Il futuro dimenticato di chi non può fare Home working
Il Covid-19 non ha decretato la fine degli uffici. Ma cosa ne sarà degli altri spazi di lavoro?
Una volta metabolizzata la rivoluzione dell’Home working e fatti i conti con il perdurare della pandemia, sembra ormai chiaro che il Covid-19 non abbia decretato la fine degli uffici. Le persone avvertono la mancanza delle chiacchiere con i colleghi e del confronto in presenza, trovano spesso estenuante il continuo ricorso a videocall e altri strumenti di collegamento da remoto e temono la perdita del senso di comunità tipico di chi si ritrova a condividere lo stesso spazio fisico di lavoro.
Il futuro dei cosiddetti colletti bianchi sarà, dunque, caratterizzato da un alternarsi di casa e ufficio. Ma cosa ne sarà, invece, degli altri spazi di lavoro? Mentre si è registrata una diffusa riflessione sul futuro dell’ufficio, minore attenzione è stata dedicata alla cultura e alla qualità dei luoghi in cui operano tutti coloro che non svolgono un lavoro intellettuale o comunque ‘remotizzabile’, così come poco si è parlato dell’esigenza che anche questi spazi cambino nell’arco dei prossimi anni.
La richiesta pressante di una riflessione in proposito arriva dalle colonne del Financial Times. Il quotidiano economico rileva, infatti, come negozi ed esercizi commerciali, fabbriche e plant produttivi non possano essere abbandonati da un giorno all’altro, ma siano anche i luoghi in cui spesso più facile è stato il contagio.
Nel Regno Unito i maschi blue collar hanno una probabilità due volte maggiore del resto della forza lavoro inglese di ammalarsi e morire di Coronavirus. E i lavoratori statunitensi con i redditi più bassi sono quattro volte più a rischio di perdere il lavoro rispetto a quanti guadagno le cifre più alte. Le due statistiche, per la testata inglese, non sarebbero che la conseguenza dell’incapacità di immaginare un modo diverso di lavorare anche nelle fabbriche.
Fonte: Financial Times
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Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
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