Il futuro delle PMI tra produzione e scenari macroeconomici

La salute dell’Italia, in particolare del Nord, sta molto a cuore alla Germania. E questo pone una questione diplomaticamente non irrilevante rispetto alle nostre relazioni con gli Stati Uniti. Non è banale la questione, soprattutto alla luce del Fondo per la ripresa e del suo utilizzo.

La Commissione europea emetterà dei bond che sono garantiti dalla tripla ‘A’ della Germania. Quale sarà la contropartita? Cosa verrà richiesto all’Italia in termini di influenza geopolitica? Nel nostro Paese nessuno pare avere né competenze né tempo per una riflessione critica.

Occorre ricordare che gli Usa sono letteralmente ossessionati dalla Germania, hanno combattuto due guerre per evitare che la Germania prendesse il sopravvento in Europa. Il timore principale è che quest’ultima possa diventare una potenza non solo economica, ma anche strategica, tout court. Per comprendere meglio questo aspetto e, soprattutto, le ricadute sulle nostre aziende, occorre ripensare alla storia del Continente.

Non bisogna inoltre confondere la tattica con la strategia: quest’ultima costituisce un piano globale antico e radicato nel tempo, che non è scalfito dalle circostanze contingenti (che possono essere gli avvicendamenti dei capi di Stato, come pure la recente elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, così come la pandemia). Ecco perché l’Europa stessa si può considerare un’idea americana, lo strumento per tenere sotto controllo l’espansione tedesca, consentendo agli Usa di gestire meglio il loro spazio di influenza sull’Europa occidentale. Anche le due guerre mondiali non vanno interpretate in chiave ideologica, ma strategica. In effetti, oggi la Germania ha forse una democrazia più compiuta di quella americana. Eppure, tra imposizioni di dazi e ritiro delle truppe, l’ostilità è aperta.

Il rischio sorpasso da parte della Francia nel manifatturiero

Di fronte a questo ‘conflitto’ come si posiziona l’Italia? E soprattutto, che ricadute ha sulla nostra economia? Il tema è complesso. In altri Paesi europei, come la Francia, è lo Stato stesso a mettere a disposizione delle aziende esperti che possano aiutarle a posizionarsi strategicamente nel mercato, anche dal punto di vista degli equilibri geopolitici. Le nostre imprese non hanno questo servizio ed essendo per lo più medio piccole è anche improbabile che possano sopperire da sole a tale mancanza.

Dunque, è bene avere presente che l’Italia è considerata dagli Usa filo-russa. Peraltro siamo dipendenti dagli idrocarburi siberiani Allo stesso tempo, alcune delle nostre manifatture sono, in pratica, parte integrante della filiera del sistema produttivo tedesco: soprattutto nell’ambito della meccanica, forniscono pezzi fondamentali per le lavorazioni teutoniche.

Alla luce di tutto ciò, anche la valutazione del Recovery Fund assume un senso più ampio del semplice domandarci se sapremo impiegarlo bene. Sappiamo che l’Italia non brilla per il pieno utilizzo dei finanziamenti europei e questo non certo da oggi. Perché allora dovrebbe essere diverso per il fondo di recupero? Soprattutto, cosa comporterà il puntellamento della sfera d’influenza tedesca attraverso il cosiddetto Recovery Fund?

Per ora le due principali rivoluzioni cui stiamo andando incontro, ovvero quella green e quella digitale, sembrano avere, almeno sulla carta, il giusto peso nella ripartizione della cifra complessiva a nostra disposizione.

L’Europa ha ben presente che il Nord Italia non deve ‘morire’. Al momento il nostro Paese è la seconda manifattura europea, ma non è un trofeo conquistato una volta per tutte: la Francia ci segue a ruota e il rischio del sorpasso è dietro l’angolo. Ecco perché è bene che le nostre imprese mantengano alta l’attenzione: la digitalizzazione corre veloce e noi fatichiamo a stare al passo. Occorre che le aziende riescano ad adattare non solo la produzione, ma anche i processi strategici, tenendo conto dei vincoli e delle opportunità date dallo scenario geopolitico. Ogni cambio di direzione in tal senso potrebbe seriamente compromettere il futuro delle nostre aziende e non siamo nella condizione di commettere passi falsi. La connessione tra sistema produttivo e scenari strategici, indifferenti all’economia, è stretta, anche se alle nostre PMI troppo spesso sfugge.

 

* Testo raccolto da Chiara Pazzaglia durante l’evento L’Officina di Fabbrica Futuro, di cui Parole di Management è stato Media Partner

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Dario Fabbri

Analista geopolitico, giornalista e consigliere scientifico di Limes

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