Cultura aziendale

Il 2022 è l’anno della cultura aziendale

L’inizio del nuovo anno ha offerto ai datori di lavoro l’opportunità di riflettere su come la loro organizzazione si sia adattata alle più recenti sfide. È stato – e continua a essere – anche il momento perfetto per ragionare sul significato che attribuiamo all’espressione “cultura aziendale” e per domandarsi se esista un solo modo di intenderla e metterla in pratica, a maggior ragione considerando che i Direttori HR hanno trascorso l’ultimo periodo a combattere per accaparrarsi e trattenere i migliori talenti. E visto che questa tendenza, secondo un rapporto della piattaforma statunitense di offerte di lavoro Glassdoor, è destinata a continuare anche nel 2022 è meglio rimboccarsi le maniche e cercare di capire come una cultura che tenga conto delle trasformazioni in atto possa diventare una carta vincente. 

Connessione, crescita e riconoscimento 

Secondo l’Adp Research Institute i lavoratori statunitensi che si sentono fortemente legati al proprio datore di lavoro hanno una probabilità di 75 volte maggiore di sentirsi coinvolti nell’azienda rispetto a quelli che non percepiscono tale connessione. Per quanto non esistano formule precostituite adatte a ogni circostanza, concentrarsi su programmi incentrati sulle persone è, dal punto di vista della career e life coach Caroline Castrillon, autrice sul magazine Forbes, un aspetto centrale per coinvolgere i collaboratori. Tali iniziative includono strategie di Diversity, Equity & Inclusion (DE&I), temi che secondo un sondaggio della società di ricerca e consulenza americana Gartner sono tra le principali priorità delle Risorse Umane per il 2022. 

La cultura aziendale passa anche per il percorso di crescita delle persone, per l’opportunità che viene loro offerta di migliorare e migliorarsi. Molti lavoratori desiderano, infatti, ampliare le proprie competenze, anche alla luce del fatto che – riferisce Forbes – sempre più team, negli ultimi 15 mesi, hanno assunto ruoli nuovi o hanno modificato quelli esistenti. Senza opportunità di avanzamento, i dipendenti rischiano di sentirsi frustrati e rallentati. Facilitando invece lo sviluppo professionale i datori di lavoro assicurano alle persone di essere sempre aggiornate sulle tendenze e pratiche del proprio settore. Questo offre, un vantaggio competitivo alle aziende, anche se è inevitabile che i suoi dipendenti diventino ancora più preziosi non solo per l’organizzazione, ma anche per la concorrenza. Sempre stando al punto di vista di Castrillon, i lavoratori che hanno a disposizione la possibilità di una formazione continua hanno inoltre maggiori probabilità di rimanere in azienda: quando le organizzazioni investono nei dipendenti i tassi di fidelizzazione crescono insieme con le loro competenze. 

Secondo il rapporto della società di consulenza Quantum Workplace, al culmine della pandemia l’81% dei dipendenti ha dichiarato che se avesse contribuito al successo dell’organizzazione sarebbe stato premiato. Questa percentuale è però scesa al 72% a maggio 2021: il riconoscimento dei dipendenti sta tendendo al ribasso. Anche per questo non andrebbe dimenticato che le persone che si sentono apprezzate sono anche più soddisfatte e produttive. Il riconoscimento e una cultura del lavoro che lo celebra sono inoltre fattori chiave per il coinvolgimento dei lavoratori. Dalla valorizzazione passa anche un altro elemento chiave del rapporto con l’azienda: la fiducia. Una preziosa alleata che in situazioni di lavoro da remoto o ibrido diventa ancora più difficile da costruire e più indispensabile da mantenere. 

Tecnologia all’avanguardia e flessibilità permanente 

Senza un luogo fisico a tenere uniti tutti i dipendenti, il ruolo della tecnologia nella cultura aziendale è cruciale. Secondo il Global Culture Report del 2021 dell’azienda informatica O.C. Tanner, quando gli strumenti tecnologici sono parte integrante dell’identità culturale di un’azienda c’è una probabilità di coinvolgimento dei dipendenti cinque volte maggiore rispetto alla situazione opposta e una probabilità di logoramento del rapporto con l’organizzazione inferiore del 47%. Sempre stando al sondaggio di O.C. Tanner, la maggior parte dei dipendenti è ottimista a proposito del futuro di questo aspetto sul posto di lavoro: il 77% delle persone coinvolte nella ricerca ritiene che una tecnologia sempre più avanzata sia destinata a migliorare la propria esperienza lavorativa, anche nelle organizzazioni in cui essa abbia ‘sostituito’ i lavoratori in alcune mansioni, comportando quindi una perdita di posti di lavoro. Lo stesso sondaggio sottolinea come sia emerso che in questa macroarea ci sia una predilezione da parte dei lavoratori per le applicazioni personalizzate, integrate e facili da usare.  

Infine, Castrillon mette sul piatto una delle parole chiave dell’ultimo anno e mezzo: “flessibilità”. Un sondaggio della Harvard Business School ha rilevato che l’81% dei dipendenti che hanno lavorato da casa durante la pandemia non vogliono tornare in ufficio o preferiscono un programma ibrido. Non è una novità e le organizzazioni non possono non tenerne conto nel definire (o ridefinire) la propria cultura aziendale. “Le persone vogliono mantenere il nuovo equilibrio che hanno trovato tra lavoro e vita privata e la produttività di cui hanno imparato a godere”, ha dichiarato a questo proposito il Direttore Esecutivo della Harvard Business School Patrick Mullane. Dare spazio a questa esigenza significa, per i dirigenti, anche apprezzare il benessere dei propri dipendenti e dimostrare che non solo l’organizzazione del lavoro, ma anche la stessa cultura aziendale, può sposare il concetto di flessibilità. 

Fonte: Forbes 

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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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