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Il lavoro nell’era Covid-19: cinque questioni da affrontare

Ascoltare l’assordante silenzio delle nostre strade e delle nostre piazze, il 1 maggio storicamente – almeno fino al 2019 – tradizionali e orgogliosi palcoscenici di rivendicazioni, commemorazioni e spesso di buoni propositi, fa assumere alla situazione nel suo complesso i contorni di una atmosfera dal sapore kafkiano.

Tutti gli attori del mondo del lavoro – sia chi per ruolo è chiamato a ridisegnare gli scenari regolatori e ad adeguarli alle esigenze contingenti, sia chi contribuisce attraverso l’impegno dietro una scrivania o in un reparto di produzione a costruire la storia di una vita – un domani faranno riaffiorare alla mente il 1 maggio 2020 come una data speciale.

Già, perché è il giorno in cui si ricorderà la propria attività lavorativa parlandone al passato, arenatasi purtroppo in via definitiva al cospetto di un mostro chiamato virus e di uno altrettanto letale chiamato burocrazia; il giorno in cui altri ricorderanno di aver contato anche i secondi che li separavano dal poter nuovamente varcare i cancelli della loro azienda; il giorno in cui altri ancora, ricorderanno di aver addirittura benedetto la tecnologia quale ponte ininterrotto tra l’era avanti Covid-19 e quella dopo Covid-19. Ogni riferimento allo Smart working o al remote working è puramente voluto.

E allora, per non far passare questo 1 maggio invano e trasferirlo negli archivi della nostra memoria solo come quello in cui si respirava la speranza di un rinascita, repressa da un disagio sociale ancora lungi dall’essere superato, ben venga il richiamo a cinque temi legati al lavoro, sui quali bisogna al più presto investire tempo e dovuta attenzione in quanto declinano insieme la sfida e l’opportunità per rilanciare le aziende.

Il mondo del lavoro è ovviamente molto di più, ma nella temperie attuale questi temi vanno intesi come spunti da cogliere per riflettere e (ri)costruire, trasformando sapientemente le novità funeste dell’emergenza in concrete prospettive di rilancio.

Prima questione: salario

Senza entrare nel merito della corretta individuazione di un importo limite (si parlava di 9 euro lordi) e delle ragioni che eventualmente lo andrebbero a definire, una sua individuazione per legge potrebbe pregiudicare sforzi e ruolo della contrattazione collettiva e condurre a rigidità del costo del lavoro ostative alle aziende che volessero prevedere politiche retributive flessibili e finalizzate a una maggiore produttività.

Seconda questione: sicurezza

La salvaguardia della salute del personale prima di tutto. Il protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro costituisce una pietra miliare in un’ottica di prevenzione condivisa tra azienda e organizzazioni sindacali. 

Anche attraverso forme di incentivazione o finanziamenti dedicati va potenziato il sistema sicurezza nella sua generale accezione, passando da un atteggiamento di mero rispetto di prescrizioni formali a una attitudine che consenta di guardare all’obiettivo piuttosto che solo alla norma.

Terza questione: Smart working

A prescindere dalla effettiva denominazione che si intenda attribuire a quello di matrice emergenziale, non v’è dubbio che per molte aziende la sua implementazione abbia rappresentato l’alternativa alla sospensione delle attività. In tal senso è stato sotto certi aspetti sorprendente aver constatato un livello di affidabilità medio-alto delle nostre infrastrutture di telecomunicazioni, che hanno retto abbastanza bene allo ‘stress test’ del Coronavirus.

Consolidarne l’utilizzo all’interno delle proprie organizzazioni in regime di normalità, elevandolo a way of working tipico, è la sfida successiva cui sono chiamate le imprese. Ciò presuppone una rivisitazione-rimodulazione anche di quanto attiene a elementi chiave di esso, quali, per esempio, i criteri di accesso, l’orario di lavoro (ne esisterà ancora uno?) e il diritto alla disconnessione.

Organizzazioni datoriali e sindacali dovranno dar lustro a tutta la loro capacità di mediazione e di ricerca di soluzioni anche innovative per provare a contemperare al meglio gli interessi delle aziende con quelli dei lavoratori, atteso che, se non adeguatamente disciplinato, lo Smart working potrebbe aprire un fronte di non semplice ed efficace risoluzione nella gestione degli equilibri professionali, personali e familiari, a discapito sia dell’impresa che del lavoratore stesso.

Quarta questione: digitalizzazione

Machine learning, Artificial Intelligence, Robotic automation, Data science e Internet of Things rappresentano strumenti operativi che dovranno sempre più permeare l’intera gestione aziendale, fino a sostituire completamente i processi analogici. Un atteggiamento di chiusura rispetto alla loro adozione, che il mercato inevitabilmente richiede sempre di più, rischia di essere pagato in termini di maggiori oneri economici, mancata semplificazione e perdita di competitività.

Quinta questione: competenze

Una stima del World Economic Forum sostiene che il 65% dei bambini che oggi frequenta le scuole elementari condurrà una attività di cui si ignora ancora il relativo contenuto. Ciò presuppone più che in passato la necessità di un raccordo più oculato tra aziende e università per garantire alle prime l’immediata impiegabilità sul campo di chi pochi giorni prima era ancora studente.

Qualche esempio virtuoso in Italia comincia a intravedersi, ma è indispensabile la creazione di specifici modelli congiunti tra mondo imprenditoriale e mondo accademico, che si focalizzino sulle effettive esigenze delle aziende, fino ad essere addirittura predittivi dei nuovi orientamenti in termini di contenuto professionale.

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