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Il livello di digitalizzazione nell’industria dello sport

Sono circa 20 milioni gli italiani che praticano sport (Istat, 2017), generando un fatturato per il settore di circa 8 miliardi di euro attraverso 911 operatori e 22.369 addetti (Assosport, 2019). Il 2019 si è chiuso con un trend di crescita positivo (per il 55% abbigliamento, per il 27% settore articoli sportivi e per il rimanente 18% calzature) spinto anche dall’entusiasmo per l’assegnazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2026 a Milano e Cortina.

L’esplosione della pandemia globale di Covid-19 ha segnato un’inevitabile inversione di rotta: ricavi bruciati e crescita della disoccupazione a tutti i livelli dovuta allo stop forzato di centri ed eventi sportivi. La capacità dei leader di immaginare e creare il futuro oggi, più che mai, è la chiave per la sopravvivenza. Il digitale offre molti spunti di riflessione e possibili risposte. Internet of Things (IoT), Intelligenza Artificiale (AI) e Realtà Aumentata sono parte di una rivoluzione digitale nel mondo dello sport che potrebbe segnare un vero punto di svolta nella ripresa economica post Covid.

L’Osservatorio nazionale Digitale e Sport, costituito da Assosport e dal Digital enterprise Lab dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha voluto fotografare l’attuale grado di maturità digitale delle aziende che operano nel mondo dello sport nell’anno della pandemia globale. La finalità è stata quella di comprendere come le tecnologie digitali stiano influenzando i modelli di business, le relazioni con i clienti (nazionali e internazionali), la Supply chain e i modelli organizzativi interni, evidenziando vincoli, opportunità, esigenze e traiettorie di investimento anche in questo periodo molto complesso.

Il covid ha pesato sui fatturati

L’indagine ha coinvolto, nel solo mese di ottobre 2020, 87 imprese sportive italiane, appartenenti all’ampia rete promossa e guidata da Assosport. La maggioranza dei rispondenti è costituita principalmente da manager di primo livello e appartenenti alla Direzione Generale oppure all’area Marketing e Commerciale delle imprese. Il campione è rappresentato quasi esclusivamente da PMI e da imprese del mercato B2B e B2B2C. Le imprese sportive commercializzano prevalentemente all’ingrosso (78%) e – dato interessante – il 58% ha aperto anche un canale di ecommerce che però rappresenta ancora una percentuale piccola del fatturato aziendale (il 69% delle imprese ricava dall’ecommerce meno del 5% di fatturato).

Il Covid ha generato delle perdite importanti di fatturato nel 2020: più della metà (53%) dichiara una perdita compresa tra il 10 e il 20%, il 30% delle imprese tra il 20 e il 50%; solo per il 17% delle imprese la crisi pandemica non ha avuto particolari impatti negativi. Per ciò che riguarda il primo semestre del 2021, il 45% si aspetta un ulteriore trend negativo, mentre per il 24% dei rispondenti il fatturato del 2021 rimarrà invariato. Solo il 31% delle imprese mostra un atteggiamento positivo, credendo nel miglioramento e nella crescita.

Sul fronte della digitalizzazione, le imprese nel 2020 mostrano finalmente i muscoli, se confrontiamo questi dati con la rilevazione del 2017. Quasi la metà delle imprese (48%) dichiara di aver già affrontato il processo di trasformazione digitale, a fronte dell’11% dell’indagine precedente. Resta ancora una piccola, ma non irrilevante, fetta di aziende che non ha ancora intrapreso questo percorso (18%) a causa della mancanza di fondi (50%) e competenze interne (42%). Gli investimenti in digitale sono contenuti, ma importanti: la maggioranza degli imprenditori dedica dal 2 al 5% di fatturato all’innovazione tecnologica.

Crescono gli investimenti nel digitale

La trasformazione digitale è sia market-pull sia market-push: il 33% delle imprese attiva progetti digitali per rispondere alle esigenze dei clienti e il 33% invece lo fa a seguito di input del management e della proprietà. Dando uno sguardo alle maggiori criticità incontrate, invece, troviamo un’importante difficoltà nelle aziende nel riprogettare i processi aziendali tradizionali (55%) e scarsità di investimenti interni (34%).

Chi ha già affrontato il processo di trasformazione lo ha fatto soprattutto nell’area Marketing (47%) e nella Ricerca e Sviluppo e Prototipazione (40%), mentre le priorità per il futuro sembrano essere la digitalizzazione dei prodotti (41%) e della logistica (45%), tema altrettanto importante in questo momento (Figura 1).

Figura 1. Il grado di attuazione del processo di trasformazione digitale per area

Le tecnologie protagoniste della trasformazione sono principalmente piattaforme digitali come ecommerce (decisiva, in questo caso, la pandemia) e altri strumenti di marketing digitale, stampa 3D, negozi 2.0. Per il futuro c’è, invece, grande interesse per le tecnologie più innovative quali l’applicazione della Blockchain, l’AI e l’IoT sia lato prodotto sia Supply chain (Figura 2).

