Gli eventi disruptive come occasione per trasformare il business
La trasformazione del business è una vera e propria esperienza umana. Gli eventi disruptive creano sempre stress e preoccupazione per l’assenza di controllo, indipendentemente dalle loro origini. La crisi generata Covid-19 ha portato a due atteggiamenti principali all’interno delle organizzazioni: da un lato ci sono le aziende che minimizzano la loro esposizione al cambiamento, sperando che tutto finisca presto; dall’altro lato ci sono quelle che vedono in questa disruption senza precedenti un’opportunità per ricomporre tutto quello che era stabilito, come ho raccontato durante la masterclass del WOBI 2021.
I leader non devono concepire questa crisi come qualcosa di negativo, ma come un’opportunità perfetta per cambiare. Ora è il momento di decidere quale ruolo rivestire: essere un vincitore oppure una vittima della disruption? La chiave risiede nel mettere in discussione tutto ciò che riguarda il business e i clienti. Non è importante avere tutte le risposte, ma avere quelle adeguate. Chi sono i clienti? Quali sono quelli del futuro? Bisogna inseguire il consumatore ogni volta che si muove e cambia: si tratta di guardare in prospettiva e investire oggi per il domani.
Il ciclo di vita della disruption e le strategie di crescita
Quando si affronta una crisi o un momento di grandi cambiamenti è fondamentale conoscere il punto di partenza, ovvero dove si trova la nostra organizzazione nel ciclo di vita della disruption. Solo in base a questo è possibile pianificare le mosse successive. La curva della disruption ha differenti fasi: comprensione, valutazione, pianificazione e sostegno. Vediamole nel dettaglio.
La comprensione consiste nel capire ciò che sta accadendo attraverso la ricerca del cliente e lo sviluppo degli scenari. Nella seconda fase (valutazione) si analizza che direzione sta prendendo l’organizzazione: è il momento in cui sorgono ansia e preoccupazione; tuttavia, se si individua il punto in cui ci si trova, è possibile iniziare a prendere delle decisioni. La paura si trasforma, così, in un forte motivatore per andare avanti. Nella terza fase si pianifica: una volta compreso cosa sta succedendo e come sta impattando sull’organizzazione, si inizia a elaborare un piano. Poi si passa alla quarta fase (sostegno), in cui si individuano le risorse necessarie per implementare il piano strategico, come le persone, i soci, la tecnologia, la formazione, i processi. Infine, con la quinta fase si passa all’esecuzione, nella quale è fondamentale non solo come si esegue il piano, ma anche come si può scalare e accelerare il processo.
La trasformazione è un processo duale, nel quale bisogna gestire il business già esistente insieme con le nuove opportunità create. Per quanto riguarda il primo, conviene focalizzarsi su come razionalizzare il proprio modello, sull’efficienza operativa dell’organizzazione e su come non perdere mai di vista il bilancio. Tutto questo deve essere combinato con una visione verso il futuro e con le nuove opportunità che porta con sé. Comprendere da dove provengono le nuove esigenze dei consumatori, investire nella ricerca e nello sviluppo e pianificare nuove acquisizioni sono tre indicazioni utili per far fronte alle nuove opportunità.
La strategia dipende sempre dal punto di partenza. Semplificando, ne esistono quattro principali per le organizzazioni. Per esempio si può essere in una forte posizione competitiva e con un buon supporto finanziario; in questo caso è utile adottare una posizione offensiva, lanciarsi in nuovi mercati e fare nuove acquisizioni. Diversamente, ci si può trovare in una posizione competitiva debole, ma con un forte appoggio economico; per queste organizzazioni la chiave è investire nella crescita, ridefinire la proposta di valore dell’azienda e finanziare la crescita futura. C’è anche il caso in cui un’azienda è forte competitivamente, ma dispone di un sostegno finanziario debole: si può lavorare, quindi, per ottenere dei finanziamenti; in questa situazione, è importante che l’azienda riduca i costi, non tagliando sul personale, ma su prodotti e servizi non essenziali. Infine, un’azienda può essere debole sia competitivamente sia finanziariamente: è il momento di crescere, scommettendo sui nuovi mercati e sulle nuove opportunità come unico modo per sopravvivere.
