Gocce di leadership

Viviamo in un mondo interconnesso e abbiamo sperimentato la portata del ‘Butterfly Effect’. Dal mercato di Wuhan alla paralisi dell’Occidente, alla quarantena dei cinque continenti, il passo è stato brevissimo. Senza avere il tempo di sperimentare, abbiamo dovuto sostituire la scrivania dell’ufficio con un tavolo improvvisato in casa, magari da condividere con altri membri della nostra famiglia. Senza alcun allenamento, senza che ci fossero date nuove regole, abbiamo dovuto cambiare gioco. Un gioco che si è rivelato particolarmente pesante per le donne, che già si ritengono molto fortunate quando i mariti/compagni ‘danno una mano’. Concetto questo intrinsecamente fuorviante, perché allontana dall’idea della condivisione, che la nostra cultura non ha ancora interiorizzato con efficacia.

Nuove regole per un nuovo gioco

Abbiamo iniziato a giocare con regole diverse all’interno di uno scenario dove l’organizzazione delle imprese, complice l’avvento del digitale, sta subendo una trasformazione radicale. Le tecnologie della quarta rivoluzione industriale richiedono un coinvolgimento di pensiero da parte di tutti ed è così che il modello organizzativo da verticale si riconfigura orizzontalmente: l’accesso alle informazioni è distribuito e la merce di scambio è sempre meno remunerazione a fronte di tempo ma remunerazione a fronte di obiettivi raggiunti. Quali regole servono per organizzare questo gioco? Sappiamo che il modello dirigista di derivazione Taylorista ha lasciato il suo tempo: i controllori che sovrintendono il lavoro hanno ben poco da controllare in un nuovo modello di azienda distribuita, dove lo smart working si è trasformato in remote working durante la pandemia e, possiamo scommetterlo, nel post-Covid non tutti rientreranno a pieno regime ad occupare le proprie scrivanie. Il lavoro svincolato dal luogo di lavoro ha funzionato, con molti limiti certamente, ma come hanno perso di significato organizzazioni dove per fare non era necessario pensare, non rientreremo nemmeno più all’interno di modelli rigidi, legati a obsoleti meccanismi di valutazione delle performance.

Distribuire il potere

Il momento è particolarmente sfidante perché la pandemia ha accelerato l’adozione di modelli organizzativi che alcune aziende stavano sperimentando solo timidamente. E questo rappresenta un banco di prova per i capi. Dirigere in un’organizzazione verticistica era più facile, soprattutto i capi potevano contare su esperienze consolidate nel corso di un paio di secoli. Oggi il comando dal vertice non funziona più, il concetto di comando e controllo è entrato definitivamente in crisi: il modello gerarchico va sostituito con una relazione di fiducia, dove le persone riconoscono una dimensione di senso al proprio lavoro, che deve andare oltre l’esecuzione di un compito. In questo scenario i primi a cambiare devono essere proprio i capi: viene messa in discussione la modalità con la quale rappresentiamo il potere perché tutti coloro che lavorano in azienda con una dose di autonomia e responsabilità chiederanno di avere potere, e i nuovi leader, coloro che guideranno le organizzazioni così come si stanno configurando, non dovranno aver paura di distribuirlo. La complessità è talmente ampia che l’uomo solo al comando non ha sufficienti risorse per gestirla, deve distribuire potere, e aiutare le persone ad assumersi delle responsabilità.

Creare connessioni, entrare in sintonia

L’autorità deve lasciare definitivamente spazio all’autorevolezza e alla capacità di entrare in una sintonia autentica con le persone. E qui ci avviciniamo al cuore del nostro tema. L’organizzazione verticistica doveva essere emotivamente ‘anestetizzata’ mentre ora diventa fondamentale entrare in sintonia con l’altro; il leader, per esprimere il suo ruolo, deve agevolare la creazione di connessioni, anche emotive, con le persone. È passato il tempo degli ordini calati dall’alto: aiutare le persone a responsabilizzarsi riscoprendo il senso dell’agire quotidiano rappresenta la sfida dei leader del futuro. I leader che abbiamo conosciuto sino ad ora sono stati in prevalenza uomini, o donne travestite da uomo.

Il potere dell’empatia

Il momento che stiamo vivendo, se pure drammatico dal punto di vista economico, porta con sé delle opportunità, se le sapremo cogliere. Innanzitutto potremo trarre insegnamenti dall’esperienza che tutti, capi e non, abbiamo vissuto. In secondo luogo potremo impegnarci per cambiare ciò che prima non andava. Non potremo costruire un futuro sostenibile se continueremo a pensare che i figli per le organizzazioni sono un problema, se gli inconscious bias continueranno a orientare decisioni strategiche che si rivelano sbagliate, come escludere generi o culture diverse per alcune posizioni. Non basta una pandemia – che pure ha rappresentato un catalizzatore di importanti cambiamenti – per eliminare pregiudizi profondamente radicati, ma ora che le aziende hanno bisogno di guide che esprimano nuovi valori, le donne hanno il dovere di farsi avanti.

Abbiamo bisogno di donne disposte a guidare le organizzazioni perché la leadership non può prescindere dall’empatia, dal desiderio autentico di entrare in sintonia con lo stato emotivo degli altri e di prendersi cura, non solo del benessere della propria impresa ma anche del suo territorio. Dovremmo fidarci di più delle donne, ma anche le donne dovranno fidarsi di se stesse. E per questo serve un allenamento, molto duro. E Cristina Melchiorri, autrice del libro di cui riporto la prefazione, ce lo argomenta qui Tra le righe: Cristina Melchiorri e la nuova leadership

Leadership e autenticità   

L’autrice è stata una campionessa di nuoto, ha sperimentato su di sé la fatica dell’allenamento. Non si nasce campioni, lo si diventa con l’allenamento. Ma bisogna aver voglia di cimentarsi nella gara e accettare il confronto. Abbiamo dentro di noi le caratteristiche per diventare leader e contribuire, con cambiamenti incrementali, a cambiare le tante cose non funzionavano prima che una farfalla battesse le sue ali a Wuhan. Questo nuovo mondo ci sta lanciando una sfida, e dovremmo essere disponibili ad allenarci, per mettere in pratica ciò che con molta naturalezza potremmo mettere a disposizione delle nostre organizzazioni. Il problema è che chi ha il potere non lo cede, sta a noi allenarci a prenderci degli spazi. E per raggiungere un obiettivo, e arrivare al traguardo da vincitori, bisogna avere un metodo, e seguire un programma di allenamento. Questo ci dice l’autrice, che attraverso le pagine di questo libro racconta di sé ma ci porta anche le testimonianze di tante donne che, con grande generosità, esplicitano i loro limiti, che l’autrice indica come superare. Le donne sono spesso troppo critiche con se stesse, la loro autostima si intacca più facilmente, abituate come sono state per millenni a ruoli secondari. Ma il nuovo mondo che si sta prefigurando avrà sempre più spazio per persone autentiche, disposte a mettersi in discussione per diventare il capo che ognuna di noi vorrebbe avere. Il leader non deve fare tutto alla perfezione. Con grande generosità, si deve mettere al servizio per far crescere i suoi collaboratori. È così che si guadagna la loro stima. Non per allevare seguaci ma per aiutare altre persone a credere in se stesse.

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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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