Formalizzare le procedure per preservare il know how aziendale

Semplificare la gestione, velocizzare le procedure, ridurre il rischio di errore. Il primo obiettivo di ogni organizzazione che digitalizzi i suoi processi interni è far funzionare al meglio la macchina aziendale. I vantaggi, però, non si fermano all’operatività quotidiana. Automatizzare vuol dire infatti anche preservare le conoscenze. In un momento in cui il cosiddetto training on the job è messo in difficoltà dal lavoro da remoto, cristallizzare in procedure definite nell’ambito di un sistema automatizzato il flusso di lavoro può aiutare a semplificare il trasferimento di conoscenze da un operatore all’altro e a preservare per il futuro il know how aziendale.

Le aziende hanno sempre ragionato per processi, ma il sistema informativo opera per funzioni e si compone di tanti software specializzati in singole attività. È necessario quindi appoggiarsi a una soluzione di gestione dei processi (Business Process Management o motore di workflow) che riesca a ‘cucire’ insieme le diverse funzioni e semplificare le interazioni tra le persone. Basti pensare al ciclo di acquisizione di un ordine. Il flusso di lavoro parte dall’interazione commerciale con il cliente, passa attraverso la piattaforma di Customer relationship management (CRM), si compone dell’invio di una serie di mail, si traduce in un’offerta con la creazione del documento e si conclude con l’ordine e la sua conferma.

Lungo questo iter, il processo entra ed esce dai diversi software che compongono il sistema informativo. “Il vero vantaggio della digitalizzazione non è digitalizzare i documenti, ma digitalizzare i processi”, spiega Paolo Grotto, Socio Amministratore e Direttore commerciale di Arket, società di consulenza e software house specializzata proprio nella digitalizzazione dei processi aziendali. “Se il processo è guidato dall’interno del sistema, non ci si perde lungo l’iter e nessuna fase rimane appesa”. E si sposta la difficoltà non su ‘cosa’ fare, ma su ‘come’ fare, anche in un’ottica di rotazione del personale e ricambio generazionale.

Semplificare il trasferimento di conoscenze

Capita di frequente, infatti, che i componenti di uno stesso ufficio si specializzino su determinate pratiche, maturando un’esperienza che consente loro di evaderle in rapidità. È il caso delle fatture passive, spesso suddivise tra i colleghi in base ai diversi fornitori. Sostituire l’operatore che lavora con un certo subset di fornitori diventa complicato, perché occorre insegnare al nuovo arrivato caratteristiche del documento e peculiarità della procedura.

Le inefficienze organizzative emergono, infatti, negli spazi vuoti tra competenze, laddove si è concluso il compito di un operatore e non è ancora iniziato quello del collega. Portare in primo piano il processo, con i diversi step e le varie interazioni, permette di individuare colli di bottiglia e ridondanze per ottimizzare l’intera attività. “Se riusciamo a portare il processo dentro quella parte del sistema informativo costituita dal BPM e disegniamo come si devono comportare le persone nello svolgimento dei vari compiti, chiunque diventa in grado di interagire con il processo e di portare avanti il lavoro per raggiungere il risultato finale”, continua Grotto.

Ciò non significa azzerare la formazione delle persone, ma investire di più nell’apprendimento di attività a maggior valore aggiunto. L’importante è che l’azienda si attivi per tempo nella strutturazione dei processi digitali, senza attendere che le stratificazioni degli anni appesantiscano le procedure. “Occorre ribaltare il paradigma”, dice il Direttore commerciale di Arket. “I processi diventano farraginosi perché le esigenze cambiano e spesso si adottano soluzioni contingenti, che si moltiplicano nel tempo e rendono i processi sempre più pesanti. Al contrario, occorre prevenire il problema e agire quando l’azienda è in crescita e riesce a organizzare bene il lavoro”.

Ciò permette di ripensare nel corso del tempo determinate procedure, anche sulla base delle nuove esigenze di business e degli input provenienti dall’esterno. Evitando al contempo conflitti tra gruppi di lavoro e funzioni aziendali, che non dialogano tra loro. “Le disfunzioni di processo costano care”, avverte Grotto. “Avere un flusso di lavoro fluido e ben strutturato consente invece di mantenere snella l’azienda e non perdere competitività”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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