Giovanni Maggiò, l’Olivetti che rese grande Caserta (col basket)

Per sua stessa natura, lo sport possiede il potere di influenzare la società, grazie alla sua capacità di affascinare e unire gli individui. Non è dunque un caso che allo sport si ricorra anche per ‘ripulire’ la propria immagine, distogliendo l’attenzione dell’opinione pubblica da corruzione, violazione dei diritti umani o altri scandali. In un’epoca storica come quella che viviamo, sempre più numerosi sono gli esempi di sport washing e sempre più consistenti – spesso fuori da ogni logica e regola di moralità – gli investimenti finanziari sostenuti per organizzare eventi sportivi di richiamo internazionale, acquisire, promuovere o sponsorizzare società e protagonisti del mondo sportivo.

A fronte di queste pratiche viziose, esistono però esempi lampanti di imprenditori che utilizzano lo sport come potente veicolo di responsabilità sociale, restituendo al territorio e alla comunità una parte del valore che sono riusciti a creare con il proprio business. Imprenditori illuminati che percepiscono la necessità di far diventare le proprie imprese membri attivi della società, sostenendo o promuovendo attività che abbiano un grosso impatto sulla vita delle persone. Proprio per questo, molto spesso le attività sportive – e a tutti i livelli – diventano il catalizzatore di tali investimenti.

La docuserie andata in onda sulle reti Rai (e disponibile su Raiplay) – Scugnizzi per sempre – racconta in maniera molto efficace la storia di un imprenditore, Giovanni Maggiò, e la sua ostinazione nel regalare a una piccola città del Sud, Caserta, un sogno che ai più sembrava irrealizzabile. E che, ancora oggi, a distanza di oltre 30 anni, rimane una delle più belle pagine di sport nel nostro Paese e, per certi versi, una favola unica e irripetibile nel suo genere. A oggi, infatti, Caserta rimane l’unica squadra di basket a Sud di Roma ad aver vinto il campionato italiano.

Juve Caserta, dalla Serie B allo Scudetto

Scugnizzi per sempre ripercorre l’epopea della Juve Caserta, società nata per merito di un gruppo di appassionati locali nel 1951, che comincia la sua incredibile scalata verso il successo con l’arrivo dell’imprenditore Maggiò, negli Anni 70. Immediatamente Maggiò interpreta questo impegno nel mondo del basket con un fortissimo senso di responsabilità nei confronti della città. È data un’impronta manageriale e professionale all’organizzazione del club, che in pochi anni arriva, dalla Serie B, a posizionarsi stabilmente in Serie A2.

Sempre pensando in grande, e cavalcando la crescente passione per il basket che si sviluppa a Caserta, Maggiò ingaggia il noto Direttore Sportivo Giancarlo Sarti, il mago slavo della panchina Boscia Tanjevic e uno dei giocatori più forti al mondo, il brasiliano Oscar Schmidt, tuttora detentore del record mondiale assoluto di punti segnati in carriera (49.737). I risultati raccontano una scalata impressionante: ottavi di finale playoff nel 1982-83; quarti nel 1983-84; semifinale nel 1984-85; prima storica finale scudetto nel 1985-86. Persa al primo tentativo, la finale sarà raggiunta nuovamente l’anno successivo, ancora con esito negativo, e poi finalmente vinta nel 1990-91. Solo al terzo tentativo, sempre contro Milano, e alla quinta partita di una bellissima serie, il 21 giugno 1991 la Juve Caserta – in quegli anni sponsorizzata da Phonola – si consacra campione d’Italia.

Il senso di responsabilità per la comunità

Non sono però solo i risultati sportivi ad aver reso Maggiò una figura unica e indimenticabile, non solo per gli appassionati di basket. La sua determinazione, il coraggio mostrato in tante scelte delicatissime, il senso di responsabilità verso la comunità che ha sempre prevalso sugli interessi personali, sono tratti distintivi da tutti riconosciuti a questo imprenditore, nominato Cavaliere del lavoro nel 1978 e poi entrato a far parte dell’Italia Basket Hall of Fame nel 2012.