Pianificare per l’incertezza e il triplo risultato
Viviamo in un mondo volatile, incerto, complesso e ambiguo in cui è molto difficile prevedere ed elaborare piani a lungo termine senza che le circostanze attorno a noi varino. Per questo è imprescindibile riformulare il processo di pianificazione strategica, in modo che le organizzazioni siano preparate per i grandi cambiamenti. La disruption non rispetta il calendario; il segreto dei piani strategici in questo senso è che sono a lungo termine, ma con un aggiornamento nel breve termine.
Per fare una revisione periodica è fondamentale rilevare i trigger, cioè i fattori scatenanti di una determinata situazione. Non si tratta di rielaborare la strategia ogni tre mesi, ma di continuare ad adattarla e aggiornarla in base ai cambiamenti e alle novità. Per farlo, è conveniente pianificare gli scenari che permettono di gestire l’incertezza; in questo modo i leader esplorano differenti futuri possibili per allargare la propria prospettiva, fare le mosse adeguate e identificare i segnali a cui prestare attenzione, dando un senso agli avvenimenti mentre stanno accadendo.
Quando si parla di trasformazione del business bisogna pensare in grande. Non si tratta solo di cambiare l’organizzazione, ma anche di cambiare la società in cui viviamo. Si è dimostrato che le organizzazioni che sono socialmente responsabili resistono meglio alla crisi e sono quelle più resilienti. Se vogliamo che l’organizzazione cresca, dobbiamo far sì che la società e i clienti prosperino. Infatti questi ultimi stanno prestando molta più attenzione a questo aspetto e sono più critici nei confronti delle aziende. Un terzo dei clienti ha smesso di acquistare un brand perché considera le sue azioni ingiuste e il 71% sostiene che se un’azienda mette al primo posto i benefici invece delle persone, perde fiducia (difficile da costruire, ma facile da danneggiare).
Caratteristiche, abilità e abitudini dei leader disruptive
In questo scenario, un ruolo fondamentale è quello dei leader, che, se sono autentici, sono in grado di far sì che le persone si sentano motivate, valorizzate e ispirate. Danno potere ai team e ottengono il meglio da ciascuno dei membri. Si può dire che la leadership si basa sulle relazioni, anzi, è una relazione tra chi aspira a essere leader e chi sceglie di seguire.
La leadership è qualcosa di cui una persona si appropria in funzione della relazione che stabilisce con chi le persone. Oggi il modo in cui instauriamo relazioni e comunichiamo è cambiato e, quindi, anche il modo in cui un leader si rapporta con i collaboratori. Nei momenti di difficoltà le persone hanno bisogno di manager capaci di spingerle ad alimentare questo movimento; per creare delle disruption i leader necessitano di qualcuno che li segua e questi ultimi necessitano di una persona che li accompagni nel loro percorso.
I leader disruptive hanno una serie di caratteristiche in comune: sono aperti al cambiamento, sperimentano costantemente poiché ritengono che ci sia sempre qualcosa di migliore, si sentono a proprio agio con l’incertezza, trovano interessanti le trasformazioni che si inseriscono nella routine, credono che il mutamento sia la norma e anche un’opportunità di crescita. Hanno inoltre comportamenti che ispirano e danno potere ai dipendenti: prevedono nuove possibilità per l’organizzazione, interpretano gli avvenimenti per spiegare la necessità di un cambiamento e costruiscono una coalizione di persone chiave per permettere che avvenga, guardano oltre i limiti dell’organizzazione per trovare nuovi modi di migliorare, e permettono alle persone di provare nuove strategie.
In ogni organizzazione ci sono quattro tipologie di leader disruptive: i primi sono i leader realisti-ottimisti, che hanno una grande apertura al cambiamento, in grado di ispirare e dare potere ai dipendenti; poi ci sono gli agenti provocatori, che sono quelli aperti di mente e disposti a cambiare, ma non sono capaci di creare dei team efficaci e di connettersi con i membri; gli scettici-preoccupati, invece, sono quelli che vedono la disruption come qualcosa di lontano (anche se è importante che comprendano perché un cambiamento è necessario); infine, i manager decisi si comportano come leader, ma non lo sono fino in fondo. In questo caso, per un cambiamento efficace, è conveniente unire questi manager con gli agenti provocatori.
Nominata da Fast Company come una delle persone più creative nel mondo del business, Charlene Li è un’esperta di digital transformation e di strategie di crescita disruptive. Durante gli ultimi vent’anni ha aiutato le persone a visualizzare il futuro e, grazie alla sua profonda conoscenza in materia di leadership, strategia, interactive media e marketing, ha una visione unica sul mondo del business in continua evoluzione.
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