I middle manager alla sfida della digitalizzazione

Dall’indagine condotta da Quadrifor emergono diversi gradi di intensità nella volontà di cambiamento delle aziende.

Dai change focused agli innovation rejectors. È vario il quadro delle reazioni suscitate nei middle manager dall’accelerazione impressa dall’emergenza Covid ai processi di digitalizzazione e all’adattamento a nuovi metodi di lavoro. Quadrifor, l’Istituto bilaterale per la formazione dei Quadri del Terziario, ha analizzato l’impatto dell’emergenza sulle attività di impresa e sulle aree di competenza del middle management, per intercettarne umori e bisogni formativi.

La ricerca, realizzata insieme a Doxa, iniziata a dicembre 2019, era stata concepita per misurare la predisposizione alla trasformazione digitale dei Quadri e mapparne le competenze digitali. Poi l’emergenza sanitaria e la rapida predisposizione di strumenti di lavoro in remoto hanno suggerito di rivedere gli obiettivi dell’indagine, per andare a evidenziare la percezione delle imprese sullo stato di avanzamento dei propri processi di innovazione digitale e identificare i gap più urgenti da colmare.

Nel percorso verso la digitalizzazione intrapreso ormai da tutte le aziende – solo l’1% ammette di non aver potuto portare avanti la propria attività di trasformazione – la ricerca fotografa diversi livelli. “A eccezione di uno zoccolo duro che si oppone strenuamente all’innovazione, tutte le aziende hanno espresso un’esigenza di cambiamento che varia di intensità”, spiega Ilaria Croce, Direttore di Quadrifor.  I risultati dell’indagine consentono, infatti, di individuare cinque cluster di riferimento. Il primo è quello dei change focused: si tratta soprattutto di donne, provenienti da grandi aziende specializzate nei settori informatici e TLC, che sentono la necessità di cambiare o di migliorare il percorso di digitalizzazione già intrapreso.

Cinque livelli di predisposizione al cambiamento

Poi ci sono i digitalization achievers, ben distribuiti tra uomini e donne e con un’età che non supera i 36 anni. Lavorano in aziende dinamiche, già molto digitalizzate: sono consapevoli dell’importanza strategica della scelta di abbracciare le tecnologie digitali e utilizzano regolarmente lo Smart working già da prima dell’emergenza Covid-19. Ciò li rende sicuri della strada intrapresa, ma anche meno inclini al cambiamento rispetto al primo cluster: non avvertono, infatti, la necessità di attuare nuove politiche di investimento nel digitale.

Il terzo cluster è quello dei direction needers. Anche qui si tratta in prevalenza di donne, divise tra molto giovani e Over 55. Durante l’emergenza sanitaria, hanno riscontrato molte difficoltà nell’impiego dello Smart working, sia per la gestione dei collaboratori sia per il senso di isolamento. Appartengono ad aziende che non hanno ancora lanciato una vera e propria politica di digitalizzazione e spesso la timidezza dell’impresa si riflette sulla cautela dei dipendenti. In questo caso, la mancanza di una strategia e di una direzione si contrappone al bisogno avvertito dalle persone di nuovi investimenti.

Al quarto posto si collocano gli strategy doubters. Per lo più uomini tra i 46 e i 54 anni, provengono da aziende non particolarmente digitalizzate. Durante l’emergenza sanitaria, solo pochi di loro hanno potuto lavorare da remoto, scontando la carenza di competenze nell’uso degli strumenti e di processi adeguati. Sentono la necessità di attuare nuove politiche in ambito digital, ma allo stesso tempo non considerano la digitalizzazione un elemento strategico: la vedono piuttosto come una strada da percorrere per profilare i propri clienti e ottenere una pubblicità più efficace.

Infine, ci sono gli innovation rejectors. Legati ad aziende poco propense alla digitalizzazione e all’innovazione, operano nel settore del commercio all’ingrosso e degli intermediari del commercio. Durante il lockdown, solamente i colleghi che si occupano di Marketing e comunicazione hanno lavorato in Smart working, senza l’adozione di tecnologie e con forti limitazioni: mancata connessione, carenza di competenze, difficoltà del management a mantenere la direzione. Le aziende di provenienza di questo gruppo non ritengono strategica la digitalizzazione, di conseguenza i quadri stessi non sono interessati ad acquisire competenze a riguardo.