Le principali tecnologie coinvolte nel processo di trasformazione digitale

Nonostante la revisione al ribasso degli obiettivi di inizio anno su tutti i fronti, che in pratica si è concretizzata in un contenimento dei costi e nella riduzione degli investimenti, le aziende hanno concentrato maggiormente l’attenzione sulla sperimentazione e implementazione di tecnologie smart nei prodotti, sugli impianti di produzione e lungo tutta la filiera. Le aziende sembrano decise a cavalcare l’onda della servitizzazione dei prodotti offrendo servizi informativi legati al benessere, al coaching, all’allenamento, ma soprattutto mostrano di voler integrare i canali fisici con quelli onlinee mobile, oltre all’intensificazione degli spazi di vendita digitali attraverso una forte fidelizzazione dei clienti.

Le aziende del campione hanno avviato questa trasformazione attraverso investimenti sulle risorse interne e ciò porterà a un’accelerazione sui processi di digitalizzazione che richiedono comunque un forte collegamento con risorse esterne. Infatti, a oggi, le connessioni con il mondo esterno, come per esempio università e centri di ricerca, hub di innovazione e acceleratori d’impresa, sembrano ancora poco mature.

Le aziende sportive preferiscono – in modo corretto a nostro avviso – creare prima una forte cultura e competenza interna per poi massimizzare i benefici di una collaborazione esterna soprattutto in termini di innovazione, sia di prodotto sia di processo. Attraverso le nuove tecnologie digitali alle aziende produttrici viene di fatto data la possibilità di adottare, progettare e fornire nuovi prodotti intelligenti e connessi cambiando in modo sostanziale la loro capacità di competizione e di fornitura di servizi.

La relazione diretta con il cliente fa la differenza

Il collegamento dei servizi al mondo dei Big data e prodotti intelligenti apre inoltre a immense opportunità di relazione con il cliente finale. L’accesso inedito delle imprese a informazioni circa gusti, fabbisogni e modalità di utilizzo dei prodotti offre una conoscenza tale del consumatore da arricchire esponenzialmente l’offerta di prodotti personalizzati, con maggiori possibilità di segmentazione e conseguente impostazione del prezzo sul valore erogato. In questo modo entra in gioco una componente relazionale diretta con il cliente senza precedenti (rapporto non più intermediato grazie a internet) e che rappresenta il vero punto di svolta in termini di competitività, ove l’azienda riesca effettivamente a coglierla.

Infatti, alla domanda “quali saranno gli impatti del Covid sul modello di business?”, il 51% delle aziende ha risposto che alcuni aspetti fondamentali dell’attuale business saranno digitalizzati, mentre il 20% è convinto che nasceranno nuovi modelli e il 14% che questi saranno digitali (Figura 3). Questo trend, già presente prima della pandemia, aumenta oggi sicuramente il suo livello di importanza. La digitalizzazione segnerà una nuova capacità per l’industria sportiva di affrontare le sfide e di prendere con decisione la strada verso il futuro proponendo, innovando e trasformando non solo il modo di produrre, ma anche il modo di vivere e fare sport.

Gli impatti del Covid sul modello di business secondo il campione di imprese intervistate

L’interesse verso nuovi modelli dove il design, la produzione, la gestione dell’intero ciclo di vita di un prodotto risultano notevolmente potenziati, ci ha spinti ad analizzare più in dettaglio le dinamiche nella Supply chain. Il prodotto, infatti, subisce un forte processo di reingegnerizzazione (quindi di innovazione) tramite l’utilizzo di sensori intelligenti, materiali avanzati, dispositivi di raccolta e analisi dei dati.

A oggi, risulta dalla nostra ricerca che solo il 29% delle aziende usa piattaforme digitali per coordinare il lavoro nella Supply chain e per scambiare informazioni. Questi strumenti risultano particolarmente efficaci per la gestione delle scorte di magazzino (60%), per elaborare gli ordini (63%) e la fatturazione e per lo scambio di informazioni sulla consegna (54%). Ma sono ancora poco utilizzati per organizzare il lavoro con l’obiettivo di ideare o personalizzare i prodotti, (oppure) per capire le tendenze di vendita e le preferenze dei clienti. I fornitori sembrano poco propensi all’adozione di queste nuove tecnologie e a investire in questo percorso di cambiamento.

In conclusione, lo spostamento dei confini industriali grazie alla servitizzazione si trova in un momento estremamente delicato quanto dirompente, anche in termini di competitività. Il modello Product as a service rende l’ambiente di difficile lettura. L’unica certezza è che, da queste forze, il settore dello sport cambierà in modo ancora imprevedibile. Velocità, strategia agile e capacità di innovare e innovarsi sono gli strumenti su cui le aziende avranno bisogno di strutturarsi per competere e superare questa fase.

* L’articolo è stato scritto da Giovanni Vaia e da Elisa Gritti, Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia.

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