I valori contano più dei numeri
Dopo tanti anni di carriera nelle aziende –come consulente, come Direttore del Personale o come Responsabile della Formazione– ho riflettuto e mi sono fatto due domande: è vero che i manager pensano che le persone siano così importanti in azienda? È vero che la Direzione HR sta facendo di tutto perché questo avvenga?
Ho sentito per anni Top manager e importanti Direttori del Personale affermare che le aziende hanno successo prevalentemente grazie ai collaboratori. Dirlo è assolutamente gratuito, ma pensarlo davvero, o realizzare politiche che mettano al centro le persone, è un’altra cosa.
Una delle affermazioni più frequenti è: “Le persone sono il più importante asset dell’azienda”. L’asset è un computer, il denaro, un tavolo… insomma, possono esserlo i beni deperibili. Le persone, piuttosto, sono i più importanti shareholder dell’azienda: le persone realizzano, attraverso valori e comportamenti, le azioni che permettono di raggiungere obiettivi e risultati.
A proposito di valori, aggiungo altre riflessioni: quali sono le migliori aziende in cui lavorare? Quelle basate sull’Ebitda e su altri aspetti finanziari?
Ai miei studenti di Human Resources Management e di Lavoro e Impresa della Società della Conoscenza dico sempre di diffidare di chi parla solo di risultati e di numeri. I dati sono importanti, ma si raggiungono solo se in azienda ci sono valori forti: le imprese possono cambiare le strategie, i business, i mercati di riferimento, i prodotti, ma i cambiamenti saranno di successo solo se fondati su valori veri e ben realizzati, che rimangono immutati nel tempo.
Non sto parlando della ‘carta dei valori’, ma della realizzazione dei valori, della loro messa in atto, dell’execution. I valori, infatti, sono le fondamenta del successo. È ciò che si traduce in competenze, in comportamenti effettivi (reali), che permeano tutta l’azienda in tutte le parti del mondo. Anche di fronte a qualsiasi cambiamento, si potranno cambiare le strategie di business con efficacia e successo solo se si manterranno i valori, le fondamenta dell’impresa. Altrimenti crescerà il rischio di inefficacia o addirittura di insuccesso.
I valori vissuti portano al successo
Il cambiamento richiede tempo ed è complesso, queste sono le due variabili che contraddistinguono sempre un cambiamento. La maggiore semplicità, a fronte del tempo ridotto del cambiamento, è data dall’evoluzione delle capacità tecniche. Queste si apprendono studiando e sono spesso fonte di cambiamento obbligatorio (per esempio: se nella mia azienda introducono un particolare sistema gestionale entro un mese, allora tutti gli utilizzatori dovranno apprenderne le modalità in questo arco di tempo). Molto più complesso –e richiede più tempo– è il cambiamento delle credenze (attitudes) e dei comportamenti individuali che ne derivano. Ancora più complesso, e con un maggior bisogno di tempo, è il cambiamento dei comportamenti di gruppo e della cultura aziendale. Evidentemente, quando si cerca di anticipare i tempi necessari per il cambiamento, la complessità aumenta.
Il tempo per avere successo nel cambiamento si riduce se si sa anticipare e programmare, e se si mantengono intatti i valori forti. Continuando il dialogo con i miei studenti, consiglio di scegliere aziende che –durante un colloquio– parlano della realizzazione dei valori aziendali, spiegano come l’azienda è nata e si è evoluta, e puntano sull’attenzione alle persone. Non basta sentirsi dire: “Siamo ricchi e abbiamo programmi ambiziosi”. Il consiglio è proprio la discussione di valori aziendali e la comprensione dell’attenzione allo sviluppo delle persone.
La mia semplice –forse banale– risposta alla prima domanda che ho posto in apertura di articolo (È vero che i manager pensano che le persone siano così importanti in azienda?) è quindi: i valori realmente vissuti ed espressi portano al successo e alla continuità dell’impresa; la finanza è utile, ma non può essere il motore di un successo duraturo.
Mi piacerebbe che il management riflettesse molto su questi princìpi. La mia ambizione è vedere un management che passi ‘dall’arido all’umanistico’. In questo mondo, infatti, i numeri stanno prendendo il sopravvento sulle persone e i risultati socioeconomici sono sotto gli occhi di tutti. L’esempio organizzativo in negativo che mi viene in mente è quello dell’Unione europea: è partita dalla moneta e ci ha aggiunto poco altro. Dove sono i valori dell’equità, della coesione, del supporto, della socialità e dell’interesse comune? Si parla solo di ‘paletti finanziari’, prestiti, finanziamenti, interessi individuali… Un fallimento direi, o per lo meno non quello che avrebbero voluto i cosiddetti ‘Padri dell’Europa’. Questo è un modello che, spero, non si cerchi di copiare nelle aziende: l’impresa è anche luogo di pensiero, di discussione, di individuazione di valori comuni.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)