Efficacia e limiti dell’Intelligenza Artificiale nell’era delle incertezze

Il Coronavirus denominato Covid-19, che ha scosso il mondo nel corso del 2020, ci ha catapultati in una ignota, epocale, dimensione emergenziale.

Propagatasi a partire dalla Cina, l’horrenda pestilentia ha assunto in brevissimo tempo proporzioni planetarie e gli effetti del fenomeno pandemico sono, oltre che devastanti, pervasivi: a partire dal comparto sanitario, il primo e il più duramente colpito, nessun ambito della vita individuale e sociale pare risparmiato, avendo subito un impatto più o meno dirompente dalla diffusione del nuovo agente patogeno (Castaldo, 2020).

Malgrado i vari allarmi lanciati dalla comunità scientifica1, il Covid-19 ha colto di sorpresa –dando ragione a Googwin e Wrieght (2010) che un decennio fa avevano teorizzato l’incapacità dei metodi previsionali di anticipare eventi rari – e ha trovato sostanzialmente impreparati tutti i Paesi da esso via via raggiunti. Così, l’incertezza scientifica dovuta a lacune gnoseologiche, sperimentali, cliniche e di trattamento del nuovo Coronavirus, esemplificate dall’andamento ondivago degli indicatori epidemiologici, i famosi parametri R0 e Rt che i media di tutto il mondo hanno rincorso, si è ribaltata nelle politiche regolamentarie delle autorità di governo, chiamate a disciplinare in pochissimo tempo spazi sempre più ampi del sistema socioeconomico, a presidio della salute collettiva e individuale.

Questo immane disciplinamento sociale, non scevro da contraddizioni e incoerenze, si è tradotto in una sostanziale confusione e ambivalenza dei sentimenti collettivi, che sono andati oscillando da paure e ansie a impeti di ripartire, più che comprensibili, ma che, talvolta, sono sfociati in comportamenti elusivi, se non addirittura oppositivi, rispetto alle restrizioni.

A tutto ciò si aggiunge la crisi economica, che ha travolto interi settori industriali, come quello del trasporto aereo (Castaldo, Coniglio e Gatti, 2020), fino ad assumere nel corso della primavera del 2020 connotati globali e durevoli: nonostante i primi segnali di ripresa, gli esperti del Fondo monetario internazionale (Fmi, 2020) concordano nel ritenere che la sua durata si estenderà su un arco temporale di anni e che la ripresa, in particolare per l’eurozona, sarà irregolare e parziale (Fmi, 2020).

La pandemia di Coronavirus, in realtà, si è collocata temporalmente, come ha sostenuto Perrone (2020), in una fase storica caratterizzata da instabilità globale, connessa – sul piano politico – alla crescita di sovranismi e populismi e – su quello economico – alle tensioni provocate dalla guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, nonché al rallentamento dell’economia-mondo.

L’impiego dell’AI durante l’emergenza pandemica: i benefici

La pandemia ha agito come un trend accelerator della rivoluzione digitale in atto, imprimendo un’impronta netta e decisa nel processo di trasformazione tecnologico e informazionale intrapreso negli ultimi anni, che sta investendo gli ambiti più disparati. In questo quadro il primo piano è occupato dall’AI, che ha visto proliferare il suo impiego nella lotta al nuovo virus, combattuta in prima acie sul campo medico e sanitario e poi nei vari ambiti della società. Nel periodo dell’iniziale diffusione della pandemia su scala planetaria i sistemi di AI hanno fornito importantissimi aiuti nella conoscenza dell’agente patogeno, nell’analisi dei mix farmacologici curativi e, ancor più, nella ricerca di vaccini adeguati. Così, gli scienziati di tutto il mondo si sono serviti dei tool intelligenti per sequenziare il virus, trovare le migliori terapie per determinate categorie di pazienti infetti, ricercare cure vaccinali adeguate a fronteggiare il terribile patogeno.

