Governare la complessità: gli Anni 80 e 90 e l’apertura interdisciplinare

Una seconda fase della vita della rivista caratterizza gli anni in cui la stessa, con la direzione di Rugiadini e poi di Raoul Nacamulli, assume un rapporto più stretto con l’Università Bocconi. Dal 1977, per un decennio sarà la rivista della Sda Bocconi; successivamente, fino al 1999, del Crora, il Centro di Ricerca sull’Organizzazione Aziendale.

Il riferimento più diretto al mondo universitario diventa importante; proprio la Bocconi all’inizio degli Anni 70 ha avviato una riforma dei suoi corsi di studio dando maggiore spazio che in passato all’Economia Aziendale e allo sviluppo dei temi manageriali, declinati nelle diverse aree funzionali. Marketing, Produzione, Finanza, Programmazione e Controllo, Organizzazione Aziendale e Strategia d’Impresa diventano corsi fondamentali nei piani di studio. L’impostazione avviata inizialmente da Bocconi e da Ca’ Foscari diventa poi il paradigma di riferimento per le facoltà di economia di tutta Italia e trova accompagnamento in un parallelo sviluppo della ricerca e delle pubblicazioni su questi temi. Sono anche gli anni in cui la consulenza e la formazione manageriale si sviluppano in modo consistente.

Sviluppo&Organizzazione si può avvalere così di un flusso di contributi molto più ampio degli esordi, alimentato da una nuova generazione di studiosi universitari, bocconiani e no, ma anche da consulenti e formatori che si stanno affermando in una fase espansiva dei rispettivi mercati.

La scelta della rivista è per un approccio pluralistico, focalizzato sui temi organizzativi e delle risorse umane, ma aperto a contributi nelle aree di confine come il marketing, la finanza, il controllo di gestione. Il pluralismo è valorizzato anche dal punto di vista della multidisciplinarietà, recependo apporti dalle aree dell’economia aziendale, della sociologia, della psicologia, dell’ingegneria gestionale.

C’è anche la volontà di stimolare il confronto con la ricerca internazionale sui temi centrali per la scienza organizzativa; già negli Anni 70 si erano pubblicati articoli di autori stranieri; ora però, questa scelta diventa sistematica, attraverso accordi con le più importanti riviste del settore. Nei primi Anni 80 escono le traduzioni di articoli di autori di punta sul piano mondiale: Geert Hofstede (1980), “Motivazione, leadership e organizzazione: si possono applicare all’estero le teorie americane?”; William G. Ouchi (1981), “La progettazione dei meccanismi di controllo organizzativo”; Jay R. Galbraith (1983), “Organizzare per l’innovazione”.

Gli articoli selezionati con riferimento a questo lungo periodo sono rappresentativi delle caratteristiche che la rivista ha assunto con la sua maturazione.

La questione di fondo che troviamo affrontata da molteplici punti di vista è quella della complessità. In un articolo del 1977, “Nuove strutture per le funzioni di intervento sull’organizzazione”, Gian Franco Goeta coglie la necessità di riprogettazione globale per gli uffici e servizi che in passato si occupavano di organizzazione in logica prevalentemente di norme e procedure, o di “tempi e metodi”. Si fa strada così la ricerca di nuove modalità di integrazione tra i diversi interventi che incidono sull’organizzazione, considerando anche la formazione e le politiche del personale. Una politica unitaria, sostenuta da strutture rinnovate, può dare un senso e sinergia alle diverse azioni, adottando una logica organica di trasformazione graduale e paziente.

