far fissare a fine giornata, sfruttando anche la complicità della ginecologa, in ritardo cronico sulle visite. Non fu inusuale uscire dallo studio medico anche oltre le 21…

A Viola si è poi affiancato Matteo: non mi sono ancora reso conto di come sono cambiate le cose. Sapevo che in sala parto avrei trovato la mia sedia pronta ad aspettarmi. Durante l’ultima fase della gestazione avevo iniziato a maturare la consapevolezza di quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Ero pronto? Non lo sono neppure ora. Ma di certo sarò sempre lì, con le braccia tese, quando arriverà il mio turno.

L’articolo è inserito nel libro Genitori al lavoro, il lavoro dei genitori, (ESTE, 2019).
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

Dario Colombo


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