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Il lavoro in ogni luogo senza confini, la nostra nuova azienda è l’infosfera

Le evoluzioni nel mondo del lavoro legate alle novità tecnologiche, contrattuali, spazio-temporali e personali fanno sì che le organizzazioni si trasformino da aziende fisiche a reti di connessioni i cui confini sono sempre meno netti. Si afferma così una nuova concezione del lavoro che supera i classici riferimenti spazio-temporali.

L’attività professionale non è più vincolata a luoghi e a orari, mentre viene introdotta una nuova idea di flessibilità legata alla riconfigurazione delle modalità lavorative. Cambia quindi il ruolo del ‘dipendente’ e allo stesso tempo si modifica il patto di fiducia con l’impresa. La sfida dei nostri tempi è conoscere la quarta rivoluzione industriale e abitare in modo consapevole la nostra nuova ‘casa’.

In questo senso si può parlare di azienda come “infosfera”: il termine è stato coniato da Luciano Floridi, uno dei maggiori esperti della Filosofia dell’Informazione, e definisce la situazione in cui ci troviamo a operare oggi: siamo cresciuti dando per scontata l’idea di un’azienda fatta di muri, tavoli, fogli di carta e macchine.

L’impresa era, nel nostro immaginario, solida, stabile, durevole nel tempo. Via via tutto questo è scomparso alla nostra vista e ci troviamo ora a fare i conti con un’azienda che ci appare ‘dematerializzata’, non più collocata nel mondo fisico. Un’organizzazione che può essere rappresentata con l’immagine di un nucleo di informazioni e che appare continuamente mutevole, leggera come una galassia che si muove nell’aria.

Se è possibile parlare di “azienda come infosfera” ci sono alcune questioni fondamentali da conoscere e approfondire che riguardano direttamente i responsabili delle organizzazioni: tecnologia, contrattazione, spazi e persone.

Proprio di questi quattro aspetti si è parlato negli incontri del progetto L’azienda come infosfera promosso dalla casa editrice ESTE che hanno dato vita a diversi gruppi di discussione, condotti dai facilitatori di Scoa-The School of coaching, ai quali hanno partecipato manager delle aree IT, HR, Organizzazione di aziende di grande e media dimensione, esperti accademici di varia estrazione disciplinare (tecnica e non tecnica) e quattro aziende leader delle singole aree di discussione: Cisco (tecnologia), Variazioni (organizzazione), Spaces (ambiente di lavoro) e LabLaw (contrattualistica).

Pro e contro dell’avvento delle tecnologie

La tecnologia può essere considerata come facilitatrice per implementare una nuova cultura nel mondo del lavoro. Allo stesso tempo, la transizione verso un’organizzazione smart accelera l’apprendimento dell’uso delle nuove tecnologie da parte delle persone.

Ogni lavoratore dispone oggi di strumenti, dal personal computer allo smartphone, in virtù dei quali la sua attività può svolgersi in un qualsiasi luogo, o meglio, in un ‘non luogo’. Un cyberspazio dove siamo contemporaneamente ‘qui e altrove’.

Ovunque sia il lavoratore, gli strumenti tecnologici lo accompagnano, offrendo spazi di autonomia e rendendo possibile la connessione con altri lavoratori e con l’organizzazione aziendale 24 ore su 24. Gli strumenti digitali possono dunque essere osservati da un duplice punto di vista: da un lato ci sono la libertà d’azione e l’autonomia della singola persona; dall’altro viene meno il governo, la supervisione, il controllo da parte dei manager.

Ma non bisogna adagiarsi su facili opinioni positive in merito all’impatto della tecnologia sul lavoro. A riguardo Francesco Varanini, Consulente e Docente, Direttore Responsabile di Persone&Conoscenze, membro del Comitato Scientifico di Sviluppo&Organizzazione e autore di Macchine per pensare (Guerini e Associati, 2016), lancia una provocazione metaforica: “Perché è caduto il Boeing?”, in riferimento all’incidente del 10 marzo 2019 del volo Ethiopian Airlines ET302.

In quell’occasione il computer di bordo preimpostato non ha permesso ai piloti di evitare lo schianto. Nella vita quotidiana la persona (metaforicamente il pilota) riceve una grande quantità di dati e viene travolta dalle informazioni. Ma conviene fidarsi maggiormente del software (la macchina) o del pilota (l’uomo)?

“La scelta che ci viene proposta, e quasi imposta, dall’avvento delle nuove tecnologie è quella di fidarci più dei device rispetto a noi stessi”, afferma Varanini. La Digital transformation è entrata da tempo nelle nostre vite attraverso i social network. “Ma al loro interno, se ci pensiamo bene, possiamo dire solo ciò che ci è permesso da chi li ha creati. Rischiamo quindi di essere trasformati da cittadini, manager e lavoratori a semplici utenti”.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di maggio-giugno 2019 di Sviluppo&Organizzazione.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

 

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Gabriele Perrone

Gabriele Perrone, giornalista professionista con oltre 10 anni di esperienza, è redattore della casa editrice ESTE. Nel corso della sua carriera ha lavorato per importanti gruppi editoriali, dove ha maturato competenze sia in ambito redazionale sia nelle pubbliche relazioni. Negli anni si è occupato di economia, politica internazionale, innovazione tecnologica, management e cultura d'impresa su riviste cartacee e giornali online. Ha presentato eventi e ha moderato tavole rotonde con protagonisti manager di aziende di fronte a professionisti di vari settori in location di alto livello. Tra le sue esperienze lavorative precedenti, ci sono quelle al quotidiano online Lettera43.it e in LC Publishing Group, oltre a numerose collaborazioni con testate italiane e straniere, da Pambianco all'Independent. Laureato in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha conseguito un postgraduate diploma alla London School of Journalism.

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