Gennaro nel suo articolo del 1979 la inquadra con chiarezza, riferendola al ruolo stesso del capo dell’impresa che “si trova quindi oggi con un frustrante sovraccarico di impegni e l’obiettiva difficoltà ad assolvere adeguatamente a quello che avverte essere il suo ruolo essenziale: di pilotare l’azienda fra le molteplici e variabili influenze e pressioni che riceve dall’esterno”; l’articolo è dedicato a “formazione e sviluppo del gruppo direttivo di vertice” ed esplora alcune soluzioni emergenti in questo ambito come il Project management e Office of the President. Gennaro, non più direttore, è ancora molto attivo sulla rivista dove affronta problemi di frontiera, centrali per la progettualità organizzativa in un periodo in cui la complessità degli assetti aziendali travalica la capacità di risposta in base alle concezioni correnti, quelle che improntano la cultura sia dei manager sia degli studiosi. Analogo è il senso di un suo successivo articolo (1982) sulle “imprese familiari di grande dimensione in Italia”, una realtà dove è evidente la debolezza dei modelli organizzativi ancora diffusamente adottati in quel periodo.

Molto significativo, rispetto a questa tensione ad approfondire il governo della complessità aziendale con precisi riferimenti alla realtà italiana, è anche l’articolo di Gianni Lorenzoni (1982) “La struttura organizzativa holding. Analisi di un disegno organizzativo emergente nelle imprese italiane”. L’autore riconduce la rapidissima diffusione del modello di controllo verticale – realizzato mediante la struttura organizzativa holding – ad alcuni “specifici caratteri della cultura industriale, dello sviluppo manageriale, e dell’ambiente economico, politico e sindacale italiano”. Conclude l’articolo rilevando i significativi connotati positivi di questa scelta in una logica “contingente” rispetto all’ambiente, ma anche l’esigenza che sia accompagnata da coerenti interventi progettuali per strategia d’impresa, meccanismi di funzionamento e profili di competenza.

Nel corso degli Anni 80, il legame istituzionale con la Sda Bocconi si traduce in una notevole messe di articoli prodotti dai docenti impegnati in questa scuola di management che proprio in quegli anni si sta affermando nel contesto nazionale con progetti formativi importanti, ma anche contributi originali di ricerca. Emblematico in questo senso è l’articolo di Vittorio Coda, allora Direttore Generale della Sda, che delinea il modello della formula imprenditoriale, destinato a divenire riferimento fondamentale nel campo della strategia aziendale (1984). Si tratta di un modello sistemico, che abbraccia gli sviluppi del pensiero strategico a livello internazionale, considera l’interazione tra l’approccio alla competizione e l’approccio alle relazioni con gli stakeholder, riconoscendo anche l’intreccio tra i risultati economico-finanziari, competitivi e sociali. È un’impostazione che attualizza nel nuovo contesto competitivo e globalizzato degli Anni 80 alcuni assunti di fondo della dottrina economico aziendale italiana.

Ma l’attenzione al governo della complessità conduce la rivista a recepire anche contributi provenienti da diverse discipline; questa apertura è rappresentata nella nostra selezione da articoli come quello di Gian Piero Quaglino e Giuseppe Varchetta (1986), che individuano nel riconoscimento della complessità e nella crisi della razionalità gli assi portanti di un mutamento che esigono una “revisione dei modelli di lettura dell’organizzazione e degli schemi di intervento” nella direzione del pensiero organizzativo complesso e della centralità del soggetto. Gli autori ne derivano tra l’altro implicazioni importanti per la formazione manageriale nel senso dello sviluppo delle potenzialità individuali e del rilievo assegnato alla metodologia esperienziale, anticipando quindi temi che solo in tempi molto più recenti hanno trovato ampio consenso e diffusione.

Sempre nel 1986, Federico Butera con il suo articolo “Il futuro del lavoro è cominciato: comunicare, decidere, risponderne” apre la vista sullo scenario emergente di grande mutazione che interessa il lavoro. Le nuove forme organizzative, più flessibili, organiche, di impresa rete, le innovazioni tecnologiche, i cambiamenti culturali interni ed esterni alle aziende sono fattori che concorrono nell’imporre un modo diverso di concepire e organizzare il lavoro, nel segno di autonomia, responsabilità, professionalizzazione. Una visione che anticipa di oltre 30 anni evoluzioni che stiamo ancora vivendo in questi tempi.

