Employer branding e tecnologie, l’industria è costretta a farsi bella
Un giovane professionista viene selezionato da una grande azienda di Roma per un colloquio. È una multinazionale leader di settore ed è disposta a pagare le spese di viaggio. Ma per il candidato l’offerta si può rifiutare o quanto meno mettere in discussione. Cosa c’è che non va? Non convince il processo di recruiting. Ecco perché il giovane, prima di confermare l’incontro, si confronta con uno dei suoi professori universitari: vuole una conferma della reale qualità dell’azienda.
A raccontarlo a Parole di Management è proprio il docente in questione, Marco Taisch, che insegna Sistemi di produzione avanzati e sostenibili al Politecnico di Milano e tra i vari incarichi è anche membro del Comitato Scientifico della rivista Sistemi&Impresa. “L’azienda era effettivamente molto valida”, commenta. Ma cosa aveva scatenato i dubbi del giovane? “Avevano chiesto il curriculum in formato europeo. E non avevano proposto un primo colloquio su Skype”, racconta il professore, riportando le osservazioni del suo ex studente.
“A cosa serve il cv europeo? Non basta LinkedIn?”, commentava il candidato. “Anche gli aspetti umani e le skill relazionali vengono valutate”, tentava di controbattere il docente. “Possono andare sul mio profilo Facebook”, ribatteva lo studente, portando così la conservazione su un piano diverso: a mancare all’azienda era la capacità di scegliere i canali di comunicazione adeguati, di rendere smart il processo di selezione e di parlare una lingua più contemporanea: quella del suo candidato.
“Alla fine, quel colloquio è andato a farlo ed è stato assunto, ma questo aneddoto è utile per capire che i giovani, che sono nativi digitali, si aspettano che l’azienda sia digitale quanto la loro vita da cittadini”, racconta Taisch. Le imprese sono costrette a trasformarsi se vogliono attrarre candidati che hanno una preparazione tecnico culturale di alto livello e che sono molto ricercati sul mercato, spiega il professore: “Il sistema industria 4.0 in tal senso rischia di trarre in inganno. Non bisogna solo digitalizzare la fabbrica, ma tutti i processi aziendali, compreso il recruiting”.
Cambiano i ruoli decisionali: i colletti blu diventano più bianchi
Quello raccontato è un cambiamento importante per le multinazionali, ma anche per le Piccole e medie imprese italiane (Pmi): “L’innovazione digitale è l’unica possibilità oggi per le Pmi per essere attrattive. Ma queste tecnologie stanno creando un digital divide professionale: le persone che si trovano nelle aziende tendono a non aggiornarsi, mentre i giovani, una volta assunti, si accorgono che il livello tecnologico è molto basso e vanno via. Ecco perché oggi sono le imprese a essere in competizione tra loro per attrarre i migliori talenti”.
E non è solo un tema di soft skill. “Oggi le soft skill sono importanti, ma non rappresentano più un elemento differenziale. Le competenze che servono sono quelle del mondo STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematic)”, secondo il professore. Competenze che sono state delineate al World manufacturing forum 2019.
Una su tutte sembra prevalere: la capacità di analizzare il dato e prendere decisioni data centriche. A tutti i livelli. “Non bisogna pensare che il dato sia una prerogativa del management, tutti devo imparare a leggere queste informazioni”, commenta il professore. La tecnologia ha consentito infatti di abbassare la catena di comando e quindi delegare verso il basso con un aumento di responsabilità: “l colletti blu diventano più bianchi”.
L’imprenditore pigro e non informato fa scappare i talenti
Ma è l’azienda che deve far fare questo salto di qualità, preoccupandosi di fornire formazione tecnica adeguata. C’è anche un tema di difficoltà economiche, soprattutto per le Pmi? “Oggi è una questione di approccio e mentalità non tanto di budget, che anzi può diventare un alibi. L’imprenditore pigro, non informato e magari in una fase della vita in cui ‘ha tirato i remi in barca’ può non aver voglia di investire. Ma le risorse ci sono. L’Italia ha messo in campo azioni di incentivi fiscali, con i progetti a supporto di Industria 4.0. C’è piuttosto una questione di ignoranza dell’impatto delle tecnologie, di timore e di rifiuto. È comprensibile, perché alcune di queste tecnologie sono difficili da capire. E per questo motivo bisogna affidarsi a chi le conosce. L’icona dell’imprenditore che fa da solo non funziona. Perché l’innovazione non la fai solo sul prodotto, ma su tutti i processi”.
Quindi Taisch ricorda: “I Competence Center sono nati per questa ragione”. Il docente è Presidente del Competence Center MADE guidato dal Politecnico di Milano, il centro di competenza per il settore manifatturiero, che offre alle imprese diversi servizi: dall’orientamento alla formazione, dalla ricerca applicata al trasferimento tecnologico, per affrontare la digitalizzazione 4.0 dei processi produttivi.
Lo sviluppo di competenze resta quindi il nodo chiave per rendere attrattiva l’industria italiana: “Ho visto troppi imprenditori approfittare dell’Industria 4.0 che sostituivano solo le macchine e non facevano formazione sulle persone che devono usare quelle macchine”, racconta il professore. Ma c’è un secondo tema, che rappresenta un salto culturale più significativo: saper delegare e accettare la decisione presa dall’Intelligenza Artificiale (AI). “Sempre di più andremo a delegare certe scelte agli algoritmi. Ma dobbiamo chiederci quanto siamo pronti ad accettare un capo virtuale”, conclude Taisch.