Quando il vecchio palazzetto della città si presentava ormai inadeguato a ospitare le partite della Juve Caserta non esitò a farsi completamente carico della costruzione di un nuovo impianto. E, se a tutti lasciò pensare a un prefabbricato che rispettasse i criteri minimi regolamentari, decise in realtà di lanciarsi un’impresa incredibile: in soli 100 giorni costruì il PalaMaggiò, un gioiello da oltre 5mila posti a sedere, con un campo di allenamento per il settore giovanile adiacente alla struttura principale e una serie di servizi che, all’epoca, lo rendevano, per tutti gli addetti ai lavori, il palazzetto più bello d’Italia. Un’iniziativa incredibile, che sorprese e inorgoglì ulteriormente la città – che cominciò a chiamarlo la “Reggia del basket” – e che alimentò ulteriormente il senso di appartenenza. Per alcuni sarebbe stato una cattedrale nel deserto; al contrario, divenne ben presto difficile trovare i biglietti per le partite, risultando sempre sold out e accogliendo una delle tifoserie più calde e appassionate del nostro Paese.

Numerose altre sono state le scelte coraggiose di Maggiò. Tra queste, l’idea di puntare sin dall’inizio sulla costruzione di un settore giovanile organizzato e competitivo, capace di produrre talenti come Nando Gentile ed Enzo Esposito. Come ben raccontato dalla docuserie della Rai, per tantissimi ragazzi del territorio il basket divenne la possibilità concreta di proiettarsi in una dimensione totalmente diversa, inimmaginabile fino a qualche anno prima. E non è un caso che nella squadra che vinse lo scudetto, oltre ai due scugnizzi per eccellenza Gentile ed Esposito, ci fossero altri cinque giocatori provenienti dal vivaio.

Altra scelta lungimirante e coraggiosa di Maggiò fu proprio quella di puntare, quando Tanjevic lasciò Caserta nel 1986, sul coach che quel settore giovanile aveva in qualche modo messo in piedi, Franco Marcelletti. Ancora una volta i risultati gli hanno dato ragione: finale per lo scudetto nel 1987, vittoria della Coppa Italia nel 1988, memorabile finale di Coppa delle Coppe contro il Real Madrid nel 1989 e poi lo Scudetto nel 1991.

Fare impresa oltre il valore economico

Determinante fu la capacità di Maggiò di traslare al mondo dello sport il suo modo di fare impresa, la sua visione e i suoi valori. Come racconta il figlio Gianfranco – giovanissimo lo affiancò nella sua avventura nel mondo del basket e poi ne raccolse l’eredità alla guida del club, dopo la sua scomparsa nel 1987 – Maggiò svolgeva il ruolo d’imprenditore nel senso più nobile del termine: l’azienda non era proiettata solo alla creazione di valore economico e profitto, bensì era un mezzo per sostenere la creazione di valore sociale. E pur avendo pagato sulla propria pelle questo modo di fare – con difficoltà e peripezie di varia natura – mai ha rinnegato questo modo di fare.

Chi ha avuto la fortuna di frequentare il PalaMaggiò in quegli anni d’oro, come il sottoscritto, percepiva chiaramente l’alchimia e l’assoluta identificazione tra proprietà, management, giocatori, tifosi e città. Una spinta propulsiva che andava, se possibile, oltre i valori tecnici e che incarnava la forza della visione di Maggiò e della sua volontà di mettere tutte le proprie capacità e possibilità al servizio di quella favola. Non a caso, senza la famiglia Maggiò la storia del basket a Caserta non ha mai più conosciuto i fasti di un tempo.

Giovanni Maggiò, Juve Caserta, PalaMaggiò, basket


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Angelo Riviezzo

PhD, Professor of Management, University of Sannio – Department of Law, Economics, Management and Quantitative Methods (DEMM)

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