Su un versante complementare, altrettanto anticipativo è l’articolo di Giovanni Costa (1989) su “Tecnologia, organizzazione e strategia di produzione”, che porta l’attenzione sulle sfide che le nuove tecnologie di produzione flessibili pongono alle imprese nel segno dell’innovazione e della competitività. Sulla scorta dell’analisi di casi di imprese emergenti in quel periodo (Benetton, Nordica, Zegna, Campagnolo, Safilo, oltre a Toyota e 3M), l’autore, in una fase di ingenuo entusiasmo per i processi di terziarizzazione e per la “società post industriale”, riporta l’attenzione in chiave strategica sui temi dell’industria, della manifattura, della produzione, che si riveleranno negli anni successivi basilari per la tenuta economica del nostro Paese.

L’apertura interdisciplinare prosegue con molti altri articoli; significativo quello di Claudia Piccardo per la psicologia del lavoro, dedicato all’empowerment (1992); questo costrutto originariamente sviluppato nell’ambito della letteratura politica, medica e pedagogica è stato proposto negli Anni 80 per il contesto aziendale in ottica di sviluppo organizzativo; Piccardo, in linea di continuità con le idee sviluppate da Quaglino e Varchetta, ne evidenzia l’inserimento in un paradigma concettuale che mette l’individuo al centro del sistema organizzativo e che valorizza l’aspetto relazionale e motivazionale. Sulla base di una chiara e pulita concettualizzazione, l’autrice apre un’ulteriore prospettiva innovativa su una metodologia di formazione rivolta alla generazione e sperimentazione di schemi comportamentali che si staccano da quelli tradizionali.

Gianfranco Dioguardi esplora l’applicazione del concetto di rete nelle organizzazioni d’impresa nell’articolo “Reti e organigrammi” (1995); ne esamina i presupposti attingendo alla letteratura manageriale più avanzata, come premessa per l’analisi delle diverse tipologie applicative e per la configurazione degli organigrammi. Individua così le imprese del settore delle costruzioni come ambito particolarmente rispondente all’impiego dei concetti reticolari per la propria architettura organizzativa; ne derivano soluzioni idonee a realizzare e sostenere nel tempo una rete territoriale fra i diversi cantieri.

L’apprendimento organizzativo è un altro tema emergente negli Anni 90, che troviamo diffusamente trattato nelle pagine di Sviluppo&Organizzazione: è il caso dell’articolo di Fulvio Carmagnola (1997), che in ottica ancora di sviluppo organizzativo propone un modello dinamico dell’apprendimento; l’idea chiave fa perno su riferimenti che non appartengono alla storia dell’impresa, ma fanno parte di altre tradizioni del sapere, come scoperta scientifica, evoluzione, scienze della cognizione. Con il suo modello dinamico, Carmagnola esplora l’organizzazione come sistema cognitivo, offrendo una traccia concettuale per gli interventi finalizzati al miglioramento e al cambiamento; e apre così a temi che diventeranno sempre più importanti e seguiti negli anni successivi, come il coaching e l’approccio narrativo all’organizzazione.

Anche l’articolo di Anna Grandori (1999), sul coordinamento organizzativo tra imprese, si affaccia sulla frontiera della ricerca, ma anche della pratica manageriale; la comparazione delle differenti forme di network e di relazioni contrattuali tra imprese consente di sviluppare una serie di alternative strutturali, contribuendo così al sostegno delle scelte progettuali dell’organizzazione in questa chiave allargata. Applicando una metodologia originale, Grandori valuta la capacità di regolare i diversi tipi di interdipendenza da parte di tre distinte e specifiche forme di network interaziendali (“sociali”, “burocratici” e “proprietari”), considerate come insiemi specifici di meccanismi di coordinamento. Ne deriva una “guida sistematica per la valutazione e la progettazione dell’organizzazione interaziendale”, supportata dall’evidenza delle risultanze delle ricerche disponibili in merito all’applicazione effettiva delle diverse soluzioni.

