
Il pragmatismo del Made in Europe salverà il Made in Italy?
In mezzo alla guerra dei dazi, l’Italia riuscirà a rimanere la seconda manifattura in Europa e a salvare la nostra economica e il nostro welfare? All’Hannover Messe è presentato al mondo il Made in Europe. Anche la casa editrice ESTE – attraverso il suo osservatorio FabbricaFuturo – si è posta la domanda: lo spirito del capitalismo e del management italiano sapranno affrontare il futuro cogliendo nuove opportunità e costruire un nuovo ‘rinascimento’ industriale?
Per cercare delle possibili risposte, è necessario osservare almeno tre questioni: il calo della produzione industriale; la mancanza di una politica industriale; il dinamismo industriale europeo che ci fa interrogare sulla capacità dell’Italia di restare la seconda manifattura del Vecchio Continente. Iniziamo dall’analisi del 25esimo mese consecutivo di calo produttivo dell’industria: si è registrato un forte ritardo nella comprensione delle cause strutturali del fenomeno, già evidenziate da tempo nei rapporti di Enrico Letta e di Mario Draghi, di cui una parte (ma solo una parte), erano (e sono tuttora) causate dalla situazione industriale tedesca.
Alla ricerca di una politica industriale
Poi c’è la mancanza di una politica industriale. Era stata annunciata con grande enfasi nel 2024 con la pubblicazione del ‘libro verde’ del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che avrebbe poi dovuto essere trasformato, dopo una consultazione pubblica e gli Stati Generali, in un ‘libro bianco’ definitivo, previsto per febbraio 2025. Gli ‘addetti alla compilazione’ attribuiscono il ritardo alle difficoltà di individuare e ricostruire le loro filiere complesse per i vari settori industriali. È un argomento che non sarebbe nemmeno complesso derimere, ma se si ‘maneggiano’ questi argomenti ancora con gli inadeguati e superati codici Ateco, resta più difficile descrive e rappresentare i settori industriali nella loro giusta completezza, lasciandosi sfuggire non poche informazioni importanti.
L’armamentario dei codici Ateco incide, infatti, su quei settori del machinery industriale, che determinano la parte predominante dei beni denominati ‘Made in Italy’, creando non poca confusione. Questi ultimi, soprattutto tra i costruttori di macchine (la punta di diamante della meccatronica e robotica), se promossi nel modo appropriato anche nei mercati del Business to Government (B2G), aprirebbero nuovi e interessanti orizzonti di esportazione in quei Paesi a grande crescita demografica e con grande bisogno di industrializzazione immediata per soddisfare i loro consumi. Tutto questo, inoltre, permetterebbe ai produttori di ‘sfuggire’ alle politiche limitative dei dazi americani… Il riferimento è all’export verso i tanti Stati africani, delle cui potenzialità come nuovi mercati da affrontare con una innovativa politica di cooperazione internazionale allo sviluppo, ho già scritto tante altre volte. Ma anche su questi aspetti, c’è poca conoscenza e concretezza strategica e operativa.
Il dinamismo dell’industria europea
La terza questione da un lato ci fa vedere un mondo molto dinamico – che si sa muovere secondo i tempi e le prospettive delle trasformazioni aziendali che stanno avvenendo (sia pur nel mezzo del rallentamento dell’economia industriale tedesca) – e dall’altro ci induce a riverificare se in quel nuovo dinamismo industriale ci sono ancora le condizioni per il nostro Paese per rimanere la seconda manifattura in Europa. Il riferimento è alle opportunità offerte dall’Hannover Messe – citata spesso come Fiera di Hannover – la cui edizione 2025 si è conclusa da poco e che si è confermata come il luogo nel quale il mondo ‘analogico’ delle macchine si integra con l’intelligenza digitale e dove si può vedere come la digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale rendano possibile il progresso industriale.
È un osservatorio privilegiato di ciò che succede nel mondo industriale e del manufacturing avanzato e quindi utile per scoprire come sta evolvendo la ‘fabbrica del futuro’. Qui convergono ogni anno circa 4mila aziende espositrici da tutto il mondo, e sono presentati più di 10mila prodotti e soluzioni all’avanguardia nei loro rispettivi settori: numeroso è anche il pubblico, con 130mila visitatori da 150 Paesi. Interessante che nell’ultima edizione sono state presenti più di 300 startup, oltre 2mila trade show premier e più di 1.000 progetti di ricerca e sviluppo, 150 istituti di ricerca, 300 delegazioni politiche ed economiche, 1.600 opinion leader e 1.500 giornalisti. Interessante che oltre il 40% dei visitatori proveniva dall’estero: i Paesi con il maggior numero di presenze, dopo la Germania, sono stati: Cina, Paesi Bassi, Canada, Polonia, Corea del Sud e Giappone. La presenza asiatica è un forte segnale di quanto siano avanzate le loro competenze; e ciò è stato confermato anche alle ultime Olimpiadi delle professioni tecniche del 2024.