Oltre al sanitario, che ovviamente è stato l’ambito più colpito dall’emergenza pandemica, la velocità di processamento delle informazioni della intelligent machine si è messa al servizio dei comparti più disparati: i modelli di Machine learning e Deep learning hanno aiutato i vari governi nazionali e locali nelle attività di tracciamento, prevenzione e controllo, agendo a supporto di decisioni di natura politico-istituzionale, ma anche lavorativa e sociale, il che ha sollevato non poche critiche.

Uno degli ambiti che maggiormente e inaspettatamente ha subito un forte impatto dall’impiego dei sistemi di AI nell’era del Coronavirus è stato quello dell’informazione. Mai prima d’ora, difatti, la disinformazione mediatica aveva raggiunto livelli così penosi e le fake news si erano diffuse così pervasivamente, sfruttando la rete (Meschini, 2019). Rimedi miracolosi per prevenire e combattere il morbo, dimostrazioni sulla presunta inutilità d’uso dei più comuni dispositivi di protezione, racconti complottisti di un virus creato e poi sfuggito in un laboratorio, e teorie (non dimostrate) sull’espansione epidemica o, al contrario, sul non attecchimento del Covid-19 in una o in un’altra zona geografica, sono solo alcuni esempi della mauvaise information circolata in Rete e, in particolar modo, sui social network nelle fasi più critiche della diffusione pandemica su scala planetaria.

Per smascherare una tale poderosa mole di disinformazione online e tentare di fermarne l’espansione nelle più note piattaforme digitali, i giganti della Rete come Google, Twitter e Facebook, alcune autorità governative e finanche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), hanno lanciato poderose campagne contro-informative, finalizzate in quest’ultimo caso a veicolare i messaggi medici e igienico-sanitari più adeguati alla più ampia audience di fruitori dell’informazione. In tale scenario gli strumenti intelligenti, grazie alla velocità di analisi e calcolo, hanno potuto dimostrare la loro utilità nelle vaste operazioni di ‘debunking’ che li hanno visti protagonisti.

Il ricorso al Machine Learning, in particolare, si è rivelato fondamentale per distinguere le informazioni veritiere da quelle fallaci (Braşoveanu e Andonie, 2020). Gli algoritmi utilizzati sono stati in grado di riconoscere, per esempio, le parole chiave utilizzate per creare confusione e panico nella collettività, di smascherare profili social non reali da cui venivano diramate le fake news, ma anche di identificare le fonti più autorevoli in campo scientifico e medico.

Parallelamente, taluni governi si sono serviti dei tool di AI per fornire ai cittadini informazioni a carattere divulgativo usate con lo scopo di tranquillizzare la popolazione ed evitare allarmismi: è questo il caso di alcune applicazioni che consentono al paziente, per esempio, uno scambio via chat con un bot automatico che, incrociando evidenze scientifiche ed empiriche, lo aiuta a comprendere se i suoi sintomi sono da ascrivere al Covid-19 o, in generale, da quale disfunzione l’utente possa essere affetto. Strumenti di questo tipo aiutano, in tal modo, a individuare o a escludere la patologia in questione, ma ambiscono anche a fungere da guida al comportamento sociale (Tong, 2020).

Evitando di dilungarci sull’argomento, sia sufficiente ricordare che i sistemi di AI hanno ampiamente dimostrato di avere diversi benefici (Van Krogh, 2018), essendo dotati delle facoltà di migliorare le previsioni e supportare le decisioni in molti ambiti vitali, grazie al ricorso a modelli di Machine learning e di Deep learning sempre più sofisticati (Castaldo, 2020). L’efficacia di funzionamento e l’utilità di questi sistemi, palesate pervasivamente nell’emergenza pandemica e peraltro estesamente provate, sono indubbie. Esistono ancora, tuttavia, dei limiti di natura etica e legale, connessi all’uso delle intelligent machine.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Novembre-Dicembre di Sviluppo&Organizzazione.
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Intelligenza artificiale, Machine learning, covid-19


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Francesca Castaldo

MBA, PhD, esperta di organizzazione aziendale e di strategia in campo aerospaziale, Dipartimento di Management dell’Università di Roma La Sapienza

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