Great resignation_dubbi

E se avessi sbagliato a lasciare il lavoro?

Gran parte della narrativa attorno alla Great resignation si è concentrata su persone che, insoddisfatte del proprio lavoro e ispirate da una diversa idea di equilibrio e di felicità, sono andate alla ricerca di situazioni lavorative che permettessero loro di vivere meglio. Meno evidenza è stata data su chi, dopo aver preso una decisione di questo tipo, è rimasto insoddisfatto della sua nuova realtà lavorativa. Non tutte le persone, che con grande motivazione hanno lasciato il lavoro, hanno, infatti, avuto la fortuna di vedere le proprie aspettative realizzate.

Secondo un sondaggio di marzo 2022, ripreso dalla Bbc, una su cinque delle circa 2mila persone che negli Stati Uniti hanno lasciato il loro impiego negli ultimi due anni e che sono state coinvolte nella ricerca ha dichiarato di essersene pentita. Tale cifra implica che ampie categorie della forza lavoro potrebbero aver preso la decisione di abbandonare la propria occupazione troppo in fretta, senza una valutazione accurata che, in molti casi, è stata condizionata da offerte che non corrispondevano poi alla realtà. L’ha evidenziato, per esempio, un altro sondaggio del 2022 condotto da The Muse, azienda Usa specializzata nello sviluppo di carriera del personale, su oltre 2.500 lavoratori statunitensi. Di questi, il 72% ha affermato che il nuovo ruolo o la nuova azienda erano molto diversi da ciò che erano stati indotti a credere. Quasi la metà delle persone intervistate si è detta intenzionata a cercare di riottenere la precedente posizione.

L’erba del vicino non è sempre la più verde

Dal punto di vista di Shayla Thurlow, Vicepresident, People and Talent Acquisition di The Muse, il motivo per cui le offerte che sembrano più allettanti finiscono per deludere risiede, in parte, nell’alta competitività del mercato che può indurre i recruiter ad attirare le persone con proposte azzardate. “Anche per questa ragione è importante prendersi del tempo per valutare, lentamente e con giudizio, le diverse offerte. Ma non tutti i lavoratori hanno la possibilità di farlo e, questo, aumenta la probabilità di rimpiangere la propria decisione”, ha spiegato Thurlow, intervistata dall’emittente britannica.

Un altro fattore che può incidere negativamente sulla soddisfazione relativa a una nuova occupazione è legato ai condizionamenti esterni: i numeri della Great resignation potrebbero indurre a cambiare posizione anche chi non è realmente interessato a farlo, spinto dalla sensazione di non stare al passo. Un mercato del lavoro in movimento e caratterizzato da uno spiccato turnover potrebbe, infatti, far pensare che la cosa giusta da fare, per non farsi scappare opportunità significative, sia cambiare. “L’erba del vicino è sempre più verde e a causa dello slancio si rischia di sopravvalutare gli aspetti positivi del provare qualcosa di nuovo. Si fatica a rendersi conto che ogni lavoro ha problemi diversi”, ha commentato Anthony Klotz, Professore Associato di Management alla Mays Business School.

Così come la scelta di accettare o meno un’offerta richiede cautela e ponderazione anche la gestione dell’insoddisfazione legata al nuovo lavoro necessita dello stesso sangue freddo. Specie perché profondi sentimenti di rimorso potrebbe offuscare il giudizio e rendere le persone poco lucide nel decidere come muoversi e quale strategia adottare nella nuova azienda. In questi casi la vera sfida, per Thurlow, è riuscire a individuare la principale causa dell’insoddisfazione.

A volte, per esempio, essa è dovuta semplicemente alle ordinarie difficoltà di una transizione; un caso molto diverso da quello in cui un ruolo sia stato presentato in maniera discordante rispetto alle sue reali caratteristiche per il quale potrebbero essere opportune le dimissioni. “Non c’è motivo di soffrire per un lavoro insoddisfacente o a causa di ambienti tossici se si ha la possibilità di cercare altro”, ha precisato Klotz. Sottolineando, però, come nella maggior parte dei casi concedersi il tempo per valutare se il rimorso sia effettivamente fondato possa essere proficuo. Sentirsi fuori posto in un nuovo lavoro è molto comune, anche solo per il fatto che ogni cultura aziendale è diversa. A volte basta solo fare pace con l’idea che ricominciare da zero richiede tempo e pazienza.

Fonte: Bbc

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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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