L’AI rende il lavoro dei professionisti meno ripetitivo
Le nuove tecnologie in parte, quindi, possono spaventare, soprattutto in assenza di formazione. Per i giovani più brillanti, invece, che sono in cerca di un lavoro stimolante e al passo con l’innovazione rappresentano un elemento di attrazione.
Ad attrarre i talenti è soprattutto la digitalizzazione dei processi anche secondo Eugenio Vacca, Business Transformation Manager di PTC. “I nuovi ingegneri meccanici sono aperti all’uso di tecnologie che rendono il lavoro più attrattivo, aiutando la creatività, ma anche il monitoraggio delle linee produttive e la manutenzione dei prodotti”.
Gli fa eco Guido Porro, Amministratore Delegato di Dassault Systèmes per l’area EuroMed: “Pensiamo al lavoro manuale come un tipico lavoro ripetitivo. In realtà anche il lavoro tecnologico può essere noioso. Oggi, però, i task ricorsivi vengono ridotti da nuovi sviluppi di Ai, che eliminano i punti di ripetitività”.
Il lavoratore può quindi dedicare più spazio ad altri tipi di attività: “C’è più tempo per pensare, per esempio, alla progettazione di materiali innovativi. Con la manifattura additiva, inoltre, c’è la possibilità di creare forme con caratteristiche di resistenza notevoli, ma attraverso un materiale più vuoto. Cose non fattibili con strumenti di progettazione tradizionale”, aggiunge Vacca.
I giovani possono essere attratti dalle molteplici possibilità di sviluppare l’immaginazione. Perché la progettazione ha una nuova centralità. Il processo di creazione di un prodotto è dilatato: inizia prima e finisce dopo o potenzialmente può non concludersi mai.
“La Realtà Aumentata consente facilmente di leggere le informazioni su una macchina o sui dati che sta raccogliendo, anche con funzionalità predittive che consentono di anticipare un intervento di manutenzione. Oppure di prevedere quali saranno le informazioni relative a un prodotto in formato digitale prima che questo esista realmente. Anticipando anche attività di marketing e training”, spiega Vacca.
Idealmente si azzera quindi la necessità di fare prototipi? “In teoria sì. In pratica non è sempre così, però, c’è una riduzione dei costi notevole. C’è anche una facilità di trasferimento delle competenze, perché attraverso la Realtà Aumentata si possono creare esperienze che simulano interventi su macchinari, ripentendo l’operazione senza dover interagire fisicamente con la macchina ed evitando anche eventuali danni”. E questo aumenta la possibilità di attrarre persone? “Sicuramente è più interessante per un nuovo assunto fare training con le nuove tecnologie che passare tre mesi in officina a guardare cosa fanno gli altri”, commenta il manager di PTC.
L’IoT rende il lavoro del progettista più accattivante
Il processo di progettazione è ‘aumentato’ non solo a monte, ma anche a valle. “L’Internet of Things (IoT) rende i prodotti dell’azienda sensorizzati e in grado di generare informazioni sull’ambiente e sul funzionamento utili a capire in tempo reale o quasi come i clienti li stanno utilizzando. Sono tutti dati preziosi per il progettista che può perfezionare il prodotto in base all’utilizzo degli utenti”, spiega Vacca.
Un esempio? “Se un compressore che funziona in ambienti con temperature tra 0 e 50 gradi viene utilizzato in zone in cui si arriva a temperature più alte si può pensare di abbassare i parametri. Sono variazioni che possono incidere anche sui prezzi”, conclude Vacca.
L’industria manifatturiera, B2B e medio piccola è diventata attrattiva anche per giovani, secondo Porro non solo per l’aumento della creatività, ma anche perché “sta eliminando le barriere tra i vari dipartimenti aziendali, con una logica di collaborazione all’interno delle aziende che riduce i momenti di inefficienza e lascia più spazio alla progettazione”.
Nella vecchia gestione lineare dello sviluppo del prodotto: dal Marketing, all’Ingegneria, al Manufacturing l’ingegnere interveniva alla fine di un processo molto cristallizzato. “Si procedeva secondo una logica da catena di montaggio senza nessuna possibilità di retroazione. Ora, invece, il designer in ogni processo potrà dialogare in qualsiasi momento con il dipartimento di Manufacturing per migliorare il prodotto anche last minute”.
Flessibilità, apertura e una maggiore libertà di espressione entrano a far parte di settori in cui le competenze tecniche hanno sempre prevalso. “I vincoli si cumulavano in maniera esponenziale”, spiega Porro, descrivendo un vecchio processo di innovazione chiuso, in cui anche il dipartimento di Ricerca e Sviluppo poteva essere vissuto come un limite piuttosto che come un’opportunità. Ma le cose stanno cambiando: “Oggi si utilizza la parte di R&D secondo una logica di Open innovation, per mettere al centro il cliente”.
processi di recruitment, Internet of Things, Intelligenza artificiale, Employer branding