In questo ventennio che conclude il secolo XX, la rivista riesce quindi a sviluppare la concezione sistemica dell’organizzazione e l’ideale umanistico del periodo fondativo operando su una pluralità di direttrici; grazie al deciso ampliamento degli autori, al collegamento con la Bocconi, all’apertura alle università di tutta Italia, all’attenzione ai contenuti che si affermano nei Paesi in cui la ricerca di management e di organizzazione è più avanzata, Sviluppo&Organizzazione offre ai suoi lettori un ricco ventaglio di tematiche. Esplora, in pratica, la frontiera della disciplina. La serie di articoli inseriti in questa rassegna costituisce solo una piccola parte di questa offerta, ma bastano a dare il segno del felice mix realizzato tra l’apertura interdisciplinare a correnti di pensiero in grado di fertilizzare la teoria e la prassi dell’organizzazione e l’attenzione alla realtà aziendale italiana e agli aspetti evolutivi che la caratterizzano, senza trascurare i più ampi scenari internazionali.

La rivista evolve rapidamente anche nella sua struttura interna e nella ricchezza dei contributi. Dal 1988, con la nuova direzione di Nacamulli nell’ambito del Crora, vengono inserite nuove rubriche affidate a esperti esterni, tra cui: “Ossimori” a cura di Giovanni Cattaneo, “Iconografie organizzative” a cura di Cristiano Cassani e Giuseppe Varchetta; “Il Principe di Condé” di Francesco Varanini, che commenta romanzi nell’ottica del management; “Bonsai” di Paolo Preti, sulle esperienze delle PMI.

Viene istituito un Comitato scientifico, con studiosi rappresentativi di diverse discipline e operanti nelle principali università italiane. Si intensifica anche, con la cura e supervisione di Anna Grandori, la traduzione di articoli pubblicati in sedi internazionali sui temi emergenti della ricerca. Nell’elenco degli autori più significativi, compaiono nomi importanti per lo sviluppo delle scienze organizzative nella seconda metà del Novecento.

Una serie di articoli tradotti e pubblicati previo accordo con i journal in cui sono apparsi originariamente (1988-1998)

Herbert A. Simon (1988), “Intuizioni ed emozioni nelle scelte manageriali”

John Child (1989), “Tecnologie dell’informazione e reti organizzative”

Karl E. Weick (1990), “I sistemi organizzativi a connessione debole”

Lucien Karpik (1991), “L’economia della qualità”

Sumantra Ghoshal e Christopher A. Bartlett (1991), “L’impresa multinazionale come network interorganizzativo”

Dave Ulrich e Dale Lake (1992), “Capacità organizzativa e vantaggio competitivo”

Erhard Friedberg (1994), “Quattro dimensioni dell’azione organizzativa”

Jeffrey Pfeffer, “Vantaggio competitivo attraverso le persone”

James G. March (1995), “Organizzazioni usa e getta”

Thomas Donaldson e Lee E. Preston (1995), “Stakeholder aziendali”

Candace Jones, William Hesterly e Stephen P. Borgatti (1998), “Le reti organizzative”

La raccolta degli articoli è pubblicata in tre volumi raccolti in un prezioso cofanetto a tiratura limitata e numerata di 500 copie.
Per informazioni sull’acquisto scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

organizzazione, Sviluppo&Organizzazione, 50 anni di Sviluppo&Organizzazione


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Gianfranco Rebora

Gianfranco Rebora è Direttore di Sviluppo&Organizzazione, la rivista edita dalla casa editrice ESTE e dedicata all'organizzazione aziendale. Rebora è Professore Emerito di Organizzazione e gestione delle risorse umane dell’Università Carlo Cattaneo – Liuc di Castellanza.

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