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I progetti europei per la sostenibilità e per potenziare la competitività delle PMI

Essere sostenibili ormai è diventato un must per ogni tipologia di business: nessuna impresa può esimersi dal conoscere il significato della parola “sostenibilità” e le conseguenze derivanti dalla sua implementazione in attività, processi e funzioni aziendali. Spesso alla sostenibilità viene associato il termine “innovazione” (si parla di innovability): in effetti l’innovazione orientata alla sostenibilità sta suscitando una crescente attenzione da parte delle aziende quale strumento per migliorare le prestazioni ambientali e/o sociali in grado di procurare al contempo anche un vantaggio competitivo.

Tuttavia è necessario chiarire che questi due concetti non costituiscono necessariamente un binomio. L’innovazione può presentare anche aspetti non propriamente in linea con le tre dimensioni della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Environmental, social e governance – ESG). Innovare radicalmente nuovi prodotti e servizi per eliminare dal mercato attività di business dannose dal punto di vista ambientale e sociale è fondamentale, ma diversi studi hanno dimostrato che si tratta di un processo molto costoso con elevati gradi di incertezza e rischio.

Spesso infatti l’innovazione tecnologica, sia di prodotto sia di processo, lungo tutta la catena del valore può richiedere soluzioni di sostenibilità radicali. Oppure l’integrazione delle metriche delle prestazioni di sostenibilità nello sviluppo del prodotto, la promozione della catena del valore per creare la domanda di innovazione di prodotto orientata alla sostenibilità e lo sfruttamento dei vantaggi dell’Open innovation. Essa rimane comunque centrale per lo sviluppo sostenibile e per il rilancio socio-economico dopo la crisi generata dalla pandemia. Contemporaneamente, è importante riconoscere gli aspetti dell’innovazione che possono compromettere una crescita inclusiva e a basso impatto ambientale.

La tassonomia delle attività ecocompatibili

La finanza sostenibile può ricoprire un ruolo centrale, favorendo gli investimenti in aziende che contribuiscono positivamente alle sfide sociali e ambientali attraverso una gestione responsabile delle tecnologie che offrono e utilizzano. In tal senso va ricordato che le iniziative provenienti dalla Commissione europea stanno contribuendo a orientare i flussi di capitali verso formule di finanza sempre più green.

Basti pensare al piano Next Generation Eu, il quale non è soltanto orientato alla ripresa economica, ma rappresenta un supporto fondamentale alla modernizzazione, mediante ricerca e innovazione focalizzate essenzialmente sulla transizione ecologica e digitale, la protezione delle risorse ambientali e della biodiversità, la ripresa e la resilienza attraverso politiche ispirate a valori, coesione e parità di genere. Sono previsti in tal senso 672,5 miliardi di euro di prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati membri, oltre a risorse aggiuntive per il superamento degli effetti della crisi dovuta al covid-19.

Altra importante iniziativa proveniente da Bruxelles è il Regolamento Ue 852/2020 (“relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili”) sulla tassonomia delle attività eco-compatibili. Un unicum a livello mondiale, che entra in vigore dal 2022. Si tratta di una classificazione condivisa dall’Ue sulle attività economiche che possono essere classificate come sostenibili da un punto di vista ambientale: sono quindi regole per prevenire il green washing e definire gli investimenti ecologici.

La tassonomia prevede sei obiettivi ambientali: la mitigazione del cambiamento climatico e l’adattamento; l’uso sostenibile e la protezione delle risorse idriche e marine; la transizione verso un’economia circolare, compresa la prevenzione dei rifiuti e l’aumento dell’assorbimento di materie prime secondarie; la prevenzione e il controllo dell’inquinamento; la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

In sostanza perché un’attività sia eco-compatibile necessario il rispetto dei seguenti criteri: contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali; non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo; essere svolta nel rispetto delle garanzie sociali minime (linee guida Ocse). Sarà poi necessaria l’emanazione di atti delegati per definire i criteri tecnici in base ai quali le attività economiche possono contribuire agli obiettivi ambientali e climatici della tassonomia.

La definizione di chiari e standardizzati princìpi europei ‘verdi’ per gli investitori è fondamentale: ciò permetterà agli imprenditori di raccogliere più fondi pubblici e privati, e all’Ue di diventare neutrale dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica entro il 2050, come stabilito dal Green deal europeo.

Una piattaforma sulla finanza sostenibile

Diventa indispensabile per l’Ue adottare un “approccio sistemico e lungimirante all’eco-sostenibilità”, che affronti le crescenti tendenze negative, quali i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, il consumo eccessivo di risorse a livello mondiale, ecc. La Commissione europea, entro il 31 dicembre 2021, dovrà riaggiornare criteri tecnici di screening per le “attività di transizione e di abilitazione”, incompatibili con la neutralità climatica, ma considerate necessarie nella transizione verso un’economia neutrale dal punto di vista climatico.

