Fare i soldi con i dati
Il business emergente a maggior potenziale è oggi costituito dal cosiddetto Data monetization. Se ne è dovuto recentemente, e urgentemente, occupare anche il Parlamento approvando il Data Act: è una legge, esecutiva da settembre 2025, che vuole regolarizzare il business dell’utilizzo e del commercio dei dati, che si era sviluppato con attività molto spesso borderline o addirittura illegali. Le già esistenti Gdpr si sono infatti dimostrate decisamente inadeguate a riguardo, anche perché nate per presidiare un business relativamente più semplice, in quanto originariamente basato solo su dati statici (seppur già molto remunerativo). Ora si parla, invece, di flussi dei dati, quelli che, per esempio, consentono la profilazione comportamentale dei clienti. Nel contesto precedente era anche difficile garantire una adeguata sorveglianza della compliance, gestita – di fatto – per eccezioni, non essendoci piattaforme tecnologiche adeguate.
La Data monetization è un nuovo business molto importante, che spiega appunto l’elevata capitalizzazione delle aziende che attualmente monitorano e raccolgono – più o meno legalmente – i flussi dei dati personali (come Meta, Google, Amazon, operatori telefonici, gestori di dati di mobility, ecc..). L’Unione europea prevede un valore mondiale di tale business pari a 11mila miliardi di euro entro il 2030, con un business attuale, solo in Europa, già stimabile in 500 miliardi. Il fatto è che oggi tali dati valgono molto, specialmente quelli personali (dati di un contatore elettrico; dati di mobilità delle auto; dati sanitari, ecc.). Le aziende che stanno già sfruttando questo business, con modalità borderline, ricevono continuamente sanzioni per uso illegale dei nostri dati, ma perseverano (recente è la sanzione di 1,3 miliardi a Google in Norvegia, 900 milioni in Irlanda, e anche in Italia ci sono già numerosi casi). I rischi sono evidentemente molto bassi rispetto ai vantaggi del business che ne fanno.
Lo sviluppo limitato dell’AI in Italia
Come si muovono le aziende italiane in questo nuovo business? Purtroppo in modo molto marginale (e da sole). Non stanno approfittando adeguatamente di questa nuova possibile attività e sono comunque in forte ritardo. Sono inoltre spesso dominate dalle multinazionali tecnologiche, anche perché hanno difficoltà di comprensione del già non ben digerito business della digitalizzazione. La dimensione tecnologica potrebbe in effetti costituire ora un ulteriore nuovo discriminante di successo. Si tratta della possibilità di utilizzo delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale (AI).
Come l’avvento della digitalizzazione ha determinato da una parte la morte di molte aziende e di interi settori e dall’altra parte, quasi simmetricamente, la nascita di nuove aziende e di nuovi interi settori, anche l’AI potrebbe rappresentare un nuovo spartiacque. Si tratta, in effetti, di una situazione di cambiamento che, come nei momenti precedenti, è una occasione per riposizionarsi competitivamente, almeno per le aziende che sapranno cogliere le nuove opportunità. Ciò consente anche di svincolarsi dalle debolezze eventualmente presenti nei modelli di business precedenti.
Possiamo già prevedere che nasceranno nuove aziende, nuovi modelli di business, e, forse, anche nuovi settori industriali, proprio attraverso la combinazione delle evoluzioni di questi due stream: business dei dati e AI. L’interazione è scontata, in quanto le principali applicazioni di AI riguardano proprio il mondo dei dati: per la ricerca, per il marketing, per l’innovazione, per l’ingegneria, degli ecosistemi di varia natura, per la medicina, ecc… Le nuove ‘ricette’ del business conterranno dunque sicuramente tre ingredienti fondamentali: digitalizzazione, flussi di dati e AI. Auguriamoci che i nostri imprenditori diventino dei bravi ‘chef’ del business trovando le giuste ricette per sfruttare tali ingredienti.
Il rischio di sottovalutare il Data Act
Probabilmente molte delle nostre aziende non sono neppure ancora ben consapevoli dei problemi che avranno quando il Data Act sarà operativo. Da tale data un qualunque loro cliente potrà chiedere di rendere visibili i flussi dei dati che lo riguardano a chi decide lui (assicurazioni, fornitori di altri servizi, imprese potenzialmente interessate ai suoi comportamenti, istituti di ricerca, amministrazioni pubbliche, ecc..). Già si può prevedere che la maggioranza delle aziende vivrà il Data Act solo come un problema di compliance. Si può già immaginare anche che ciò le troverà spiazzate e sanzionabili, senza che abbiano capito che, invece, questo cambiamento di scenario rende possibili nuovi modelli di business.
Si potrebbe anche addirittura prevedere che le aziende a maggior rischio sono proprio quelle che già stanno facendo business con lo sfruttamento dei dati attraverso modelli attualmente Gdpr-compliant (o quasi). Infatti esse rischiano di perderlo a favore di altre imprese che adotteranno subito i nuovi possibili modelli, mentre le prime non potranno più usare quelli precedenti. Per le aziende che non sfruttano ancora i flussi di dati dei loro clienti, si aprono invece notevoli possibilità di nuovi business, che potranno abbondantemente compensare i costi necessari per l’inevitabile l’adeguamento normativo dei loro sistemi).
Il vero timore è che rischiamo di perdere anche questo treno, in quanto ci troviamo sempre in ritardo nel capire come i modelli di business stanno cambiando nel mondo. La capacità di usare l’AI in tale contesto farà la differenza. Poiché è difficile che aziende italiane riescano a essere protagoniste fra i player dello sviluppo del business dell’AI ‘as a business’, potranno però provare a usarla per concepire nuovi modelli di business e nuovi servizi in altri settori, cominciando probabilmente da quelli in cui già operano.
Leggi la prima parte “Il mal di Pil dell’Italia”
Leggi la seconda parte “Chi inizia male il Millennio è a metà del Pil”
Leggi la terza parte “Digitalizzazione, quante occasioni perse dall’Italia”
Intelligenza artificiale, data monetization, data act