Enzo Spaltro, addio al grande maestro del bellessere
Enzo Spaltro è stato per molti un maestro indimenticabile, un esempio di studioso e di ricercatore, un riferimento scientifico e professionale, un visionario che ha lasciato un segno profondo nella Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni. A dare la notizia della sua morte, avvenuta il 26 marzo 2021, è stato Giorgio Sangiorgi, Presidente dell’Università, attraverso un comunicato in cui ha ricordato le innumerevoli iniziative cui Spaltro ha dato vita nel corso degli anni, i ruoli accademici e professionali che ha ricoperto in maniera sempre coraggiosa, impegnata e ispirata alla affermazione dei valori e dei convincimenti maturati, da ultimo focalizzati sul tema del “bellessere”, che ha rappresentato il frutto più maturo della sua continua ricerca.
Nel 2013 Spaltro aveva rilasciato un’intervista alla casa editrice ESTE – editore del nostro quotidiano – attraverso Benessereorg.it in cui analizzava proprio la questione del “benessere organizzativo”, affrontando i temi del benessere e del bellessere. Spaltro parlava di “orizzonte temporale” e promesse, base indispensabile per far stare bene chi lavora nelle organizzazioni. E ricordava che sentirsi a proprio agio nell’ambiente professionale è il primo passo verso il perdono e il disvelamento del concetto di bellezza, fulcro del nuovo millennio. Riproponiamo sulle nostre pagine l’intervista integrale, pubblicata a questo link.
ll benessere nelle organizzazioni può essere visto sotto diversi punti di vista, come quello di medico e psicologo. Lei ricopre entrambi i ruoli professionali. Può raccontarci come cambia la percezione?
Pensiamo allo stress. L’ottica con cui si guarda a questo elemento è diversa a seconda che si assuma il punto di vista del medico o dello psicologo. Dal punto di vista medico, il significato è senz’altro negativo e fa riferimento alle condizioni psicosomatiche dell’individuo, alle malattie cardiache e intestinali. Lo psicologo ha una visione più positiva. In Psicologia l’elemento fondamentale è quello dell’autostima. Parlando del benessere nelle organizzazioni, non possiamo prescindere da questo elemento fondamentale, ma poco considerato. Le persone non hanno stima in se stessi e si è poco consapevoli di questo fattore, anche perché il management pone le persone in un atteggiamento di competitività. Lo stress va quindi prevenuto aumentando l’autostima.
Come può definire il concetto di benessere?
Non esiste una definizione precisa, si tratta di un concetto convenzionale che viene preso come punto di riferimento. Personalmente utilizzo i concetti di benessere e bellessere. Il benessere è rappresentato dall’espressione: chi sta bene, infatti, riesce a esprimersi. Si tratta di una componente soggettiva e diffusa. È importante che ci si senta liberi di parlare e comunicare e che questo accada all’interno delle organizzazioni. Non è essenziale che un’azienda sia bene o male organizzata.
È importante che, all’interno, le persone si sentano organizzate. Potrebbe anche esserci un’organizzazione oggettiva perfetta, ma se ci si sente poco strutturati, l’azienda è mal ideata. Bisogna lavorare in un ambiente nel quale ci si possa esprimere, come dicevo. È il fattore fondamentale. Questa libertà deve essere soggettiva e diffusa. Se si possono esprimere in pochi, sarebbe come se non lo facesse nessuno. Il benessere deve riguardare tutti. Esiste un principio per cui la speranza di benessere è già un inizio di benessere.
Cosa può raccontarci di questo aspetto?
La fantasia di star bene è già un passo importante. Se non si spera, non si potrà mai concretizzare nulla. La prima mossa è rischiosa, ma indispensabile. Bisogna far nascere la speranza di benessere. Che io definisco “bellessere”: la speranza di un benessere futuro. Bisogna tentare, perché i risultati arrivano. Con la speranza e il bellessere le organizzazioni cambiano. Penso a esempi di aziende italiane come Fiat e Ferrero. La speranza è il punto di partenza. Del resto, l’organizzazione è paragonabile a un’opera d’arte.
Dal suo punto di vista, a questo tema è data sufficiente attenzione in azienda?
Ritengo di no. In presenza di una crisi, si tagliano formazione e personale, vale a dire i punti nevralgici dell’organizzazione. Bisogna capire che il punto di partenza non è più il management, ma l’insieme dei quadri intermedi. Bisogna prestare attenzione a quanto viene erroneamente considerato di ultimo valore, come gli ambienti di lavoro. Si parte dalla bellezza dei colori delle pareti, dalle piante, dai quadri. Conferiscono un altro aspetto al luogo in cui ci si trova e dimostrano che l’interesse non è rivolto solo alla produzione. È la testimonianza che si vuole far stare bene le persone durante l’orario di lavoro, e che la gente ci tiene a stare bene.
Dal suo punto di vista, di cosa hanno maggiormente bisogno le persone?
Di un orizzonte temporale. Si ha bisogno di promesse. Meglio una promessa non mantenuta che una non promessa. Le persone hanno bisogno di uscire dall’idea della paura ed entrare nell’idea della speranza. Hanno bisogno di esplorare nuovi concetti. Per esempio, non bisogna più parlare di ‘dipendenti’, ma di ‘collaboratori’. Così come è ormai senza senso parlare di differenza tra impiegati e operai. Sono stati introdotti, invece, concetti nuovi come il negoziare, l’idea di gruppo e del perdono. Nelle aziende, ora, vige il concetto della vendetta.
Ci vorrebbe un cambio di mentalità. Ed è possibile. Ci sono testi sul passaggio dalla vendetta al perdono. I libri di Mario Calabresi, Spostare la notte più in là e La fortuna non esiste sono due testi pubblicati recentemente che spiegano cosa vuol dire perdonare. Come il film Invictus. Esiste una reale necessità di utilizzare nuovi concetti. Non bastano le palestre aziendali. Non risolvono i problemi relativi alla qualità di vita in azienda.
Se l’Università delle Persone dovesse organizzare una rilevazione sul benessere delle persone, quali sarebbero gli indicatori?
Al momento stiamo conducendo un’indagine approfondita per definire il benessere. I criteri presi come riferimento sono la capacità di una persona di esprimersi, il rapporto di cooperazione e non competizione presente, la stima in se stesso e l’acquisizione di un orizzonte temporale. Vale a dire l’essere lungimiranti: questo è uno dei fattori del benessere. Se nell’ultimo secolo il lavoro era fondato sul valore della soggettività, il nuovo millennio vede emergere il valore della bellezza, termine di riferimento che si svilupperà nei prossimi anni.
Il tema della sicurezza e della prevenzione è essenziale e oggi bisogna legarlo al benessere, per mettere le persone nella condizione di vivere al meglio. Chi vive male non può perdonare. Un altro concetto importante è rappresentato dalla parità, che non significa uguaglianza. Si tratta di un concetto trasversale, che mette in luce quanto lavorare con chi è diverso rappresenti un’opportunità.
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