La Commissione dovrà anche definire le regole necessarie per individuare le attività che hanno un impatto ambientale negativo significativo. Secondo il Regolamento i soggetti obbligati alla Dichiarazione non finanziaria (Dnf) (ex D.lgs. 254/2016), gli investitori istituzionali e i consulenti finanziari dovranno divulgare informazioni sulle proprie attività e prodotti in base alla tassonomia: dal 1 gennaio 2022 per le attività che contribuiscono agli obiettivi di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico; dal 1 gennaio 2023 per le attività che contribuiscono agli altri quattro obiettivi.

Il fine ultimo è la costituzione di una vera e propria piattaforma sulla finanza sostenibile che stimoli una maggiore partecipazione del settore privato al finanziamento delle spese legate ad aspetti ambientali e climatici mediante incentivi e metodologie che supportino le imprese a misurare i costi ambientali delle loro attività di business e le performance economico-finanziarie ottenute grazie all’utilizzo di servizi ambientali.

La sostenibilità nella strategia aziendale

Diventa quindi indispensabile una maggiore consapevolezza sul valore della sostenibilità in azienda, che non è solo un ritorno di immagine o un vantaggio di natura reputazionale, ma ha effetti positivi sulla strategia aziendale e sulla competitività. In tale ottica un driver fondamentale è rappresentato dall’informativa aziendale sui temi della sostenibilità (in alcuni casi indicati con il già menzionato ESG), divenuta obbligatoria per imprese e gruppi di grandi dimensioni (i cosiddetti Enti di pubblico interesse) nell’Ue, in seguito all’implementazione a livello locale della direttiva 95/2014 sulla disclosure non finanziaria.

Ad aprile 2021 la Commissione europea, dopo un processo di consultazione che si è chiuso nel 2020, ha proposto nuove regole e una vera e propria revisione della direttiva, adesso sottoposta all’esame del Parlamento e del Consiglio europei, che mira ad ampliare la platea delle imprese obbligate. In sostanza in base alla nuova proposta (periodo stimato: fine 2022) dovranno presentare la Dnf tutte le aziende quotate, indipendentemente dalle dimensioni, ma è prevista una procedura semplificata per le PMI.

Anche le società non quotate dovranno fornire informazioni sui parametri ESG, ma i criteri dimensionali relativi ai dipendenti e al fatturato (o all’attivo patrimoniale) saranno ridotti, tanto che si stima a livello europeo un ampliamento da un numero di 11mila a circa 49mila imprese obbligate, mentre in Italia si passerà da circa 200 a 1.000 imprese.

Per l’anno amministrativo 2020 in Italia sono state pubblicate 204 Dnf, di cui 194 da soggetti obbligati, mentre 10 su base volontaria. Il numero ancora limitato di Dnf redatte su base volontaria è tuttavia destinato a crescere, considerato che le PMI, in particolare quelle coinvolte nella catena di fornitura delle società obbligate, saranno fortemente stimolate a fornire informazioni sulla sostenibilità.

È importante sottolineare che redigere un report sui temi ESG non è solo un atto obbligato o un passaggio formale, ma una vera e propria presa di coscienza del percorso realizzato. Formalizzarlo significa essere in grado di comunicare le azioni e le politiche future con target realistici nella prospettiva della creazione di valore condiviso nel medio-lungo termine.

La centralità dei temi green

Rimane quindi da chiedersi come la crisi pandemica possa avere modificato tale scenario. Sicuramente le aziende che avevano già intrapreso un percorso orientato alla sostenibilità non sono state fermate dal covid-19, mentre per altre, che hanno dovuto fronteggiare alcune criticità legate all’emergenza pandemica, l’elaborazione e la conseguente realizzazione di un piano di sostenibilità può essere stata rinviata a un periodo successivo.

Se analizziamo i tre pilastri dell’ESG, la lettera “E” (aspetti ambientali e climatici) aveva finora svolto un ruolo principale nel contesto aziendale; mentre l’emergenza sanitaria ha dato un grande impulso alla lettera “S”, ovvero alla dimensione sociale. Il benessere dei dipendenti è diventato un elemento centrale e questa tendenza è destinata ad accentuarsi sempre di più con l’incremento di iniziative di welfare aziendale o con la ricerca di soluzioni di Smart working, per consentire una maggiore conciliazione tra famiglia e lavoro.

In merito alla lettera “G” (governance), le future iniziative riguarderanno un maggiore coinvolgimento dei Consigli di Amministrazione e la nomina di un responsabile della sostenibilità in azienda. Oppure di un comitato con specifiche funzioni. A livello nazionale il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di recente emanazione non fa altro che confermare la centralità di temi quali la transizione ecologica, l’economia circolare e il consumo energetico e in particolare alcuni settori produttivi, come l’agroalimentare e la mobilità, svolgeranno una funzione trainante nell’ambito di una svolta innovativa e sostenibile per un’Italia sempre più carbon neutral e resiliente.

L’articolo è pubblicato sul numero di Giugno 2021 della rivista Sistemi&Impresa.
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Federica Doni

PhD, Professore Associato di Economia Aziendale, Università degli Studi di Milano-Bicocca


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