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Flessibilizzare i processi di fabbrica attraverso l’Industrial smart working

A partire dalla primavera 2020, in concomitanza con l’esplosione della pandemia di covid-19, i concetti di Smart working e lavoro agile, utilizzati spesso come sinonimi, sono stati oggetto di numerosi articoli, dibattiti, tavole rotonde e osservatori. L’emergenza sanitaria legata al coronavirus, prima con il lockdown e poi con le stringenti normative e vincoli relativi al distanziamento sociale, ha infatti costretto molte realtà aziendali a rivedere i modelli di gestione e organizzazione del lavoro.

Con il termine “Smart working (Sw)” si fa comunemente riferimento a modelli di lavoro agili e flessibili che erano già esistenti e discretamente diffusi nel lavoro d’ufficio e nelle industrie dei servizi, anche prima dell’emergenza sanitaria. Questi nascono pensando a mansioni tipicamente di gestione e amministrazione; con l’emergenza sanitaria, però, sempre più aziende hanno avuto la necessità di estendere queste pratiche anche ad altri ruoli. Numerose aziende manifatturiere, infatti, per prevenire cali di produzione e garantire la continuità delle loro attività, sono state costrette ad adattarsi ripensando ai modelli organizzativi e di gestione dei processi e dei lavoratori.

Se un impiegato d’ufficio, un white collar, può essere messo in condizione di lavorare da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento in maniera relativamente semplice, attualmente questo non avviene per i blue collar. Le mansioni e le attività lavorative degli operatori, infatti, sono quasi sempre strettamente dipendenti da macchine, linee di produzione e stabilimenti, ossia realtà fisiche molto concrete e non rilocabili.

Se si pensa allo Sw come solo “lavoro da remoto” è evidente che questo non sia implementabile nelle realtà di fabbrica; tuttavia l’adozione di queste pratiche non prevede solamente l’esecuzione dell’attività lavorativa da casa o da qualsiasi altro luogo che non sia la sede aziendale.

Scopo di questo articolo è presentare il fenomeno dell’Industrial smart working (Isw), che rappresenta l’applicazione industriale delle pratiche di lavoro agile ai profili professionali di fabbrica, sulla base dell’analisi della letteratura scientifica, nonché delle leggi correlate, e fornire una panoramica dei principali fattori organizzativi e tecnologici che possono abilitarne l’implementazione nelle realtà manifatturiere.

Lo Smart working non è il telelavoro

Generalmente i termini “Sw” e “lavoro agile” sono utilizzati per indicare nuovi modelli di organizzazione del lavoro in grado di portare notevoli vantaggi alle organizzazioni che li adottano: in termini di produttività, di raggiungimento degli obiettivi, ma anche in termini di welfare e qualità della vita del lavoratore. Tuttavia, a oggi, entrambi i concetti, non essendo in realtà ben definiti, talvolta vengono erroneamente utilizzati per indicare pratiche per certi versi simili, ma in realtà molto diverse, come il telelavoro o il lavoro da remoto.

Per Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, “Sw” significa “ripensare il telelavoro in un’ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio. Si tratta di un nuovo modello di organizzazione del lavoro, il quale prevede che le persone, autonomamente, scelgano il luogo più adatto e il momento ideale per svolgere una determinata attività e una trasformazione della cultura dell’organizzazione, dei comportamenti, degli stili di leadership e delle modalità di ‘vivere’ la propria occupazione (Crespi, 2019).

Questo nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda si basa su quattro pilastri fondamentali: la revisione della cultura organizzativa, una maggiore flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, l’introduzione di un’idonea dotazione tecnologica e l’adeguamento degli spazi fisici. Elementi caratteristici di questo fenomeno emergente risultano essere pertanto l’organizzazione del lavoro per obiettivi, la diffusione della cultura della delega, le tecnologie abilitanti l’accesso da remoto e la condivisione dei dati e, infine, la misurazione delle performance dei lavoratori basata sul raggiungimento degli obiettivi.

A livello normativo, la Legge 81/2017 definisce lo Sw o lavoro agile come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con possibile utilizzo di strumenti tecnologici”. Pertanto, la legge permette al lavoratore di svolgere le attività lavorative in parte all’interno dei confini aziendali e in parte all’esterno, senza una sede fissa, ma rispettando i limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. A oggi, in Italia, lo Sw rimane regolato un impianto di soft law che lascia ai lavoratori e alle aziende la possibilità di definire i propri accordi basati sulle specificità dei profili professionali.

Simili politiche di flessibilità nell’esecuzione del lavoro si stanno diffondendo in tutta Europa, anche se vengono utilizzate normative diverse e terminologie differenti, come “Flexible working” nel Regno Unito, Olanda, “Agile working” in Germania, “telelavoro flessibile” in Francia o “new way of working” in Belgio. Nel 2016, lo stesso Parlamento europeo ha affermato di sostenere il lavoro agile con la risoluzione del 13 settembre. Il principio generale numero 48 della risoluzione, infatti, ne ha evidenziato i benefici sociali, sottolineando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata per sostenere la ripresa demografica, preservare i sistemi di sicurezza sociale e promuovere il benessere e lo sviluppo degli individui e della società nel suo complesso.

Infatti, in generale, l’adozione di tali modelli organizzativi mira a un migliore equilibrio vita-lavoro tra gli obiettivi aziendali di competitività e le esigenze degli individui. Spesso, erroneamente, lo Sw viene assimilato al telelavoro. Tuttavia, quest’ultimo è una forma di contratto di lavoro definita nel 2002 da un accordo quadro dell’Ue, che consiste principalmente nello spostamento del luogo di lavoro e non si basa sui principi di flessibilità, autonomia e responsabilità. Le regole imposte per il telelavoro sono rigide: tempi, luoghi e strumenti tecnologici sono prestabiliti e riflettono la struttura organizzativa utilizzata sul posto di lavoro.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Dicembre 2021 di Sistemi&Impresa.
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telelavoro, Industrial Smart working, Mariano Corso, Flexible working, Agile working


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Chiara Cimini

Dipartimento di Ingegneria Gestionale, dell’Informazione e della Produzione, Università degli studi di Bergamo

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