Formazione, tecnologie e criticità

“Guardando i cinque cluster abbiamo rilevato che imprese e quadri vivono un rapporto simbiotico: più l’azienda ha una propensione a modificare l’organizzazione, più il middle management avverte l’importanza di utilizzare nuovi processi e strategie”, sottolinea Di Croce. La maggioranza dei quadri intervistati da Quadrifor ritiene il processo di digitalizzazione strategico per la propria azienda, con il 76,9% che in una scala da 1 a 10 attribuisce un voto superiore a 8. Tra le innovazioni già introdotte, le più diffuse sono  gli strumenti di comunicazione e condivisione dei dati (86,3%), il CRM (61,2%), i social media (55,2%) e  i sistemi di cloud computing (48,2%).

Per sensibilizzare i lavoratori all’importanza delle innovazioni tecnologiche, al primo posto tra le iniziative organizzate dalle imprese c’è la realizzazione di eventi di formazione (48%), seguita dalla comunicazione attraverso newsletter e social media aziendali (35,1%), la condivisione di best practice legate a progetti di successo condotti da team aziendali (25,5%) e la promozione di progetti innovativi specifici (23,3%). Il 12,4% dei quadri, però, ammette che nella propria impresa non si porta avanti nessuna attività.

Durante la fase di emergenza, il 99% delle imprese ha potuto continuare a lavorare adottando modalità di lavoro da remoto, che nel 66,5% dei casi sono state estese a tutti i dipendenti. La tecnologia più utilizzata è stata la rete VPN fornita dall’azienda, in gran parte già nota ai lavoratori. Al secondo posto ci sono le piattaforme di e-collaboration ed e-communication che hanno conosciuto l’incremento più alto, passando dal 47,5% pre-emergenza al 64% post-emergenza. Infine, le piattaforme cloud, con un incremento del 5,4%.

Adattare il lavoro ai metodi dello Smart working non è stato facile per tutti. I quadri hanno patito soprattutto le limitazioni del collegamento a Internet, il senso di isolamento manifestato dai collaboratori e le difficoltà a stimolarne la motivazione. La maggioranza dei middle manager è, però, convinta che il periodo in remoto abbia portato una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dalle tecnologie, un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro e una prospettiva di superamento di vecchi modelli di management.

Esigenze di gestione e fabbisogni formativi

Nella gestione a distanza del team i quadri hanno avvertito la necessità di adottare un approccio flessibile al lavoro e centrato sugli obiettivi. Sentono che è arrivato il tempo di ridefinire le regole, affinché siano fondate su fiducia ed engagement del collaboratore invece che sul controllo, favorendo il senso di autonomia e responsabilità attraverso la delega. Il 39,2% dei quadri ammette che è emersa l’esigenza di attuare nuove politiche e investimenti in ambito digital nei prossimi anni, a partire dalla formazione dei lavoratori e dall’implementazione di processi agili, passando per la trasformazione degli spazi lavorativi con la creazione di team inter-funzionali

I quadri sentono di dover acquisire maggiori conoscenze e competenze soprattutto sui processi agile (35%), sui programmi di open innovation e open business (27,9%) e sull’utilizzo di tecnologie digitali (26,9%). Si sentono, infatti, chiamati a contribuire in modo strategico all’analisi e alla riprogettazione dei processi, in ottica di miglioramento continuo. Sanno di essere i primi a dover ‘fiutare’ il cambiamento, immaginando nuovi scenari e anticipando i bisogni dei potenziali clienti, e a doversi spendere per coinvolgere tutti gli interlocutori interessati.

“Non si tratta più di definire il perimetro di un set di competenze, ma è diventato importante tracciare degli scenari di sviluppo delle professionalità insieme agli attori chiave del cambiamento”, spiega il Direttore di Quadrifor. “Il Remote working non è solo una forma di telelavoro, ma sta diventando un sistema di costruzione dell’organizzazione, che è basata su alcuni principi precisi: la condivisione di spazi fisici o digitali, l’utilizzo di tecnologie al servizio della comunicazione e della mobilità, un modello organizzativo fondato su fiducia, responsabilità e circolarità della comunicazione. Occorre, perciò, individuare un modello di middle manager che sappia prefigurare scenari, presenti e futuri, e cambiare il concetto di leadership, passando da un modello incentrato sul controllo a uno fondato sul coinvolgimento, sulla condivisione delle responsabilità e sulla fiducia”.

Per consultare l’intera indagine:
https://www.quadrifor.it/public/PDF/Report_di_ricerca_Digital_Skills.pdf

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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