Le aziende espositrici hanno dimostrato che, dal punto di vista tecnologico, hanno tutte le carte in regola per proporre una produzione competitiva, sostenibile e innovativa in Germania e in Europa. La fiera ha fornito orientamento e impulso al settore manifatturiero in tempi davvero difficili: gli espositori hanno segnalato ancora una crescente fiducia che poggia su basi sicuramente più solide dello scarso ottimismo delle nostre imprese, che trovano la loro primaria preoccupazione nelle competizioni che si giocheranno con nuovi Paesi per la ricomposizione delle nuove Supply chain. È rispetto a questo aspetto che si giocherà il mantenimento del secondo posto in Europa della nostra manifattura.
Un nuovo accordo tra politica e industria
L’iniziativa tedesca è stata anche l’occasione per chiari segnali politici. L’industria ha bisogno dello Stato e quindi di segnali positivi da Berlino e da Bruxelles come aveva scritto Draghi, eliminando sistematicamente la burocrazia, definendo una politica industriale europea forte e coordinata con nuovi accordi di libero scambio, e creando condizioni operative affidabili per investimenti, innovazione e approvvigionamento energetico. “Solo se politica e industria agiranno insieme, l’Europa potrà garantire e ampliare sistematicamente la propria competitività”, hanno affermato gli organizzatori.
Le aziende espositrici e le associazioni partner hanno ottenuto dall’evento un bilancio positivo. Ciò dimostra che l’industria tedesca, la locomotiva d’Europa, nonostante il suo rallentamento, può continuare a offrire a tutti gli attori manifatturieri un orientamento globale, in tempi di cambiamento tecnologico e di grandi trasformazioni. Le aziende tedesche sono indiscutibilmente leader nell’Industria 4.0 e sono convinte di poter consolidare ulteriormente questa ottima posizione di partenza. L’AI industriale è il nuovo settore in crescita che continuerà a guidare l’automazione e la digitalizzazione dell’industria.
Anche la più grande associazione meccanica al mondo (Vdma) ha dichiarato che l’edizione 2025 dell’iniziativa ha dimostrato, in particolare, quanto siano importanti le buone partnership e i mercati aperti per un settore trainato dall’export e dall’innovazione, come quello della costruzione di macchine e impianti. L’AI è stato l’argomento principale, con la previsione, secondo accurati studi, di aumentare il margine di profitto nell’ingegneria meccanica e impiantistica fino al 10,7%. Dopo l’AI, grande interesse – come nel 2024 – è stato generato dall’idrogeno, nell’ottica di un approvvigionamento energetico sostenibile, (erano più di 500 le aziende espositrici).
Apprendere la lezione tedesca sulla formazione
Una questione rilevante emersa dall’evento in Germania riguarda il ripensamento radicale delle professioni e quindi del lavoro, legato proprio ai progressi tecnologici. In particolare, lo stimolo è indirizzato all’innesco di nuove riforme della technical education, soprattutto con un differente taglio paradigmatico per le prospettive che si dovranno cercare nei nuovi e più stabili mercati dell’export, attraverso la Technology Academy, partner della politica industriale tedesca e dell’internazionalizzazione.
Per la sfida che attende l’Italia, certamente bisognosa di una istruzione tecnica di eccellenza sovranazionale che vada ben oltre le riforme attuali, potrebbe essere una buona idea insediare, almeno nella Technology Academy di Hannover Messe, un osservatorio permanente sulla fiera. Si coglierebbero così, in tempo reale, le tendenze, le trasformazioni, le innovazioni tecnologiche e organizzative, i mutamenti delle professioni e della loro employability. Tutto potrebbe essere finalizzato ad avere utili elementi necessari per costruire una politica scolastica trasversale, centrata sullo stretto legame tra l’economia, il mercato del lavoro, la cultura Stem e una nuova e eccellente istruzione tecnica.
Il nostro Paese deve andare ben oltre gli eventi celebrativi del Made in Italy e delle riforme scolastiche di un inutile liceo del Made in Italy, imparando che la Germania non ha riformato le sue istituzioni scolastiche con una nuova istruzione del Made in Germany, ma ancora una volta, sia pur in condizioni di rallentamento della sua economia, ha mostrato al mondo l’annuale e innovativa concretezza del Made in Europa. Anche il ‘learning by each other’, per chi si occupa di riforme scolastiche, è una buona occasione per apprendere. Ne abbiamo bisogno.

Perito elettronico e laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, è Maestro del Lavoro. Le prime esperienze lavorative sono nel campo dei sistemi di controllo. Nello stesso periodo, per nove anni, è anche docente di elettronica industriale presso un importante istituto tecnico serale. Contemporaneamente inizia la sua attività presso una società di un gruppo tedesco, leader mondiale nella componentistica per l’automazione industriale nonché partner del governo della Germania per la costruzione del modello duale della formazione professionale. Successivamente diventa Direttore Generale e Amministratore Delegato di una nuova società del gruppo che si occupa di consulenza strategica e operativa nelle aziende industriali a cui appartiene una scuola di Industrial Management e una divisione per i sistemi di apprendimento. È stato pioniere delle prime iniziative di formazione applicata superiore nazionali e transnazionali. Ha intrattenuto rapporti con molti istituti tecnici e istituzioni pubbliche ed è stato promotore e attore di iniziative riguardanti l’evoluzione delle professioni tecniche. Ha terminato la sua attività professionale nella posizione di Vice President del gruppo internazionale, per il settore della Global Education, occupandosi dell’interconnessione tra economia e mercato del lavoro per la progettazione e realizzazione di sistemi TVET per governi di Paesi in via di sviluppo.
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