Guardare il tasso di ricoveri è correre la maratona senza allenamento
Alla fine ciò che conta è il dato più delicato: nella strategia di contenimento della diffusione del Covid-19, per il cambio di colore della regione peserà di più il tasso di ricoveri rispetto agli altri indicatori. A spiegarlo è stato il Ministro della Salute Roberto Speranza, che, come è stato riferito dall’Adnkronos il 16 luglio 2021, ha poi chiarito che la scelta è giustificata dal fatto che l’Italia è in una fase caratterizzata da un livello importante di vaccinazione.
Ci riflettevo proprio questa mattina durante l’uscita infrasettimanale di allenamento: da quanto abbiamo appreso dalle precedenti ondate pandemiche del virus, il dato dei ricoveri cresce numericamente per ultimo, ma è pure il più complicato da gestire. Tanto che molti esperti hanno spiegato che agire su questo indicatore (in particolare legato alle terapie intensive) sarebbe come ‘chiudere la stalla quando i buoi sono scappati‘. L’ennesimo parallelo con la corsa mi viene in aiuto. Mi pare che siamo in una situazione simile a quella di un runner che, volendo migliorare la sua prestazione in maratona, decidesse di concentrarsi esclusivamente sul rilievo cronometrico della gara, ignorando totalmente che la performance si costruisce nel tempo, con allenamenti e tanta fatica.
Ogni podista lo sa bene che per correre la maratona (con il termine “correre” intendo non solo arrivare al traguardo, ma raggiungere un obiettivo di tempo) serve allenarsi, macinare chilometri, affrontare varie difficoltà e seguire alla lettera le indicazioni delle tabelle, comprese quelle di potenziamento muscolare (sono noiose, ma servono!). Se tutto è stato eseguito nel modo corretto – al netto di eventuali imprevisti (che possono accadere) in gara – il risultato in maratona sarà proprio quello atteso, se non addirittura migliore. Preciso che la parola “migliore” non deve illudere di realizzare una performance esageratamente più rilevante di quella prevista; se dovesse accadere vuol dire che ci si è allenati ben al di sotto delle proprie possibilità e quindi si potrebbe fare ancora meglio in gara.
Per agire sul risultato finale, dunque, un runner lavora su ogni singolo aspetto della sua preparazione, misurandosi costantemente e correggendosi, agendo sulle varie leve a disposizione fin dalle sedute di allenamento. Solo così, quando si presenterà sulla linea di partenza, avrà tutto (o quasi) sotto controllo. Si sarebbe allora dovuto scegliere qualche indicatore più facile da gestire e su cui intervenire in modo rapido (per esempio le strategie di tracciamento?) e invece è stato scelto il tasso di ricoveri, cui tutti guardiamo per sapere realmente se il contenimento della pandemia funziona o meno. Niente di male: tutti i runner si confrontano sul proprio tempo in maratona. Ma per sapere che si sarà senza forze già al 30esimo chilometro non c’è bisogno di correre la gara per saperlo: se non si saranno corsi i lunghissimi nei mesi precedenti, sarà ovvio che non si ha nelle gambe la distanza di 42 chilometri. Ho la sensazione che l’Italia sia proprio un runner di questo tipo. Dobbiamo solo sperare che da qualche parte, il podista-Italia abbia una scorta di carboidrati da usare quando ne dovesse avere davvero bisogno.
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