Il Contingency plan, pianificare per uscire dalla crisi
A metà degli Anni 70 (era il tempo della Oil crisis) Michael Clay, in un articolo pubblicato sulla rivista Long Range Planning, propose per la prima volta il Contingency plan. E a ogni successiva crisi economica, l’ultima è quella dello tsunami su Wall Street (settembre 2008), si è tornati a parlare di questo strumento. Dunque è giusto che se ne parli anche dopo questo difficile inizio del 2020.
In generale, l’opportunità di pianificare nasce dai vantaggi che si possono avere dal decidere prima una serie di azioni da intraprendere dopo, individuando in anticipo le risorse necessarie, il tutto per cercare di raggiungere quello che è l’obiettivo desiderato. Pensando in anticipo rispetto all’evolversi dei fatti si riescono a coordinare meglio le azioni e ad allocare le risorse, riducendo sprechi in termini di tempi, uomini e mezzi, fermo restando lo scopo di raggiungere l’obiettivo desiderato.
Quello del Contingency plan è un planning ‘leggero’ nei contenuti, ma condiviso nelle azioni. Non si deve avere in mente di pianificare tutto, nei minimi dettagli. Si tratta di definire, in modo selettivo quelle macro-azioni che sono prioritarie per agire nel reagire. Queste attività di pianificazione hanno sempre anche una valenza positiva sul piano dell’apprendimento: aiutano a capire quali sono state le scelte vincenti e quelle che si sono dimostrate perdenti. Così, se si riflette sui risultati verso quanto pianificato, si può anche capire perché si è sbagliato.
In più, quando si pianifica, si riflette sul futuro e sullo scenario prospettico. Si impara a tentare di leggere cosa accadrà. E dopo qualche anno si imparerà a farlo anche in modo efficace. L’obiettivo non è ‘prenderci’, ma evitare di essere presi completamente di sorpresa. È anche per questo che alcune imprese, dopo le crisi economiche che ciclicamente si ripropongono, negli ultimi anni hanno sentito l’esigenza di imparare a fare anche uno scenario di planning. È un combinato di questi approcci al planning quello necessario oggi.
È, infatti, lavorando sullo scenario che, pur arrivando a condividerne uno (quello ritenuto più probabile), si può anche fare un altro passaggio: quanto può essere vulnerabile la mia azienda al manifestarsi di un cigno nero (black swan), cioè ciò che è altamente improbabile che diventi realtà? Così aveva già ammonito Nassim Taleb nel 2007.
Prepararsi per gestire gli eventi più probabili
Da questa attività ne risulta un’analisi di vulnerabilità che presuppone l’individuazione di una serie di eventi ambientali, a vario grado di probabilità nel loro verificarsi e a varia intensità di impatto sull’impresa. Questi eventi possono essere ad alto impatto negativo, ma anche positivo. Incrociando le due dimensioni si può elaborare una matrice nella quale andare a posizionare i singoli eventi.
La particolarità è che il Contingency plan si elabora quando dall’analisi di vulnerabilità emerge che uno o due dei possibili eventi ambientali ad alto impatto sull’economicità dell’azienda hanno anche un’alta probabilità di verificarsi. Su questo evento (o eventi) ci si prepara.
In tal caso si elabora un ‘piano’ che indica le azioni che si pensa di dover intraprendere e di quali potrebbero essere i costi e i benefici di queste azioni volte a mitigare le conseguenze dell’evento negativo ad alto probabilità di verificarsi e ad alto impatto. In proposito si può anche prendere in considerazione, per elaborare un Contingency plan, anche un evento positivo con le medesime caratteristiche di alto impatto e alta probabilità di un suo verificarsi.
Ebbene anche se con l’evento prescelto per elaborare il Contingency plan non ci si avvicinasse all’evento che poi realmente si verifica, si è fatta un’attività fondamentale: si sono anticipati e simulati eventi ‘sorpresa’ e questo aiuta a prepararsi mentalmente a queste situazioni e a essere più reattivi a un loro manifestarsi. D’altra parte, quando si fanno esercitazioni di guida sul ghiaccio o in altre condizioni ambientali avverse non si pensa di ritrovarsi esattamente nelle medesime situazioni. Però si sa, quantomeno, come concretamente è opportuno reagire.
Programmare una reazione durante la crisi da Covid-19
Si può elaborare un Contingency plan anche quando, sotto l’incalzare di un evento del tutto ‘inatteso’ e ad alto impatto sui risultati aziendali, si cerca di definire quelle azioni da intraprendere per reagire a tale evento e mitigarne gli effetti negativi. Così in questo caso, dopo le prime settimane di sbandamento da Covid-19, è tempo di pianificare come reagire nel breve, senza perdere di vista il medio-lungo termine.
Per uscirne con risultati accettabili bisogna cercare di capire in primo luogo quando terminerà questa crisi e quali saranno i numeri del mercato in cui si opera, sempre al termine di questa crisi. Per farlo non c’è che da chiedersi: chi erano i miei clienti e chi saranno domani? Continueranno a essere gli stessi? Cambierà la loro propensione all’acquisto?
Bisogna anche chiedersi a che punto della filiera si pone l’impresa. E poi: la catena di fornitura reggerà o ci saranno dei cambiamenti significativi? Per esempio, sarebbe utile sapere se i fornitori sono asiatici, e in particolare cinesi. Come impatteranno, se si verificheranno, le eventuali variazioni di prezzi e quantità delle materie prime alle origini della catena?
Una volta definiti questi numeri si potrà capire se ci sarà l’esigenza di ridimensionamento-ripensamento di strutture oppure no. E questo sarà il grande lavoro da fare sui costi di struttura. Qui il digitale, con lo Smart working e non solo, ha dimostrato tutte le sue potenzialità e in modo più o meno consapevole si è tutti un po’ ‘cresciuti’, perché si è tutti un po’ più digitali.
Inoltre nel Contingency potremmo mettere altri contenuti: forse impareremo a essere tutti un po’ più green. Il che potrebbe voler dire meno sprechi, meno automobili, anche perché eravamo abituati a utilizzarle pure per fare solo 100 metri; ma persino meno viaggi di lavoro, meno tempi ‘morti’ nelle giornate lavorative.
A completamento dei contenuti del Contingency plan, bisogna prevedere tre capitoli, ognuno dedicato a quello che abbiamo imparato con questa crisi: l’importanza di una unità di comando e di una leadership chiara e competente; la rapidità di azione-reazione; una disponibilità a ‘riapprendere ad apprendere’, come suggeriva Edgar Morin se si desidera reagire in modo efficace alla complessità. Si tratta quindi di elaborare un piano, come una dichiarazione di intenti, per essere costretti a pensare a come cambierà il mondo e a come dovremo cambiare noi.
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